Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’AMBIZIONE DI CAMBIARE IL LAVORO
Il «Piano del lavoro» della Regione – annunciato dal presidente De Luca nell’intervista di giovedì scorso al nostro giornale – è senza dubbio un’iniziativa importante e merita grande attenzione. La mancanza di opportunità d’impiego per i giovani del Mezzogiorno ha effetti devastanti. E anche in Campania non è più sopportabile l’impoverimento del nostro tessuto sociale e del nostro patrimonio intellettuale a causa dell’esodo di tanti talenti che scappano dopo essere cresciuti nelle nostre scuole e università a costo di ingenti risorse. È un fatto assai grave che dovrebbe togliere il sonno a tutti i responsabili delle istituzioni, pubbliche e private, nazionali e locali, specie di quelle che direttamente o indirettamente governano la politica economica e sociale. Dunque il progetto di creare occasioni di vero «lavoro di qualità» – come raccomanda l’Unione Europea – è da apprezzare più di ogni promessa di «reddito di inclusione» o «reddito di cittadinanza». Sono altresì da respingere le critiche strumentali sulla praticabilità e sostenibilità finanziaria del progetto di chi non propone altro che generici interventi per migliorare, chissà come, la produttività della Regione. Ma proprio per questo il progetto di De Luca non va guardato con la lente dell’assistenzialismo: nel senso che l’intento di arginare la disoccupazione giovanile non deve prevalere su quello di dare un forte impulso all’efficienza delle pubbliche amministrazioni locali.
C’è da sperare insomma che non si pensi di tornare agli anni ’50 del ‘900: quando, per compensare lo sviluppo industriale del Nord, si decise, più o meno coscientemente, che al Sud il pubblico impiego dovesse fare da spugna della disoccupazione.
Né di tornare alla fine degli anni ’70: quando, a seguito delle sollevazioni giovanili del ’77, si decise di emanare la legge 285 sull’occupazione giovanile prevedendo incentivi per l’assunzione dei giovani, sia nel «privato» sia nel «pubblico». All’epoca il «privato» fece poco o niente e il «pubblico» assunse molti giovani, ma senza badare troppo al merito e alla professionalità, data l’emergenza in cui il provvedimento legislativo vedeva la luce. Entrarono così nelle pubbliche amministrazioni alcuni bravi e molti mediocri. Ciò non si deve ripetere, altrimenti il rimedio finirebbe con l’essere peggiore del male.
L’enfasi intorno al progetto va messa piuttosto sulle esigenze oggettive di fare assunzioni mirate negli enti locali (ma il discorso riguarda seriamente pure il Governo nazionale), che hanno organizzazioni asfittiche e obsolete, da innovare con urgenza: sia con lo svecchiamento delle risorse umane, sia con l’introduzione di moderni strumenti operativi.
Ovviamente le tecnologie informatiche, ma anzitutto la capacità dei giovani funzionari e dipendenti pubblici di dialogare con la burocrazia di Bruxelles in vista della piena ed efficiente utilizzazione dei fondi europei.
Così si tranquillizza pure chi si preoccupa delle scarse risorse economico-finanziarie necessarie a sostenere un’operazione certamente costosa, ma sacrosanta e dalle proficue prospettive. Se si parte col piede giusto, le risorse si moltiplicano.
In realtà, oltre che sulla trasparenza e sull’imparzialità dell’operazione (già ribadite da De Luca) per sottrarla agli appetiti delle clientele politico-elettorali dei potentati locali, la partita più complessa si gioca sulle modalità del reclutamento e sulla serietà della formazione. Ciò significa: nessuna immissione in massa e scelta di procedure che, partendo da una puntuale rilevazione dei bisogni delle varie amministrazioni e dei diversi servizi, valutino il merito dei singoli candidati e individuino percorsi formativi adatti ai profili professionali richiesti.
Sarebbe perciò auspicabile il coinvolgimento delle Università campane, i cui Dipartimenti sono ampiamente in grado di rispondere a una domanda di sviluppo formativo post-laurea. L’iniziativa di De Luca allora attiverà un circuito virtuoso di cui si gioverà tutta la collettività campana: non solo per l’occupazione dei giovani, ma per la crescita dell’intero apparato produttivo della Regione.