IN
ROSSINI
gio costruttivo e strumentale vivace, privo di sudditanze di genere. Funzionava bene il confronto a distanza con le Due canzoni siciliane di Michele Dall’Ongaro che schiudeva la seconda parte. Titolo inequivoco per una sorta di viaggio di andata-e-ritorno tra i segni forti del tratto popolare originale e la rievocazione-trasformazione in chiave moderna; non semplice strumentazione ma ricreazione affettuosa, con i congegni compositivi affilati di oggi. INTERPRETI A. Antoniozzi, A. Wakizono, H. Torosyan, S. Alberghini, N. Alaimo, M. Mironov
DIRETTORE Christopher Franklin REGIA E SCENE Davide Livermore
Comunale TEATRO ★★★
“Applausi a Maxim Mironov nella stratosferica tessitura di Don Narciso; ma perché vestirlo da pretino quando è un laicissimo cavalier servente, cioè un ‘Don’ alla napoletana?”
Doveva salire sul podio Alberto Zedda per questa ripresa del Turco in Italia dal Rof 2016; la Signora con la falce ha deciso altrimenti, e al lutto per la perdita di un pioniere della Rossini Renaissance si aggiunge quello per il divorzio annunciato fra il Comunale felsineo e il Festival pesarese. Fine di un’epoca? Il subentrante Christopher Franklin ne ha officiato il Requiem senza troppo smalto, dirigendo una prolissa e slentata editio plurima inclusiva di pezzi apocrifi e scene alternative buone tuttalpiù per un apparato critico su carta. Ne risentiva in primo luogo l’orchestra di casa, molto sensibile alla qualità della bacchetta di turno. Il cast vocale invece no; ché anzi nell’insieme pareva meglio assortito rispetto a quello dell’estate scorsa. Con un’eccezione: la Zaida di Aya Wakizono, donna barbuta nel travisamento circense ideato dalla regia e, ahinoi, barbosa interprete senza pregi vocali né attoriali. Tutt’al contrario di Simone Alberghini, aitante vi-