Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Letino e i cento candidati fantasma
«Ma le ragioni della sinistra sono sempre vive»
«C’erano candidati provenienti da Napoli, Cassino e da altri paesi del circondario. Per lo più si tratta di persone che hanno diritto a un mese di congedo retribuito per la campagna elettorale».
Neanche la rivoluzione copernicana del voto dello scorso 4 marzo, con la quale sono stati scompaginati gli assetti politici tradizionali del centrodestra e del centrosinistra, è stata utile ad aprire una fase di riflessione. La destra, alle elezioni amministrative di domenica scorsa, guadagna consensi, ma ormai ha il volto arcigno della Lega. Il M5s subisce una brusca frenata nei Comuni. Ed il Pd continua a scivolare verso percentuali che ne certificano, per lo più, una progressiva irrilevanza.
Antonio Bassolino, ex sindaco ed ex governatore della Campania, da tempo invoca l’avvio di una fase ricostitutiva della sinistra.
Bassolino, ritiene che con il deludente risultato del centrosinistra alle consultazioni di domenica scorsa si sia toccato il fondo?
«Il dato di questa tornata amministrativa è dentro la vicenda politica ed elettorale degli ultimi due anni, sebbene presenti nuovi elementi di valutazione. La prima grave sconfitta del Pd e del centrosinistra è avvenuta due anni fa, a giugno 2016: quando si perse a Torino, a Roma e a Napoli non si riuscì nemmeno ad arrivare al ballottaggio. Ma allora, come oggi, non si è dato corso ad alcuna riflessione per correggere gli errori».
In verità, neanche dopo l’esito del referendum del 4 dicembre e delle elezioni del 4 marzo scorso.
«Appunto. Le elezioni politiche del 4 marzo hanno cambiato il mondo: il Movimento 5 stelle è andato oltre il 30 per cento dei consensi, il Pd è piombato al di sotto del 20%; ma è il risultato della Lega ad avere assunto un significato altamente simbolico, portando la formazione di Salvini dal 4 al 17% ed ora, secondo le rilevazioni, sarebbe addirittura ben oltre quella soglia. Tuttavia, è inammissibile e sconcertante che ogni volta non si dia luogo ad una riflessione sulla sconfitta».
Si ha forse paura di dirsi la verità?
«Premesso che le sconfitte bisognerebbe evitarle. Ma quando arrivano, beh, occorrerebbe poi imparare da esse. Se non rifletti sulle cause dei fallimenti non riesci a correggere gli errori e, anzi, si rischia di reiterarli negli appuntamenti elettorali successivi».
Quali fattori hanno condizionato il dato elettorale di domenica scorsa?
«È stata una consultazione amministrativa che ha coinvolto un gran numero di Comuni, ma bisogna considerare che in queste circostanze interviene sempre un intreccio di fattori locali e generali: contano i candidati, i programmi, le coalizioni e anche il doppio turno di votazione. Certo, i 5 stelle frenano e arretrano di parecchio rispetto al dato del 4 marzo. Ma si tratta pur sempre di un confronto improprio tra competizioni ed esiti elettorali diversi. Il M5s è un partito dall’alto, un movimento nazionale, che vive sul web più che essere radicato nelle realtà locali, tuttavia sa esprimere il suo potenziale alle consultazioni generali, come ha dimostrato alle elezioni politiche, quando il Sud ha sostenuto un forte vento di protesta e ha deciso di investire sui pentastellati per metterli alla prova».
Davvero il centrodestra può dire di essere uscito dalla crisi con questo dato delle elezioni amministrative?
«Certamente il risultato del centrodestra è significativo e soprattutto quello della Lega che è un partito fortemente strutturato e vanta una diffusa presenza di amministratori locali: una caratteristica che compone anche la sua rappresentanza parlamentare».
Al centrosinistra non rimane che il Nord?
«Il Pd e la coalizione di centrosinistra conseguono un risultato molto positivo a Brescia, e in altre città si giocherà il resto della partita al ballottaggio. Ma in questo primo turno nell’insieme è un voto che resta tutto dentro una grande e perdurante difficoltà politica».
Qual è la causa vera di questa difficoltà, secondo lei. Probabilmente la sua attuale classe dirigente. Ma non crede che vi sia anche una inadeguatezza organizzativa e una incapacità di fondo di mettersi in sintonia con le nuove istanze sociali?
«Leggevo qualche giorno fa una interessante e giovanile intervista sul Corriere della Sera al novantenne Piero Bassetti che ammoniva: “Il Pd sembra non avere orecchie per sentire e occhi per vedere”. Ed è così: se non possiedi una presenza organizzata sul territorio, se resti assente dai luoghi di produzione, se non segui le dinamiche dei centri di aggregazione giovanile, usando anche i nuovi strumenti social, come vuoi testimoniare il tuo impegno politico? C’è una tradizione classica da far rivivere in forme nuove, magari recuperando anche la formula dei comizi pubblici».
E subito dopo?
«Poi, c’è da ricostruire una prospettiva: dar vita ad un pensiero critico, ad una riflessione politico-culturale, e ad una azione politica. Nel 1977 a Castellammare di Stabia siamo stati per mesi interi a discutere sul voto. Eravamo sicuramente esagerati. Ma non si può passare da mesi di discussione all’assenza di ogni riflessione, che è sempre la prima condizione per poter poi sviluppare una giusta iniziativa politica. Oggi, dopo quanto è accaduto domenica scorsa, chi si occuperà di Castellammare? Chi tenterà di riflettere sull’esito del voto? È con la riflessione e nella iniziativa che dobbiamo sapere interpretare e rappresentare politicamente le ragioni della sinistra, che continuano ad esprimersi in forme classiche e in forme nuove nel Mezzogiorno e nella società italiana».
Occhi e orecchie
«Bassetti sul Corriere ha bene indicato le carenze del Partito democratico»