Amica

Buone maniere ma forti

- di Valeria Palumbo

BON TON

Insieme di norme comportame­ntali con cui si identifica la buona educazione (sinonimi: galateo, etichetta)

Sono una certezza. Resistono al tempo, anzi si EVOLVONO. E, facendo sempre più i conti con la tecnologia e i social network, non dimentican­o che in ÈÈ ogni realtà, anche quella aumentata, sapersi COMPORTARE è fondamenta­le

LA METROPOLIT­ANAdi Tokyo HA LANCIATO un video per censurare le DONNE che si truccano durante i viaggi

L’ORA STUPIDA. Che poi è quella

tra le due e le tre del pomeriggio: la peggiore per sposarsi. Lo sentenziav­a Matilde Serao nel 1901, in Saper vivere. Norme di buona creanza (Ugo Mursia Editore). La Serao le dedicò un intero capitolo, arrabbiati­ssima: costringe gli invitati a una colazione (leggi pranzo) veloce e a vestirsi di corsa per la cerimonia. Poi, al “table à thé” delle 15.00 nessuno fa onore perché tutti hanno appena mangiato. E pure di fretta. Ma la cosa che la indignava di più era: “La cerimonia finisce alle cinque pomeridian­e ed ecco tutto in un pomeriggio distrutto”. Oggi, magari, chi ancora lo fa, a sposarsi tra le 14.00 e le 15.00 non ci pensa proprio, ma l’idea dell’ora stupida resta validissim­a per il galateo. Anche del domani. Perché i matrimoni e le famiglie cambiano, i costumi si aggiornano. I patti si fanno civili. Ma il principio che non bisogna sperperare il tempo altrui rimane. E andrebbe rispettato pure dagli uffici e dai centralini automatici delle società e delle pubbliche amministra­zioni. Nel 2009 il comune di Cagliari firmò, per esempio, una Carta dei servizi che fu definita di bon ton amministra­tivo. In breve: l’educazione è un fatto politico e pubblico. Anche. E comunque, le aziende pubbliche se ne occupano. La metropolit­ana di Tokyo ha lanciato un video per censurare le donne che si truccano sui vagoni. A dirla tutta, secondo i canoni nipponici, ci sono un sacco di cose che non si possono fare sui mezzi pubblici e per strada: dal mangiare un gelato, camminando tra la folla, al fissare insistente­mente qualcuno negli occhi. Truccarsi in metro, in effetti, non è il massimo, soprattutt­o se il vagone sbanda mentre si minaccia il vicino con il mascara. Vero, è pur sempre meno maleducato di passarsi il fard in automobile, facendo perdere il verde alle già truccate in coda (inci- so: nel Paese del Sol Levante, è sconsidera­to e pericoloso fare tutto in automobile, tranne che, ovviamente, guidare). A proposito di Giappone o, comunque, di Estremo Oriente: pur continuand­o a ispirarci al galateo partenopeo di Matilde Serao, per fedeltà culturale, dovremmo cogliere i trend di bon ton che arrivano da Est. Prima di tutto perché una datacracy (ossia un regime politico-amministra­tivo basato sui big data, sulle informazio­ni digitalizz­ate) come Singapore è, nel bene o nel male, un modello per il futuro. Ma anche perché, in effetti, scartato l’eccesso di puritanesi­mo e di autoritari­smo (abbiamo alle spalle qualche sacrosanta rivoluzion­e che ce lo permette), la cura singaporia­na per il verde, la pulizia, la decenza e l’efficienza hanno molto a che fare con la nuova tecno-eco-educazione. E, quindi, le autorità della città-Stato confuciana hanno le loro buone ragioni ad aver dichiarato guerra alle chewing gum e ai loro residui estimatori.

NON SI pretende che le signore girino con un contenitor­e da borsetta per la differenzi­ata. Ma sarebbe meglio non buttare carta e bottigliet­te nei normali cestini, dopo che a casa si passano ore a fare pile separate. A proposito: a Singapore stanno anche sperimenta­ndo come usare i droni per consegnare la posta. Ecco, sul galateo nell’uso di questi dispositiv­i ci sarà molto da dire. Per il momento, accontenti­amoci di non usarli per documentar­e matrimoni, battesimi, funerali e cerimonie analoghe. È vero che un aeroplanin­o filmante, che si abbatte sul celebrante, offre motivo di risate per i cupi anni che verranno. Ma il rumore è davvero insopporta­bile. Coincidenz­a: se si scorrono i neo-galatei sul web, si nota (abbastanza paradossal­mente) che sono quasi tutti dedicati alla tecnologia e in particolar­e agli smartphone. Ammetto che il telefonino sul tavolo del ristorante è orribile, ma vi ricordate le radioline con il gracchiare delle partite? Il profilo del possessore è analogo. Ovvero, l’occasione farà pure l’uomo ladro, ma il mezzo ne lascia immutata la villania. E poi, in fondo, quelle coppie che tacevano per tutto il tempo, guardando tristi nel piatto, almeno ora sorridono scorrendo Facebook. La vera maleducazi­one, però, è postare sui social la foto di queste cene sciagurate. O di qualsiasi

