CLASSIC VOICE CD
Clara Schumann, Joachim e Brahms decisero di occultare il Concerto per violino di Robert. Non avevano capito la straordinaria novità delle sue ultime opere
Grazie agli studi più recenti nuova luce si è fatta nel ripercorrere il percorso musicale di Robert Schumann, mettendo allo scoperto i pregiudizi o le incomprensioni che hanno oscurato l’ultima fase creativa, quella che, per molti, già si preannuncia negli anni 1845 e 1849 in cui il compositore, col “ritorno a Bach” e l’approfondimento contrappuntistico, “sviluppa” - come dice lo stesso musicista - “un nuovo modo di comporre”, meno legato all’improvvisazione fantastica al pianoforte: constatazione che lo spingerà verso generi musicali più ambiziosi, quelli che gli avevano fatto dire “i Maestri della scuola tedesca si distinguono dagli italiani e dai francesi appunto per il fatto di essersi sperimentati in tutte le forme e in tutti i generi”. Intento che arricchirà quell’ultima fase creativa che già all’epoca non ottenne ampi riconoscimenti mentre il preconcetto di una svolta spingerà gli stessi ambienti a lui vicini a parlare di una posizione di retroguardia, staccata dal clima estetico di quegli anni, inizio di una fase musicale impoverita. Giudizio destinato ad aggravarsi ulteriormente in considera-
zione della malattia del compositore, ritenuta troppo sbrigativamente responsabile dell’appannamento delle sue forze creative.
Gli ultimi due anni di vita che Schumann trascorre nella clinica psichiatrica di Endenich , in totale distacco dall’ambiente familiare e musicale, hanno costituito per molti studiosi, musicologi, scrittori e psichiatri una vera e propria sfida interpretativa. Si è cercato di individuare le ragioni più intime che hanno portato al progressivo silenzio del compositore, risalendo agli anni precedenti quella drammatica conclusione e addentrandosi nei suoi affetti e nella malattia, secondo alcuni preannunciata da diversi segnali; dopo la sua morte, nello stesso ambito familiare, si sono volute riscontrare nei confronti delle opere tarde i segni di una depressione che oscurerà la sua voce e anche la ricerca, mossa quasi da ritegno e pietà, a lungo ha preferito considerare precocemente concluso un arco creativo toccato dal sospetto di un rapporto tra malattia e creatività. Ecco perché molte opere ultime erano state considerate perdute mentre altre, come le Romanze per violoncello e pianoforte, per espressa volontà della moglie Clara erano state distrutte oppure occultate per anni. Caso esemplare il Concerto per violino, riemerso avventurosamente solo nel 1937 ed eseguito nel 1939 contro la volontà degli eredi. Ripercorriamo a ritroso il cammino, a dir poco sorprendente.
Schumann il primo ottobre del 1853 annota nel suo Diario “finito concerto per violino” e il 3 ottobre “completamente orchestrato”. Si tratta dell’ultima composizione per orchestra del musicista, concepita per rispondere allo stile esecutivo straordinario di Joseph Joachim al quale aveva già dedicato la Fantasia op. 131, che può considerarsi uno studio preparatorio per il Concerto. Il 13 ottobre Schumann inviò il Concerto a Joachim con alcune indicazioni: “Qui c’è ancora qualcosa di nuovo, ciò che a lei forse dà l’immagine di una sicura serietà dietro cui spesso si intravede una disposizione d’animo serena. Spesso, mentre scrivevo lei era presente alla mia fantasia. Mi dica tutto, se non le è troppo pesante, poiché io le ho messo davanti da gustare piatti o almeno bocconi impossibili. Cancelli tutto ciò che a lei sa di ineseguibile”, aggiungendo che il Concerto “mi sembra più facile della Fantasia, anche se l’orchestra è più in attività. Sarò felice quando potremo ascoltarlo qui in occasione del primo concerto”.
Il primo concerto doveva essere il 27 ottobre, un tempo troppo stretto per Joachim al quale peraltro era stato chiesto di ripetere il Concerto per violino di Beethoven. Suonò invece la Fantasia e iniziò lo studio del Concerto proponendo a Schumann alcuni miglioramenti nella configurazione tecnica, accolti dal compositore. Nel gennaio del 1854 Schumann e Clara si recarono a Hannover dove Joachim lavorava come Kapellmeister e il Concerto venne provato due volte, il 25 gennaio col pianoforte, il 30 con l’orchestra, prova quest’ultima non molto soddisfacente se Schumann nel suo Diario annotò che il violinista era “un po’stanco”.
Nel frattempo Schumann verrà ricoverato a Endenich nella clinica di malattie mentali. Il 17 novembre 1854 Joachim gli scrive: “Potrei suonare il Concerto davanti a lei; ora l’ho dentro meglio di Hannover, dove dovetti suonare nella prova in modo così scarso perché avevo stancato molto il braccio per dirigere. Ora il battere in tre quarti, nel terzo movimento, è molto più prestante”.
