EMMA E ANNA
Sarà Emma Dante a mettere in scena il dittico La voix humaine/ Cavalleria rusticana che va in scena al Comunale di Bologna dal 9 al 18 aprile con la direzione di Michele Mariotti. Protagonisti, in Poulenc, l’acclamata Anna Caterina Antonacci e, in Mascagni, Marco Berti e Carmen Topciu. nel futuro”.
Se Rossini ha in Michele Mariotti, almeno a mio modesto parere, il direttore migliore che al momento possa sperare, non costituisce tuttavia una di quelle gabbie esclusive in cui i cosiddetti “specializzati” via via sterilizzano nella ripetizione il proprio talento. L’allargamento del repertorio, con le relative scelte, è sempre la chiave di volta di ogni carriera direttoriale: ma anche in questo caso, logica nelle scelte e rigore nel realizzarle spiegano perfettamente la continua crescita di Mariotti da grande speranza giovanile alla realtà d’uno dei maggiori direttori della scena internazionale.
In ambito operistico, il radicarsi al Metropolitan con Carmen, Barbiere, Puritani, Rigoletto, Donna del lago. L’accostamento al grand opéra - repertorio dimenticato ma troppo interessante per poter continuare a disattenderlo - con Gli Ugonotti alla Deutsche Oper di Berlino, destinato ad essere ripresentato tra due anni nella sua sede naturale dell’Opéra (“magnifica esperienza, possibile solo grazie al lungo periodo di prove che ho potuto avere. Le prove sono sempre la chiave di ogni buona riuscita, e purtroppo sono spesso troppo poche: con quel tempo a disposizione, al Met si provano quattro opere…”). Il ritorno alla Scala - dopo un Barbiere a parer mio straordinario - col verdiano Due Foscari che, dopo Nabucco e Attila eseguiti a Parma e Bologna, confermano in Mariotti (morbidezza, fluidità, colore del suono strumentale fatto riverberare sulle linee vocali, attenzione estrema alla “parola scenica”) un direttore ideale per il primo Verdi: Verdi che sarà anche il veicolo per il debutto ad Amsterdam con la parete di sesto grado della Forza del destino. L’annunciato dittico Cavalleria-Voix Humaine questo mese a Bologna (“due diverse esplorazioni della solitudine femminile, entro un intimismo che ho chiesto alla regista Emma Dante di sottolineare pur nelle diverse sfere sociali in cui avvengono”), apre poi il fronte tutto da percorrere dell’opera del Novecento, a parte l’isolato Prigioniero di Dallapiccola di alcuni anni fa. Dopo Rossini e Verdi, uno sbocco auspicabile. Necessario.
E naturalmente, il repertorio sinfonico. All’insegna del quale ha debuttato a Fano nel non poi troppo lontano 2006, e che da allora ha sempre scandito la carriera di Mariotti, con alcuni autori-chiave (Schubert in primo luogo, a mio avviso) fino al recente accostamento a Mahler e Bruckner. “L’opera dà una visibilità maggiore, e maggiore è l’impegno che richiede, non foss’altro per il tempo che esige per realizzarla. Adoro l’opera, ma non vorrei mai essere etichettato come direttore d’opera. Le etichette anche in questo caso sono l’antitesi del cercare di far musica al meglio. Il lavoro sul suono che si può fare durante le prove d’un concerto, collaborando con orchestre diverse, accostando autori diversi in un programma: rappresenta per me la base insostituibile d’una seria crescita artistica”.