Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Conte: «A Napoli il polo Agritech»
L’annuncio durante il rapporto Svimez. Persi 280 mila posti, l’80% è occupazione femminile
NAPOLI Da una parte c’è il governo, la nuova programmazione dei fondi europei, il Recovery plan, gli annunci. Dall’altra ci sono i dati di un Sud già mai risollevato dalla prima grande crisi del 2008 e che in prospettiva rischia di sprofondare sotto i colpi di una pandemia che da sanitaria si trasformerà in economica e sociale.
Non solo una fotografia, negli anni e attraverso le crisi, sempre più impietosa. Ma anche la valutazione dell’impatto della pandemia sul Mezzogiorno e dunque le previsioni possibili. Svimez ha fatto uno sforzo enorme di ricerca e analisi. Ottocento pagine, tanto pesa il 46esimo rapporto dell’associazione. E appunto, le novità, seppur negative, non mancano. In tredici anni, dal 2007 al 2020, le regioni meridionali perdono 18 punti di Pil. Nel 2020 il Pil italiano, secondo Svimez, si contrarrà del 9,6%. L’arretramento più marcato nel Centro-Nord, con un calo del 9,8%, nelle regioni meridionali sarà del 9%. Nelle regioni meridionali il secondo lockdown ha accresciuto le difficoltà di attività e pezzi di occupazione in posizione marginale (sommerso, nero, irregolari). Di qui la caduta del reddito disponibile delle famiglie del -6,3% che si trasmette ai consumi privati, con una contrazione al Sud pari al -9,9% superiore a quella del Centro-Nord (-9%).
Ma i problemi si avranno in prospettiva. L’associazione, diretta da Luca Bianchi e presieduta da Adriano Giannola, prevede che il Pil cresca nel 2021 al Sud dell’1,2% e nel 2022 dell’1,4% e al Centro-Nord del 4,5% nel 2021 e del 5,3% l’anno successivo. La conseguenza è che la ripresa sarebbe segnata dal riaprirsi di un forte differenziale tra le due macro aree. La Campania crescerebbe solo dell’1,6%. Le regioni meridionali subiscono un impatto più forte in termini di occupazione; nei primi tre trimestri 2020 la riduzione è pari al 4,5% (il triplo rispetto al Centro-Nord). Si stima una perdita di circa 280 mila posti di lavoro al Sud. Rispetto al 2007 il Sud ha perso oltre mezzo milione di posti di lavoro. Principalmente tra i giovani e le donne. Anello debole di una catena già fragile. Il tema dell’occupazione femminile è ripreso dal premier Giuseppe
Conte nel suo intervento alla presentazione del rapporto: «L’emergenza sanitaria ha cancellato in un trimestre l’80 per cento della occupazione femminile che si era creata tra il 2008 e il 2019, il tasso di occupazione è tornato a un valore un punto sopra i livelli del 2008. Abbiamo perso il doppio dei posti di lavoro femminili creati negli ultimi 11 anni». Perstro ché, dice sempre il presidente del Consiglio, «questa crisi ha colpito tutti ma non tutti allo stesso modo. Sta accrescendo alcune diseguaglianze strutturali. La crisi si è estesa di più al Mezzogiorno traducendosi in vera emergenza sociale».
Cosa intende fare il governo? «Per il Mezzogiorno non ci sono solo i fondi del Recovery plan — spiega invece il mini
per il Sud, Peppe Provenzano che di Svimez è stato vicedirettore —, ho fatto un conto e complessivamente per il prossimo settennio ci sono a disposizione per il sud circa 140 miliardi. Se il dopo somiglierà al prima vinceremo la guerra al virus ma non troveremo la pace, questa pandemia non è un cigno nero, ma ha accelerato dinamiche che già esistevano».
Il premier Questa crisi ha colpito tutti ma non tutti allo stesso modo e il divario cresce
Provenzano Nei prossimi sette anni ci saranno investimenti per oltre 140 miliardi
«Rafforzare il Sud significa rafforzare tutto il Paese — riprende Conte —. Nonostante le difficoltà abbiamo evitato come si è fatto in passato, stiamo cercando di approfittare emergenza per adottare significative misure. Decontribuzione al Sud fino al 2029, misure per giovani under 35, reclutamento nella pubblica amministrazione. Intendiamo recuperare il gap per utilizzo dei fondi strutturali. Sulla base delle varie stime avremo uno quota di 43 miliardi per il prossimo ciclo 2021-2027. Accanto al Recovery plan e alle risorse di bilancio. Un’occasione imperdibile per il nostro Paese». E annuncia due progetti che fanno parte del Recovery plan: «Dal punto di vista industriale a Napoli ci sarà un polo Agritech, per lo sviluppo di tecnologie nel settore agroalimentare». E il rilancio, in chiave di transizione energetica, dell’ex Ilva di Taranto.
Svimez da anni parla di un «doppio divario», tra l’Italia e l’Europa e tra il Sud e il Nord del Paese, ma anche di diritti di cittadinanza negati. Luca Bianchi è chiarissimo quando dice «la sanità al Sud era già un’area rossa». Prendiamo i Lea, e la capacità di fare screening tumorali: al Nord è sette volte superiore. Prendiamo l’istruzione: la pandemia potrebbe esacerbare le iniquità formative esistenti nei sistemi scolastici. L’aspetto critico è che la carenza di device e la presenza di un background familiare svantaggiato spesso coesistono, con gravi ripercussioni sull’eguaglianza delle opportunità che l’istruzione dovrebbe offrire. A testimonianza il dato relativo alla quota di ragazzi tra i 6 i 17 anni che vivono in famiglie in cui non sono disponibili dispositivi informatici. Il divario territoriale anche in questo caso è rilevante, 7,5% al Nord contro 19% nel Mezzogiorno. Nel caso di genitori con al massimo la scuola dell’obbligo, la percentuale di ragazzi che non ha disponibilità di strumenti informatici nel Sud raggiunge il 34%. Non a caso, l’economista
Lucrezia Reichlin parla di «scandalosa chiusura delle scuole. Gli studenti campani non entrano in classe da un anno. È inaccettabile».i