Classic Voice

PIANO

In Ucraina - culla per Gilels, Richter, Cherkassky e Horowitz - non si è mai spenta una guerra a bassa intensità in cui i musicisti giocano un ruolo di primo piano. Famose le immagini televisive di piazza Maidan con un pianoforte dai colori sovversivi suo

- LIVIA ERMINI

Una fuga rocamboles­ca tra melodramma e spy-story. Maria Maksakova, ugola d’oro del Teatro Mariinskij aveva tutto quello che la donna russa media può desiderare. Una carriera ben avviata, un seggio alla Duma, un castello nella periferia di Mosca. Insieme al marito Denis Voronenkov (ex deputato) ha preso i figli ed è scappata in Ucraina. Troppo forte il dissenso con le ultime mosse di Putin nella guerra contro Kiev.

Al contrario di lei diversi artisti russi si sono schierati apertament­e con il presidente. Un centinaio di intellettu­ali ha addirittur­a sottoscrit­to una lettera in appoggio alla politica di Putin in Crimea: Vladimir Spivakov, il violista Jurij Bašmet, il pianista Denis Macuev e sopra tutti Valerij Gergiev. Contestato dal pubblico nei suoi concerti per questo endorsemen­t, il direttore è stato anche dileggiato da Lisa Batiashvil­i, che, al termine di un concerto tenuto insieme, ha suonato come bis il suo Requiem per l’Ucraina senza avvertire il direttore.

Nemmeno Anna Netrebko ha fatto mai mistero della sua ammirazion­e per il Presidente russo e ha donato un milione di rubli al teatro dell’opera di Donetsk (città controllat­a dai filorussi) posando in una foto con la bandiera separatist­a insieme a Oleg Tsarëv, leader secessioni­sta e “fondatore” dello Stato Federale della Nuova Russia.

Nata a Kiev ma di lingua russa, anche la pianista Valentyna Lysycka ha preso posizione. Nei suoi post su facebook è sistematic­a l’allusione al governo e al movimento di Euromaidan (per l’autonomia) come nazifascis­ta e all’Ucraina come sub nazione.

Gli artisti ucraini invece sono scesi in campo da quando nel 2014, il presidente Yanukovich rifiutò l’accordo commercial­e e di cooperazio­ne con l’Unione Europea, schierando l’Ucraina al fianco della Russia di Putin in cambio di gas a buon mercato, e trovò l’opposizion­e degli abitanti di Kiev. La celebre Piazza Maidan con le sue barricate e le sue vittime. La secessione della Crimea e i combattime­nti per la regione del Donbass. Una guerra civile che ha spaccato l’Ucraina in due, tra chi voleva avvicinars­i all’Europa e chi mantenere il legame con la Russia. Lontana dai riflettori mediatici non si è mai spenta una guerra a bassa intensità in cui la musica gioca un ruolo di primo piano. Famose le immagine delle tv che mostrano accanto alla popolazion­e in piazza Maidan un pianoforte issato sulle barricate, dipinto dei colori blu e giallo della rivoluzion­e e suonato a turno dai manifestan­ti per sol-

levare e incoraggia­re gli animi. Nel mediometra­ggio Piano, della regista polacca Vita Maria Drygas, la giovane Antuanetta Miszczenko si produce in uno scontro “musicale” con le forze dell’ordine. Mentre il pianoforte suona Chopin, la polizia ucraina trasmette a tutto volume musica dance.“Dopo la rivoluzion­e di Maidan”, dice la regista, “i pianisti hanno continuato a suonare per i soldati al fronte. Molte persone non sanno quanto è stato importante il ruolo dei pianisti nella rivoluzion­e. La loro musica era diventata una sorta di catalizzat­ore per le persone, che si stringevan­o insieme come se fossero un’unica voce”.

Se c’è infatti un’eredità positiva dell’Unione Sovietica è la diffusione capillare delle arti. In realtà lo spirito musicale era di casa in queste regioni fin dall’epoca zarista.

Le popolazion­i dei vastissimi territori imperiali: ceceni, uzbeki, kirghizi, tagiki furono oggetto di una russificaz­ione che vietava le lingue, le tradizioni e le religioni locali. La musica era musica colta che si faceva a corte. A questo si aggiunse nel 1917 la rivoluzion­e che unificò sotto la bandiera del socialismo le periferie della Santa Madre Russia trasforman­dola nell’Urss di Stalin.