Dopo la morte di Schumann, nel 1856, i dubbi di Joachim sulla validità del Concerto si fanno più espliciti. In una lettera a Clara del 15 ottobre 1857 scrive: “L’ultimo movimento è eccessivamente difficile per il violino ma io ho suonato passabilmente. Nel primo e nel secondo movimento ci sono punti meravigliosi”. Propone a Clara di ascoltare il Concerto in una prova a Lipsia, al Gewandhaus, prova che risulterà poco soddisfacente. La stessa Clara riteneva che vi fossero alcune pecche nell’ultimo movimento, probabilmente disorientata dal carattere sereno e brillante che contrastava con quello dei due movimenti precedenti, così da suggerire a Joachim di scrivere lui un nuovo finale. Avrà potuto anche giocare la considerazione della critica, soprattutto quella influenzata dai “Nuovi tedeschi” e dal parere di Liszt il quale aveva espresso giudizi poco lusinghieri circa le ultime composizioni sinfoniche di Schu-
mann, ritenuto più a suo agio nei brevi pezzi strumentali e nel Lied. Tutto ciò, insieme al timore che il tono particolare della composizione venisse rapportata alla malattia, porterà alla decisione di Clara , di Joachim e di Brahms di non pubblicare il Concerto nel quadro dell’edizione dell’Opera omnia del marito. C’è una testimonianza della figlia Eugenia: “Non dimenticherò mai il momento in cui… la mamma venne da noi e ci disse, emozionata, ‘ho stabilito con Joachim e Johannes di non pubblicare il Concerto per violino, né ora né mai. Siamo perfettamente d’accordo’”.
Così il silenzio calò sull’opera fino al 5 agosto del 1898 quando Joachim, rispondendo ad una lettera del suo biografo Andreas Moser che gli chiedeva notizie del Concerto, ritenuto “perduto’, rivelerà le motivazioni più reali del proprio dissenso: “Un nuovo concerto per violino di Schumann, con quale giubilo sarebbe stato salutato da tutti i colleghi! Ma le preoccupazioni per la fama dell’amato compositore spingono a non parlare di una pubblicazione dell’opera. Si deve anche dire, purtroppo, che si sente un autentico sfinimento. Alcuni punti, e come potrebbe essere diversamente, parlano del profondo sentimento della creazione ma il contrasto con l’opera nel suo complesso è più triste”. In particolare Joachim criticava il passaggio all’ultimo movimento, dallo sviluppo monotono e senza particolari interessanti. Evidentemente ancora pressante era il riferimento alle composizioni giovanili e non ancora sedimentata la comprensione di quel “nuovo modo di comporre” cui si riferiva Schumann per le creazioni successive al 1845. Queste considerazioni agirono molti anni dopo quando il figlio di Joachim, Johannes, nel 1907 vendette il lascito paterno alla Biblioteca Reale di Berlino chiedendo che il Concerto non dovesse essere pubblicato se non dopo cento anni dalla morte del compositore, vale a dire nel 1956.
La “riscoperta” avviene misteriosamente, in un clima un po’ fantasmagorico, attraverso una sequenza di sedute spiritiche, partecipi le due pronipoti di Johannes, le violiniste Jelly d’Arany e Adila Fachiri, entrambe “sensitive”, che asserirono di aver ricevuto un messaggio, attraverso il prozio, dallo spirito di Schumann il quale avrebbe chiesto di rintracciare il Concerto e di farlo eseguire. “Ricorda cosa ti ho detto! Prendi contatti con Tovey”, concludeva lo spirito di Schumann!
Sarà infatti il noto studioso inglese ad individuare la Biblioteca di Berlino come il luogo in cui era conservato il Concerto, di cui la D’Arany dopo quattro anni di ripetuti tentativi riuscì ad avere una copia della partitura. Ritrovato il manoscritto, nel 1936 venne consentita la pubblicazione
dell’opera. Sarà l’editore Schott a indurre Johannes Joachim a togliere il divieto dei cento anni. Se ne occuperà G. Schünemann, dal 1935 direttore della sezione musicale della Biblioteca di Stato, il quale realizzò un’edizione - confrontandola con la riduzione pianistica dello stesso Schumann, il che non escluse molti errori di lettura - con la collaborazione di Hindemith (anonimamente, in quanto il compositore era caduto in disgrazia presso i potentati nazisti). L’apparizione inattesa del Concerto va infatti inquadrata nel contesto storico-politico di quegli anni: il governo nazionalsocialista esigeva, infatti, il copyright cui si opponeva invece Eugenia Schumann, la quale addirittura intentò una causa. La scoperta venne esaltata con clamore propagandistico (addirittura un discorso di Goebbels) in quanto l’opera diventava un vero e proprio emblema di quella cultura nazionale che aveva bandito Mendelssohn: ora il Concerto di Schumann poteva quindi colmare il vuoto creato dall’esclusione del famoso Concerto in mi minore di Mendelssohn. Nel frattempo Jehudi Menhuin, cui l’editore aveva inviato un esemplare dell’opera, si mostrò entusiasta; in una lettera del 22 luglio 1937 al direttore Vladimir Golschmann scriveva: “Questo Concerto è storicamente l’anello mancante nella letteratura violinistica; è il ponte tra quello di Beethoven e quello di Brahms, anche se propende più verso Brahms. Davvero in entrambi si trova lo stesso calore umano, una dolcezza carezzevole, ritmi scolpiti, lo stesso amabile trattamento ad arabesco del violino, gli stessi temi e le stesse armonie ricchi e nobili”.
Si può quindi capire come l’esecuzione americana di Menhuin, avvenuta dieci giorni dopo la prima berlinese, alla Carnegie Hall di New York (basata sull’originale non rielaborato), fosse stata tenuta nascosta dai nazisti: come pensare che la prima esecuzione di un’opera ritrovata di un grande musicista tedesco avvenisse all’estero, per di più con un violinista ebreo! Così la prima esecuzione ufficiale del Concerto avverrà il 26 novembre 1937 all’Opernhaus di Berlino, di fronte a tutte le autorità naziste, solista Georg Kulenkampff, direttore Karl Böhm alla guida dei Berliner Philharmoniker. Il primo disco ufficiale sarà realizzato dall’esecuzione del 20 dicembre, con la direzione di Hans Schmidt-Isserstedt.