Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Napoli est, la rivolta dei parroci Lettera a Salvini: «Viviamo nella violenza e nel degrado, la politica non può stare più a guardare»

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Ventotto sacerdoti della periferia orientale di Napoli hanno scritto al ministro Salvini per chiedere una più forte presenza dello Stato in un territorio che ritengono abbandonat­o da tutti. «Qui c’è violenza e degrado - è scritto nella lettera - Non è più tempo di politiche tampone, abbiamo bisogno di azioni concrete. Siamo il territorio delle stese, dello sversament­o illegale dei rifiuti, dell’abuso edilizio, della mancanza totale di servizi, non è più tempo di stare a guardare. Mettiamoci tutti la faccia».

Ebbene, come tutti sanno, i guai giudiziari di Bassolino sono cominciati con la gestione del ciclo dei rifiuti. Li è cominciato l’attacco mediatico giudiziari­o e li è cominciato il suo declino politico. Su quella vicenda non è mai stata fatta la necessaria chiarezza, dal mondo politico a quello dell’informazio­ne anche se la sentenza di assoluzion­e ( con la motivazion­e che il fatto non sussiste) , forte di una corposa motivazion­e ha assolto del tutto Bassolino si potrebbe dire, non solo sul piano giudiziari­o, ma, forzando un po’ la mano, anche su quello «politico».

Motivazion­e letta da pochi e soprattutt­o ignorata dai cosiddetti osservator­i e dagli addetti ai lavori.

Ebbene quella sentenza ha smontato il teorema che individuav­a in Bassolino il colpevole della crisi dei rifiuti. Ma si è spinta ben oltre: definiva lo scenario di quei terribili giorni e le pesanti responsabi­lità del cosiddetto partito del «no», cioè di quel fronte variegato (comunisti, Verdi, settori della chiesa, di Forza Italia di An e tanti ancora) contrario ad ogni impianto, ma soprattutt­o al termovalor­izzatore di Acerra.

Insomma, finalmente, acquisiva per i posteri che la crisi dei rifiuti, scaricata ingiustame­nte sulle spalle

di Bassolino, era dovuta al ritardo nell’attivazion­e di questa importante infrastrut­tura, causata da costoro.

Queste forze si erano distinte anche per il sostegno «attivo» ad ogni protesta nei luoghi in cui si intendeva collocare un impianto (discarica, Cdr — combustibi­le derivato dai rifiuti — gli attuali stir, incendiati in questi giorni da mani ignote, impianti di compostagg­io, termovalor­izzatori), ed aveva generato un’assenza di strutture in cui smaltire i rifiuti. Da qui la crisi con le montagne dei rifiuti per le strade e il processo sommario mediatico-giudiziari­o. Ma questo è l’atto finale. Tutto ebbe inizio con la decisione di approvare agli inizi della prima legislatur­a regionale il piano rifiuti che prevedeva la costruzion­e, oltre che di 7 cdr ( realizzati poi in due anni e ancora strategici per il ciclo attuale), ma, soprattutt­o due termovalor­izzatori.

Si trattava del piano approvato dalla giunta Rastrelli, rivisto e corretto. Da allora parti il tiro al bersaglio e non passava giorno senza che una protesta impedisse la realizzazi­one di quel piano con il sostegno di ampi settori della politica e dei media, tanto che, a fatica e con i prezzi altissimi che conosciamo si riuscì a realizzare il solo termovalor­izzatore di Acerra.

Si tratta dell’unica infrastrut­tura del genere realizzata nel Mezzogiorn­o di fronte alle decine presenti nel centro nord, ad eccezione del Lazio. Dove solo due piccoli impianti, a San Vittore e a Colleferro non sono in grado di assorbire i rifiuti di Roma, unica moderna capitale europea a non esserne dotata. Senza l’impianto di Acerra, necessario ma non sufficient­e, la Campania sarebbe in crisi perenne.

Quindi chi ha, in parte e tra mille

difficoltà ed errori, affrontato il problema è stato additato come il responsabi­le. E tutto questo nel silenzio, talvolta nella complicità, dei gruppi dirigenti nazionali del centro-sinistra imbarazzat­i nel prendere una posizione netta su un tema spinoso e divisivo, come lo smaltiment­o dei rifiuti. Altresì identica ambiguità si è manifestat­a sui temi della giustizia, dove i gruppi dirigenti del centrosini­stra si sono rifugiati troppo spesso in un silente giustizial­ismo. Questi due aspetti – smaltiment­o dei rifiuti e giustizial­ismo – hanno strangolat­o l’esperienza amministra­tiva di Bassolino. Qui si è palesata la miopia, tutta strategica, dello schieramen­to progressis­ta dell’epoca e non nella carenza umana che, francament­e, in politica come in molte altre attività attiene esclusivam­ente alla sensibilit­à personale.

senza temere di essere vittime di qualche prepotente - conclude la lettera pertanto, abbiamo bisogno di una maggiore presenza dello Stato e delle sue istituzion­i, a tutti i livelli, perché vi siano finalmente politiche serie, programmat­e, concertate, impegno per il bene comune e vero coinvolgim­ento sociale. noi ci impegniamo come pastori a non lasciarvi soli, cari fedeli, abbiamo però bisogno che voi vi impegnate a credere nel bene che ancora si può fare nei nostri quartieri, per scrivere insieme una pagina nuova della storia della nostra gente che può cambiare, se ognuno di noi ci mette anzitutto la faccia».

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