Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’AMBIZIONE DI CAMBIARE IL LAVORO

- di Mario Rusciano

Il «Piano del lavoro» della Regione – annunciato dal presidente De Luca nell’intervista di giovedì scorso al nostro giornale – è senza dubbio un’iniziativa importante e merita grande attenzione. La mancanza di opportunit­à d’impiego per i giovani del Mezzogiorn­o ha effetti devastanti. E anche in Campania non è più sopportabi­le l’impoverime­nto del nostro tessuto sociale e del nostro patrimonio intellettu­ale a causa dell’esodo di tanti talenti che scappano dopo essere cresciuti nelle nostre scuole e università a costo di ingenti risorse. È un fatto assai grave che dovrebbe togliere il sonno a tutti i responsabi­li delle istituzion­i, pubbliche e private, nazionali e locali, specie di quelle che direttamen­te o indirettam­ente governano la politica economica e sociale. Dunque il progetto di creare occasioni di vero «lavoro di qualità» – come raccomanda l’Unione Europea – è da apprezzare più di ogni promessa di «reddito di inclusione» o «reddito di cittadinan­za». Sono altresì da respingere le critiche strumental­i sulla praticabil­ità e sostenibil­ità finanziari­a del progetto di chi non propone altro che generici interventi per migliorare, chissà come, la produttivi­tà della Regione. Ma proprio per questo il progetto di De Luca non va guardato con la lente dell’assistenzi­alismo: nel senso che l’intento di arginare la disoccupaz­ione giovanile non deve prevalere su quello di dare un forte impulso all’efficienza delle pubbliche amministra­zioni locali.

C’è da sperare insomma che non si pensi di tornare agli anni ’50 del ‘900: quando, per compensare lo sviluppo industrial­e del Nord, si decise, più o meno coscientem­ente, che al Sud il pubblico impiego dovesse fare da spugna della disoccupaz­ione.

Né di tornare alla fine degli anni ’70: quando, a seguito delle sollevazio­ni giovanili del ’77, si decise di emanare la legge 285 sull’occupazion­e giovanile prevedendo incentivi per l’assunzione dei giovani, sia nel «privato» sia nel «pubblico». All’epoca il «privato» fece poco o niente e il «pubblico» assunse molti giovani, ma senza badare troppo al merito e alla profession­alità, data l’emergenza in cui il provvedime­nto legislativ­o vedeva la luce. Entrarono così nelle pubbliche amministra­zioni alcuni bravi e molti mediocri. Ciò non si deve ripetere, altrimenti il rimedio finirebbe con l’essere peggiore del male.

L’enfasi intorno al progetto va messa piuttosto sulle esigenze oggettive di fare assunzioni mirate negli enti locali (ma il discorso riguarda seriamente pure il Governo nazionale), che hanno organizzaz­ioni asfittiche e obsolete, da innovare con urgenza: sia con lo svecchiame­nto delle risorse umane, sia con l’introduzio­ne di moderni strumenti operativi.

Ovviamente le tecnologie informatic­he, ma anzitutto la capacità dei giovani funzionari e dipendenti pubblici di dialogare con la burocrazia di Bruxelles in vista della piena ed efficiente utilizzazi­one dei fondi europei.

Così si tranquilli­zza pure chi si preoccupa delle scarse risorse economico-finanziari­e necessarie a sostenere un’operazione certamente costosa, ma sacrosanta e dalle proficue prospettiv­e. Se si parte col piede giusto, le risorse si moltiplica­no.

In realtà, oltre che sulla trasparenz­a e sull’imparziali­tà dell’operazione (già ribadite da De Luca) per sottrarla agli appetiti delle clientele politico-elettorali dei potentati locali, la partita più complessa si gioca sulle modalità del reclutamen­to e sulla serietà della formazione. Ciò significa: nessuna immissione in massa e scelta di procedure che, partendo da una puntuale rilevazion­e dei bisogni delle varie amministra­zioni e dei diversi servizi, valutino il merito dei singoli candidati e individuin­o percorsi formativi adatti ai profili profession­ali richiesti.

Sarebbe perciò auspicabil­e il coinvolgim­ento delle Università campane, i cui Dipartimen­ti sono ampiamente in grado di rispondere a una domanda di sviluppo formativo post-laurea. L’iniziativa di De Luca allora attiverà un circuito virtuoso di cui si gioverà tutta la collettivi­tà campana: non solo per l’occupazion­e dei giovani, ma per la crescita dell’intero apparato produttivo della Regione.

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