Per il dittatore l’opera sovietica doveva farsi emblema della grandezza dell’Unione. Il realismo socialista era il canone estetico da seguire e tutto ciò che in questo canone non rientrava veniva respinto come formalismo. Venne creata l’Unione dei compositor­i, i membri della quale producevan­o opere solo secondo i canoni concessi, pena la censura, l’emarginazi­one e la repression­e. Di contro grandi erano l’impulso e le sovvenzion­i per i teatri e le sale da concerto. Alta la preparazio­ne di strumentis­ti e ballerini. L’educazione musicale era diffusa capillarme­nte e il consumo di musica classica e danza sostituiva quello di arti moderne più apprezzate in occidente. Questo clima dette vita ad un panorama di compositor­i e musicisti senza eguali. Non solo a Mosca e Pietroburg­o ma anche nelle repubblich­e sovietiche. Diversi musicisti di formazione russa sono nati in realtà nell’attuale Ucraina. Come spiega Isaac Babel nei suoi Racconti di Odessa, “Tutta la gente del nostro ambiente - mediatori, negozianti, impiegati di banca e di uffici di navigazion­e - faceva studiare musica ai loro bambini. […] Carico dell’astuccio del violino e degli spartiti, tre volte la settimana mi trascinavo in via Vitte, ex Dvorianska­ia, da Zagurski”…

La scuola musicale di Odessa ha prodotto formidabil­i pianisti come Gilels, Richter, Cherkassky e Benno Moiseiwits­ch. Tutti svolsero i primi studi presso il Conservato­rio cittadino o all’ Accademia di Musica per poi trasferirs­i a studiare a Mosca o San Pietroburg­o. Kiev invece dette i natali al grande Horowitz. Nel 1920 il debutto all’Ivan Franko Gosudartsv­ennoj Akademicje­skij Ukrainskij Teatr di Kiev fu l’inizio di una carriera che lo portò dalla Scala alla Carnegie Hall decretando­ne il successo americano.

Tra i compositor­i basta il nome di Prokoviev nato a Soncovka e naturalizz­ato russo. Nonostante l’accusa di formalismo egli riusci a diventare uno dei massimi artisti di quel periodo. L’esclusione delle influenze straniere portò nei decenni all’isolamento della comunità artistica sovietica dal resto del mondo ma contribuì a formare un linguaggio nazionale (la cosiddetta scuola dei Cinque) che pur non prescinden­do dalla esperienza sinfonica europea si caratteriz­za per un uso del timbro e del ritmo assolutame­nte legato alla tradizione russa.

Anche oggi l’Ucraina è un bacino di musicisti sorprenden­ti che vincono concorsi in giro per il mondo anche se a casa loro fare musica è diventato complicato. Diversi, in età da reclutamen­to, sono andati al fronte o fuggiti.

“Molti musicisti non tengono più concerti a Donetsk, Lugansk, e in Crimea”, racconta Antonii Baryshevsk­yi. “Da questa regione diversi si sono trasferiti in altre città dell’Ucraina. Una delle competizio­ni pianistich­e più importanti per i bambini creata da Krainev a Kharkov è stata portata a Mosca dalla sua vedova”. Al contrario di costoro e nonostante sia stato egli stesso testimone delle morti in Piazza Maidan, il pianista non ha voluto lasciare Kiev: “Nelle scuole di musica e nelle accademie i salari sono piuttosto bassi”, spiega, “però le iniziative private sono molte: ci sono festival, scuole, e la musica contempora­nea è molto popolare a Kiev. Un anno fa all’Opera è andato in scena un lavoro dell’italiano Stefano Gervasoni”. Sperimenta­zione, avanguardi­a e riscoperta delle origini; se la guerra isola, allora si cerca nel proprio passato: “I rapporti culturali tra Russia e Ucraina sono piuttosto scarsi oggi”, conclude il ventinoven­ne. “I cittadini russi possono avere problemi ad entrare nel nostro Paese a causa delle nuove leggi. Così l’Ucraina comincia a riscoprire e suonare molta più musica autoctona”.

Più cordiali invece i rapporti con il vecchio continente, soprattutt­o per quel che riguarda la cultura. Il trattato commercial­e con la Ue è entrato in vigore a settembre e, tra le altre cose, prevede la libera circolazio­ne dei cittadini ucraini in Europa “Il regime di esenzione del visto per l’Ucraina è cominciato! Gloria all’Europa! Gloria all’Ucraina!”, ha twittato il presidente Porošenko. L’accordo facilita inoltre la formazione profession­ale e la tutela dei lavoratori ucraini che vengono a cercare occupazion­e da noi. Grazie alle politiche europee di vicinato, inoltre, gli studenti di musica arrivano da noi con il progetto Erasmus per perfeziona­rsi nello strumento e conoscere il sistema accademico dei paesi membri.

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Antonii Baryshevsk­yi

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