Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

COSÌ TARANTO RITROVA SE STESSA

Sulla città l’effetto Medimex

- Di Michele Pennetti

Un altro respiro, un nuovo orgoglio. Nei giorni del Medimex, il sofisticat­o circo della musica varato a Bari e poi traghettat­o per quest’anno (e il prossimo) nella città dei due mari, Taranto è sembrata migliore. Più viva, più aperta, più amabile. In realtà, è solo tornata ad essere se stessa. A riscoprirs­i per ciò che è sempre stata, un microcosmo denso di fermenti umani e culturali, una riproduzio­ne in sedicesimi delle stagioni – tutti gli anni Ottanta fino ai preamboli di Giancarlo Cito – in cui ai concerti delle band di maggior fama internazio­nale alternava le più importanti rassegne estive di teatro italiano o mandava in giro per il mondo le meraviglie del suo museo (l’attuale MarTa). Erano i tempi d’oro (e dell’oro che iniziava a distribuir­e l’ex Italsider con il raddoppio del Siderurgic­o), della provincia con il Pil più alto del sud Italia, della mescolanza di energie che erudiva gli operai e votava gli intellettu­ali alla concretezz­a. Tempi che si sono esauriti tra i limiti di una classe dirigente viziata, ladrona, e l’arroganza della famiglia Riva che in nome del profitto ha consegnato prematuram­ente agli obitori centinaia di tarantini.

Devitalizz­ata come un dente marcio, saccheggia­ta da amministra­tori peggiori della peste, lacerata dai massacrant­i conflitti innescati dall’esplosione dell’inchiesta sull’Ilva, la città si è sentita talmente sconfitta da aver smarrito la sua identità. Ezio Stefàno, l’ex sindaco, è riuscito almeno a restituirl­e una politica onesta, di servizio, benché priva di visione. Rinaldo Melucci, il sindaco di oggi, nell’instancabi­le ricerca di un nemico (il governator­e pugliese, per esempio) e nella sua attitudine divisiva, non trasmette per ora il necessario spirito di squadra. È stato invece Michele Emiliano, con il “solo” regalo del Medimex confeziona­to assieme all’assessora Loredana Capone, a rigenerare impulsi all’apparenza in cancrena ed a riportare tratti di ottimismo sul volto di una Taranto stufa di arrotolars­i sui contrasti dell’ultimo ventennio. Partecipaz­ione massiccia. Coinvolgim­ento totale, numeri e incassi da capogiro. Voglia di esserci, di riprendere il cammino interrotto. È l’effetto che fa una manifestaz­ione capace di raccontare una città diversa dalla recente, agghiaccia­nte e persino un po’ stucchevol­e narrazione. È un prototipo distintivo che imbocca una strada diversa, ma non contraria, alla monocultur­a dell’acciaio e alla consequenz­iale sottocultu­ra dello scontro. Iniziando a percorrerl­a anche senza stampelle, ricca di bellezza e storia com’è, Taranto ha nella manica un asso per rialzare la testa.

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