Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Cosa c’è dietro l’«omicidio politico» di un leader
Quindi Antonio Bassolino è stato vittima di un «omicidio politico». A questa conclusione è giunto il direttore del Corriere del Mezzogiorno Enzo d’Errico dopo la diciottesima assoluzione del già sindaco di Napoli e poi presidente della regione. Da qui è scaturito un dibattito interessante che ha coinvolto su più organi di stampa tanti autorevolissimi e competenti osservatori.
Ora per tutta una serie di diversi motivi, che sarebbe lungo sviscerare in questa sede, quasi nessuno — anche lo stesso interessato — ha posto in evidenza un nesso tra l’attività amministrativa e la scandalosa persecuzione giudiziaria cui è stato sottoposto.
Gli studenti hanno fatto stese di poesie contro quelle della camorra
Non è più tempo di
NAPOLI stare a guardare. Bisogna metterci la faccia e non abbassare la guardia. Ventotto sacerdoti della periferia orientale di Napoli (il IX decanato della Diocesi) hanno scritto una lettera al Ministro dell’Interno Salvini, al prefetto di Napoli, Pagano, al sindaco de Magistris, ai sindaci di Cercola, Massa di Somma, Pollena e Volla e al presidente della VI Municipalità per chiedere una più forte presenza dello Stato in un territorio che ritengono ormai abbandonato da tutti. La lettera è stata presentata ieri sera in occasione dell’apertura dell’anno pastorale decanale nella chiesa di San Giovanni Battista, quella dove la settimana scorsa è avvenuto l’ultimo omicidio. «Nel nostro territorio una cosa più grave della violenza è il degrado, il letto nel quale il fiume della malavita scorre tranquillamente invadendo le nostre strade – si legge nella lettera - mentre la violenza ha i suoi fautori (malavitosi, violenti, balordi, arroganti), il degrado è conseguenza di un abbandono sistematico da parte degli uomini di potere, delle politiche miopi o cieche, dell’assenza reiterata di interventi per riorientare le tendenze negative e guidare la popolazione». «Abbiamo deciso di scendere in campo – spiega il decano della zona, Federico Saporito che è anche parroco a Volla – perché vogliamo dire alle istituzioni che non è più tempo di politiche tampone, abbiamo bisogno di azioni concrete e di una presa di coscienza reale. Noi siamo il territorio delle stese, dello sversamento illegale dei rifiuti, dell’abuso edilizio, della mancanza totale di servizi, l’ultima corsa della Vesuviana che parte da Napoli verso Ponticelli è alle 18,30. Hanno fatto l’ospedale del mare ma tutt’intorno c’è il nulla. Io credo che siamo di fronte ad una città divisa in due. Non è più tollerabile».I parroci dunque, uniti, hanno deciso di scendere in campo per combattere il degrado, ma anche un altro male profondo: la rassegnazione. «Tutti – dice la lettera - si sono abituati alla solitudine istituzionale: i cittadini onesti, i piccoli, gli anziani, gli intellettuali. Al degrado e alla rassegnazione si aggiunge poi la paura: il sentimento che paralizza, che non rende possibile alcuna reazione per uscire dall’oppressione o dalla condizione di malessere. Dobbiamo uscire dalla solitudine imparando a fare rete, a partecipare alle iniziative promosse sul territorio, per denunciare il degrado e la violenza, appoggiandoci gli uni agli altri. Insieme, come comunità cristiane, sentiamo di doverci dare coraggio, di doverci stringere reciprocamente per andare avanti, di dare buona testimonianza». Su questo percorso si innesta la manifestazione del 29 ottobre scorso a San Giovanni a Teduccio presso la parrocchia del rione Villa, quella dove avvengono le stese. I ragazzi delle scuole hanno fatto stese di poesie contro quelle della camorra. Don Modesto Bravaccino è stato tra i promotori: «Non bisogna mai abbassare la guardia sottolinea - perché a volte all’indignazione si accompagnano momenti di rassegnazione e di scoraggiamento, per questo dobbiamo essere noi a tenere sempre viva l’attenzione e a dare coraggio alla gente. Lo abbiamo fatto e continueremo a farlo».
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Il parroco di Volla Non è più tempo di politiche tampone, servono azioni concrete e una presa di coscienza