Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Sos scuola, quelle 10 mila cattedre a rischio
Studio della Fondazione Agnelli: in Campania oltre 6.000 classi in meno Le soluzioni ci sarebbero ma comportano ulteriori investimenti
Ricordate le proteste degli insegnanti campani che, un paio di anni fa, avevano finalmente ottenuto la cattedra a patto di accettare una sede fuori regione? Molti parlavano addirittura di «deportazione». In realtà da sempre migliaia di maestri e professori provenienti da tutte le regioni meridionali insegnano in tutte le regioni settentrionali e anche del Centro Italia.
E pure quelli assunti nel quadro della contestatissima «Buona Scuola» hanno finito per accettare l’agognata cattedra ovunque fosse. In prospettiva, però, la situazione potrebbe peggiorare in maniera e misura catastrofica, ben oltre i numeri che hanno suscitato la protesta contro il governo Renzi. Secondo uno studio della Fondazione Agnelli, infatti, in dieci anni in Italia si perderebbero ben 55.600 cattedre se la diminuzione delle nascite — ma ora si dice denatalità — continuasse al ritmo attuale. Ed è verosimile che così sia considerando la diminuzione delle cosiddette madri potenziali e della loro propensione a fare figli. Diversamente da quanto il luogo comune potrebbe far credere, questa tendenza è più forte al Sud che al Nord, e ancor di più in Campania. Il risultato è, anzi sarà, che nel 2028 nella regione ci saranno 6.651 classi in meno (36.721 in tutta Italia): se ne perderanno 945 nella scuola per l’infanzia, 2.371 nella scuola primaria, 1.469 nelle secondarie di primo grado e 1.866 in quelle di secondo grado. E, a conti fatti, questa riduzione comporterà la perdita di 10.070 cattedre, cioè posti di lavoro.
Questi dati sarebbero già sufficienti a far accapponare la pelle, però se si tiene conto delle folte schiere di insegnanti campani sparsi su tutto il territorio nazionale, il problema potrebbe assumere proporzioni insostenibili. Ma non c’è nulla che si possa fare per evitare una simile catastrofe occupazionale e quindi sociale? Il dossier della Fondazione Agnelli individua tre soluzioni, in fondo ovvie. Ridurre il numero di allievi per classe, aumentare il numero di docenti per classe, tenere aperte la scuole anche di pomeriggio. E appare chiaro a tutti che sarebbero strade percorribili con grande vantaggio non soltanto per questioni occupazionali ma anche sul piano educativo. Però sarebbe necessario invertire la tendenza che ha deciso di tagliare gli investimenti nel sistema dell’istruzione.
Molte scuole sono letteralmente costrette a stipare 25 ragazzi in ogni aula. E moltissime spesso non dispongono dei docenti dei quali avrebbero bisogno, in particolare mancano gli insegnanti di sostegno, quelli dei quali c’è maggior necessità. Proprio a Napoli, infine, sono anni che si parla di tenere aperti gli istituti anche di pomeriggio, soprattutto nei quartieri disagiati, per frenare l’abbandono scolastico, e Palazzo Santa Lucia ha varato un piano ad hoc.
Ma non è la Regione che può decidere di utilizzare il personale docente nelle attività pomeridiane.
Questo significa che la strada è già tracciata? Che la Campania va verso un inarrestabile declino demografico e un inevitabile aggravamento della crisi del lavoro? No, visto che il quadro delineato dalla Fondazione Agnelli per fortuna prenderà corpo gradualmente e in tempi lunghi. Se però tutti gli attori in campo – istituzioni, partiti, sindacati – non affronteranno subito il problema, domani nessuno sarà in grado di tirare fuori una soluzione dal cilindro.
Ridurre il numero di allievi per aula, aumentare quello dei professori impegnati e tenere aperti i plessi anche nel pomeriggio