SCHUBERT OPERE PER PIANOFORTE A 4 MANI
Luca Ciammarughi,
PIANOFORTE
Stefano Ligoratti
CD Da Vinci Classics C0076
17,80
PREZZO
★★★★
Molto spesso la prova del nove della validità di una proposta discografica o concertistica risiede anche nel grado di vigile rilassatezza che tale proposta può indurre nell’ascoltatore. Vigile, perché non è assolutamente vero che la musica “colta”, di qualsiasi origine essa sia, possa essere ascoltata distrattamente. E la “modalità rilassata”, anch’essa a volte necessaria, proviene da vari fattori, come ad esempio la quasi certezza che l’esecutore non ci tradisca con errori troppo destabilizzanti (e questo è uno dei pregi del disco registrato in studio) o che ci introduca come per magia in medias res. Mettendomi all’esame di questo disco mi ero preparato ad ascoltare almeno la sola Sonata in si bemolle maggiore con lo spartito, perché non la conoscevo bene come gli altri numeri in programma. Ma l’ascolto era talmente piacevole (sia per il modo di suonare del duo Ciammarughi-Ligoratti che ovviamente per merito del compositore) che ogni desiderio di “controllo” lasciava il posto a considerazioni fantastiche sulla straordinaria arte schubertiana, sulle modulazioni inaspettate, sulla sintesi di elementi dotti e galanti che è il vero anello di congiunzione tra Schubert e Mozart e che potrebbe quasi portare alla stravagante ipotesi di una evoluzione dello stile classico che avrebbe potuto fare a meno della gigantesca figura di Beethoven. Sì, perché almeno il comparto della musica per pianoforte a quattro mani vede una evidente continuità tra l’eredita mozartiana, soprattutto quella costituita dalle ultime sonate (K 497 e K 521) e dalle due grandi Fantasie per organo meccanico (K 594 e K 608), e lo sviluppo ulteriore che proviene dall’assidua frequentazione di questo tipo di repertorio da parte di Schubert. Con la differenza che già a partire da lavori giovanili, come è il caso della sonata in questione, scritta nel 1818, l’autore mostra una facilità incredibile nel gestire dottrina e ispirazione, con un grado di maestria che raggiunge le vette estreme nei lavori successivi. I due pianisti, che formano un “Milano Piano Duo”, dimostrano di conoscere perfettamente tutta una tradizione interpretativa che affonda le proprie radici nel Duo Schnabel e nei forse insorpassabili raggiungimenti di Badura-Skoda e Demus, e ci accompagnano nel viaggio sublime con estrema naturalezza sostenuta da altrettanto estrema dottrina.