GERVASONI LIMBUS- LIMBO
“Finché una voce fuori campo legge il documento (del 20 aprile 2007) attraverso il quale la Chiesa abolisce il Limbo: si chiude, tutti all’Inferno”
Messa in scena nel 2012 a Strasburgo, Limbus-limbo, “apéro bouffe” di Stefano Gervasoni, ha ripreso vita in Ukraina, all’Opera di Kiev. La vicenda è ambientata nel Limbo, dove Carl (personaggio ispirato al naturalista svedese Carl von Linné) e Bruno (ispirato alla figura di Giordano Bruno) si dedicano alle loro solite occupazioni. Piomba all’improvviso Tina (There Is No Alternative), miliardaria bionda e sexy, che ha corrotto una guardia per non andare all’Inferno, e che getta scompiglio in quel tranquillo microcosmo, flirta con Bruno, intavola lunghe discussioni con Carl. Finché una voce fuori campo legge il documento (del 20 aprile 2007) attraverso il quale la Chiesa abolisce il Limbo: si chiude, tutti all’Inferno. Su un libretto costruito come un coacervo di testi in lingue diverse, con citazioni (anche da Dante), elisioni, ripetizioni, il compositore ha costruito una partitura raffinata e vir- tuosistica, ricca di humour, di riferimenti simbolici. Sfruttando anche tre strumenti solisti, affidati a tre giovani virtuosi (il cimbalom alla bielorussa Aleksandra Dzenisenia, il corno all’ucraino Ievgen Churikov, una vasta gamma di flauti dolci e Paetzold alla polacca Katarzyna Czubek), ha creato un fine intarsio musicale, fatto di citazioni e distorsioni, episodi contrappuntistici, interpolazioni di parti registrate, voci da lontano che creavano effetti d’eco, una finta canzone in stile Andrew Lloyd Webber, un rondeau di Offenbach sottoposto a continui slittamenti tonali, una danza sfrenata, ispirata al Limbo (inteso come danza acrobatica, originaria di Trinidad). Ha giocato anche con il morphing musicale, trasformando progressivamente la Danza delle furie dall’Orfeo di Gluck in un pezzo puntillista, e l’aria del Genio del Freddo dal King Arthur di Purcell in una trama feldmaniana. Ha anche accettato la sfida del canto, sfuggendo i noiosi declamati, a favore di una scrittura vocale fatta di frammenti, di pattern melodici
ripetuti, moltiplicati, sovrapposti in strutture ritmicamente complesse, stratificati in pezzi d’insieme in stile madrigalistico, nei quali si mescolavano anche parlato e cantato. Bravissimi, sia vocalmente che in scena, i tre cantanti: il baritono Viktor Rud (Carl) il controtenore Guillaume Figiel Delpech (Bruno), il soprano Anna Piroli (Tina). E straordinario il lavoro dell’ensemble Ukho diretto da Luigi Gaggero, che ha offerto una esecuzione asciutta, nitida e insieme febbrile, che restituiva benissimo il tono caustico dell’opera. La regia è era affidata a Katja Libkind, nota artista ucraina che ha costruito lo spettacolo come una installazione - l’opposto rispetto all’approccio barocco- fetish- operettistico, dell’allestimento di Strasburgo. Ha interpretato il Limbo come un luogo mentale, creando sul palcoscenico delle isole distinte, una per ogni personaggio (con un leggio, una pianta mostruosa, un cinghiale imbalsamato, un personaggio avvolto in una tuta imbottita), spazi simbolici esposti come delle opere in una mostra d’arte contemporanea. Come una Wunderkammer, un gabinetto scientifico, una serra per esperimenti, attraversata dai tre personaggi e da tre alter ego sempre in movimento, e punteggia da immagini e ombre proiettate su uno schermo bianco. Limbus-Limbo è stata salutata da una standing ovation da un pubblico abituato ad opere tradizionalissime e un po’ “folk” come Natalka Poltavka di Mykola Lysenko, e che fino a vent’anni fa ascoltava le opere italiane in versione ritmica (pratica poi abbandonata grazie all’impegno di Nicola Franco Balloni, già direttore del locale Istituto Italiano di Cultura). Tutto questo in un teatro che nel 2017 festeggia i suoi 150 anni con un festival dell’opera italiana e con una nuova opera commissionata a Carmine Emanuele Cella.