Ricciardi: «Vaccini, i tempi trentini non sono compatibili con la legge»
Ricciardi (Iss) bacchetta la scelta trentina: «Bolzano e Rimini preoccupano»
«Vaccini, sanzioni rimandate? I tempi trentini non sono compatibili con la legge». Si esprime così Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità. Ad ogni modo le situazioni che preoccupano di più sono quelle di Bolzano e Rimini. Ricciardi sarà questa sera a Trento.
TRENTO Premette di non conoscere nel dettaglio il provvedimento della Provincia di Trento, ma che la scadenza del 10 marzo per adeguarsi agli obblighi vaccinali venga prolungata fino alla fine dei colloqui informativi con gli inadempienti non lo convince: «Questi tempi non mi sembrano compatibili con la legge» osserva il presidente dell’Istituto superiore di sanità Walter Ricciardi, che interverrà questa sera al convegno «Vaccinar…si perché è importante», organizzato dal Lions Club Trento Clesio e moderato dal direttore del Corriere del Trentino Enrico Franco. «Il nostro obiettivo è cercare di fare chiarezza su una tematica molto sentita e dibattuta — spiega il presidente del club Andrea Bolner — Già da un anno esiste un progetto a livello nazionale». L’appuntamento è alle 20.30 al cinema Roma.
Professor Ricciardi, sabato è scaduto il termine a disposizione delle famiglie per mettere in regola i figli con le indicazioni ministeriali sulle vaccinazioni. In Trentino l’Azienda sanitaria sta conducendo i colloqui informativi con i genitori dei bambini non conformi agli obblighi vaccinali garantendo, nel frattempo, a tutti, la frequenza di scuole e servizi per l’infanzia in attesa che venga terminata la procedura e ci vorrà qualche mese: potrebbe, insomma, arrivare maggio e a stretto giro la fine dell’anno scolastico. Eventuali provvedimenti, inoltre, saranno comunicati a tutti nello stesso momento e solo al termine dei colloqui. Come commenta questa situazione?
«Non conosco il provvedimento nello specifico, non voglio entrare nel merito della questione, però la legge è chiara e dice che da oggi (ieri per chi legge, ndr) per coloro che non sono vaccinati o non hanno prodotto un’attestazione che certifichi il fatto che sono in procinto di farlo, si apre una procedura informativa ma anche di preclusione alla frequenza della scuola. Questi tempi non mi sembrano compatibili con la legge».
Può spiegare per quale motivo si è deciso in Italia di rendere obbligatori 10 vaccini?
«Perché proteggono da patologie per le quali c’è la preoccupazione o di un già realizzato ritorno in termini epidemici, come il morbillo, o di una concreta possibilità di ritorno, come la difterite. Io sarei stato favorevole a una copertura ancora più ampia».
In Italia c’è una situazione epidemica?
«C’è stata, nel 2017. La più allarmante in Europa insieme a quella della Romania e fra le cinque più allarmanti al mondo per quanto riguarda il morbillo. Solo Afghanistan, Pakistan e Nigeria hanno fatto registrare più casi di noi. Quest’anno stiamo vivendo la coda dell’epidemia: nel 2017 a questa data si erano verificati più di mille casi, oggi siamo circa a cento».
A sette mesi dall’entrata in vigore del decreto vaccini quali sono i risultati raggiunti in termini di copertura?
«Per l’esavalente la media italiana dei bambini vaccinati supera il 95%, che è la soglia di sicurezza che permette l’immunità di gregge. Per morbillo, rosolia, parotite e varicella la media si attesta al 90%, ma partivamo dall’81%. Ci sono differenze fra le regioni ovviamente, ma tutte si sono mosse verso l’alto: le aree che destano preoccupazione sono la provincia di Bolzano e la zona intorno a Rimini».
Come mai, secondo lei, ci sono state tutte queste resistenze di fronte all’obbligatorietà e sembra si abbia più paura dei vaccini stessi che delle malattie?
«Di fatto i vaccini nel passato, essendo stati somministrati su larga scala, hanno ridotto le malattie al punto che se ne è persa la memoria storica, si è pensato fossero scomparse. A questo vanno aggiunte le informazioni sbagliate diffuse sulle vaccinazioni, in certi casi addirittura false, amplificate dai media e dai meccanismi dei social network e delle fake news. In realtà questa legge ha fatto sì che si parlasse anche molto di più dell’argomento: prima del decreto i cittadini favorevoli senza esitazioni ai vaccini erano il 70%, oggi sono più del 93%».
Cosa pensa del fatto che, come si è visto anche in questa campagna elettorale, quello dei vaccini sia diventato anche un tema politico da cavalcare?
«È molto brutto, scienza e politica dovrebbero essere alleate, come accade in Germania. Quando si cercano voti di fronte a falsità o inesattezze scientifiche perdono tutti, i politici che dicono cose non vere e i cittadini perché le scelte vengono condizionate da esigenze più di carattere elettorale che scientifico. Per fortuna la verità viene sempre a galla alla fine, però nel frattempo i cittadini ne pagano le conseguenze».