Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
UNA BARI CHE NON TI ASPETTI
«ABari sono stata felice e mi hanno accolto tutti benissimo. Ricordo i silenzi, la spiaggia, il mare, il clima. È stato come essere a Napoli, la città del mio cuore»: sono parole di Sofia Loren, protagonista del film La vita davanti a sé, da qualche giorno in distribuzione su Netflix. Se amate la Bari di panzerotti, focaccia, polpi e birra “sudata” non è un film adatto a voi. Ma anche se amate la Bari sguaiata, urlante e muscolare, lasciate perdere.
Quella di questo film è una Bari in cui la miseria si intreccia con la nobiltà della solidarietà. Narra le vicende di un ragazzino extracomunitario e di una ex prostituta che, avanti negli anni, prende in “affidamento” i figli di chi vive sulla strada. Apparentemente lo fa per soldi, ma la tremolante tenerezza della Loren fa giustizia del mercimonio, lasciando che, frame dopo frame, affiori la sua singolare figura di educatrice. Storie di vita e di relazioni nell’appartamento di un antico palazzotto a ridosso di via Zuppetta (storica via che negli anni ‘70 le prostitute le ospitava davvero) in quella zona che un tempo rappresentava la linea di confine tra il popoloso e popolare quartiere Madonnella e l’elegante centro cittadino. Al solito sul film sono piovute opinioni contrastanti tra critici cinematografici facebookiani con la stroncatura nei polpastrelli e adulatori (soprattutto da chi è vinto dalla nostalgia di vivere lontano da Bari) che per la Loren prevedono persino l’Oscar.
Sullo sfondo c’è Bari. Ed è lì silenziosa, calda, talvolta persino raggiante nelle immagini dove il mare all’orizzonte si fonde con il cielo. È una Bari che appare divincolata dal cliché della sua lingua dialettale storpiata, delle orecchiette e dei polpi di cui l’Italia ha fatto indigestione, della birra gelata da congestione. È una Bari discreta, invisibile ai più. Una Bari che scopre nei vicoli della sua Città Vecchia le radici di un’educazione millenaria votata all’accoglienza, alla tolleranza (per una volta senza far ricorso a San Nicola), alla convivenza e non solo vittima degli abusi e dei soprusi dei clan.
È una faccia della medaglia cittadina che in qualche modo prova ad emergere. È la punta dell’iceberg di una popolazione che si è rintanata, ben prima del coronavirus, per l’evanescenza della politica, l’esuberanza della criminalità, l’interessata e colpevole inconcludenza della sua classe dirigente burocratica e finanziaria.
È quella Bari laboriosa che parla poco, che probabilmente non costituisce la maggioranza cittadina, ma che vorrebbe smarcarsi da dinamiche parolaie e affaristiche che, al di là delle promesse vuote e della proiezione immaginifica della propaganda, ci condannano sempre agli ultimi posti delle classifiche sulla qualità della vita. Abbiamo di che meditare.