Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Azzurri, la necessità del risveglio per giocarsela fino alla fine
Ci avviciniamo alla primavera, signore e signori. La stagione del risveglio della natura e dei sensi, dell’aria profumata di fiori e dei campi asciutti. La primavera, tradizionalmente la migliore stagione per le squadre leggere e tecnicamente abili, veloci e rapinose, che ora soffriranno meno i contrasti più duri e frequenti dei paludosi campi pesanti.
Quindi, la stagione adatta alle squadre di Sarri e al Napoli, a questo Napoli, in particolare.
Le scorie della traumatica, urticante e per certi versi devastante ultima giornata saranno state assorbite? Si è trattato, come tutti speriamo, di un mero episodio confinabile nel territorio degli eventi che possono pur sempre accadere o, Dio non voglia, è stato il terminale di un cammino che si è autoalimentato di entusiasmo vittoria dopo vittoria?
Inutile, a nostro parere, continuare ad anatomizzare la partita con la Roma. Dalla cintola in su è stato il solito Napoli, in grado di fare due gol e di mancarne per un soffio il doppio, di tenere palla e di incantare a tratti; in difesa ci sono state gravissime amn esie, tutti gli interpreti sono stati al di sotto degli standard e alcuni errori, di posizione e di gestione del pallone, non si vedono nemmeno sui campi di periferia. Le ragioni? Tante, e nessuna. Forse il gol di Dybala, forse il valore oggettivo di una Roma all’ultima spiaggia (non sottovalutare, prego, il peso della sconfitta dei rivali laziali come stimolo galvanizzante) in possesso di calciatori di primo livello, forse un attimo di comprensibile black out.
Ora però ci si trova a fronteggiare la squadra difficile nel momento difficile. L’Inter fresca del compleanno numero centodieci, al cospetto di tutti i suoi più grandi campioni del recente passato, in una condizione di classifica non tranquilla e in corsa per agganciare un posto Champions che sarebbe vitale per una situazione finanziaria non positiva, in un San Siro pieno e feroce. Mentre, a voler guardare dall’altra parte (noi tifosi possiamo permettercelo, Sarri e i suoi no di certo), i bianconeri fortissimi incontrano i bianconeri debolissimi (quelli dell’Udinese) nella fortezza inespugnabile o quasi. Ma, se si vuole sperare e se si vuole lottare, il momento è catartico, come dice il poeta. Anzi, ci permettiamo di dire che questo è il turno, per come si sono messe le cose, di massima importanza della stagione. Perché se il Napoli dovesse rialzare con immediatezza la testa, se dovesse dimostrare al campionato intero e soprattutto a se stesso che la Roma è stato un deprecabile, singolo episodio sfortunato, allora la corsa continuerebbe senza particolari negatività.
Nel frattempo la Juventus ha passato il turno di Champions, il che vuol dire certamente rinnovato entusiasmo e iniezione di autostima (come si legge nelle trionfali interviste del dopo gara di Londra), ma anche ulteriori impegni onerosi e trasferte aeree infrasettimanali, con fatiche e aggravi muscolari per gli interpreti che non saranno oggetto di rotazioni. Un bene, per il calcio italiano e per i bianconeri; forse un bene anche per i tifosi azzurri.
I quali tifosi sanno che per coltivare una qualche speranza sarà necessario arrivare allo Stadium, il ventidue di aprile, con uno svantaggio massimo di due o tre punti; per avere nella mente e nel cuore la possibilità di vincere la partita pareggiando lo score degli scontri diretti, e poi giocarsela fino alla fine.
Che era quello che tutti auspicavamo, no?