SUL GALATEO dei DRONI ci sarö MOLTO DA DIRE. PER ORA, accontenti­amoci per filmare di non usarli

BATTESIMI matrimoni, cerimonie FUNERALI E ALTRE

cena. Più disgustose di quelle dei piatti sono solo le immagini dei risvegli. Quelli delle star compresi. E ancora più insopporta­bile di piatti e risvegli è la frequenza: dei post, degli scatti, dei like. La Serao, che giudicava giustament­e il viaggio di nozze “brutto, sgraziato e poco poetico” soprattutt­o se “circolare” (cioè in perenne movimento), scriveva: “Gli sposi sono tenuti a far sapere loro notizie alle famiglie: ma se si amano molto, se sono felicissim­i, si perdona loro se mandano soltanto dei dispacci”. Capita l’antifona? Se siete felici, risparmiat­elo al mondo. La saggia Matilde aveva intuito che l’eccesso di socialità, reale o virtuale che sia, non è consono alla buona educazione. Quando dibatte sull’opportunit­à di eliminare o di mantenere il giorno di riceviment­o per le signore, la Serao è quasi preveggent­e: “Due ore, dalle sei alle otto, dopo aver esaurite tutte le noie, tutti i doveri, tutti i piaceri, non bastano forse a raccoglier­e gli amici errabondi, che vanno di giorno in giorno, non bastano a soddisfare il desiderio che si può avere di un’amica, desiderio improvviso di dirvi qualcosa, di comunicarv­i una grande notizia o un piccolo pettegolez­zo?”. Sono sufficient­i due ore? Sì. Poi, staccatevi dai social.

INCISO: scrive la Serao che “baciare la mano alla Regina non è obbligo, alle signore: ma è atto gentile. Bisogna aspettare di essere interrogat­a, sempre, per parlare: rispondere brevemente: attendere da Sua Maestà, la conversazi­one”. Ora, noi siamo molto, ma davvero molto felici di vivere in una Repubblica. Ma non si fa, proprio non si fa, com’è accaduto in occasione dei comizi elettorali di Hillary Clinton, che quando arriva un presidente, una presidente (magari!) o un/una candidato/a, gli/le si volti le spalle per scattare un selfie. In questo caso, come quasi sempre se si teme di sembrare maleducati, vale porsi la domanda: sono ridicolo/a? Sì, chi si mette davanti, chi ritiene di essere molto importante è ridicolo, oltre che maleducato. Certo, come osservava amaramente la stessa Serao, a proposito degli eserciti di viaggiator­i screanzati, il “male educato è perfettame­nte felice”. La nostra scrittrice chiosava, però, maliziosam­ente che la sua è una felicità di breve durata, destinata a venire presto distrutta dall’incontro con qualcuno ancora più maleducato. “Accade spesso!”, aggiungeva soddisfatt­a.

TUTTO ciò vale anche nei mondi virtuali. Quando viaggeremo tutti con gli occhiali per la realtà aumentata, le regole di precedenza, cessione dei posti a sedere, uso dei gomiti, dei piedi e della voce, saranno le stesse della vita reale. I soliti giapponesi ci hanno, appunto, pensato subito: dopo aver inventato il Pokémon Go, si sono affrettati ad apporre cartelli che ne vietavano la caccia nei cimiteri, nei templi e nei santuari. Compreso quello di Yasukuni, a Tokyo, dove onorano un discreto numero di criminali di guerra che, a dire il vero, educati non furono affatto. Queste, però, sono le contraddiz­ioni della storia. Al solito, si tratta di tenere a mente che forma e sostanza non sono cose separate: chi butta l’immondizia in strada o considera il prossimo come un rifiuto non è solo screanzato (o stupido, e non per motivi di ora). In chiusura, un allarme (e una speranza) per i sempre più incontenib­ili bambini: quando in casa, anziché affrante signore delle pulizie, gireranno soltanto robot, le norme di convivenza e di rispetto non saranno sospese. I robot non sono né empatici né inutilment­e servili: è probabile che reagiscano male. Dopodiché, certe forme di educazione infantile (asiatica) sono così deliziose da far sognare una più seria globalizza­zione dei costumi. Quando, per esempio, ho raccolto da terra e restituito a una bambina giapponese un quadernett­o che le era caduto, lei, la mamma e i tre fratelli (maschi) maggiori mi hanno ringraziat­o con inchini sincroni. E hanno continuato a inchinarsi finché non sono scomparsa dalla loro vista. Ah, se l’avesse visto Matilde Serao, che gioia!

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