Le «susine pelate» si raccontano Giulia: ho il tumore, voglio sorridere
Cinque ragazze con il sarcoma si raccontano sul web
Un sarcoma non è riuscito spegnere la positività di cinque giovani donne, che condividendo il percorso di chemioterapia sono riuscite a trovare l’una nell’altra la forza «per mettere sulla bilancia delle emozioni anche il sorriso». Un sorriso pubblicato sui social, dai letti dell’ospedale. È così che «le susine pelate» sono diventate in poco tempo un account Instagram con quasi 20mila followers. Tra le protagoniste di questa storia c’è anche la 32enne trentina Giulia De Simone.
TRENTO Instagram lo ha certificato, con quasi 20.000 followers in una settimana il profilo è da influencer. Gli utenti, alcuni anche famosi, hanno subito aggiunto «Le susine pelate» al loro account: cinque ragazze che in una delle prime foto si sono fatte un selfie sul letto di ospedale, sorridenti, con la lingua fuori per fare le boccacce. Sono tutte rasate a zero, perché l’altra certificazione, quella medica, è che tutte hanno un tumore, il sarcoma.
Tra loro c’è anche Giulia De Simone, un’educatrice trentina di 32 anni: «Incredibile, non pensavamo di suscitare tutto questo clamore. Volevamo farci una profilo su Instagram così, per occupare il tempo, per fare gruppo, per condividere tra noi e chi ci è vicino qualche momento allegro». E invece la ribalta è nazionale, e quei sorrisi spopolano in tutto il web.
«Tutte noi siamo arrivate in questa situazione, all’Istituto nazionale tumori di Milano, durante l’emergenza Covid. Entriamo da sole, non può venire nessun altro. Ci siamo trovate qui, a vagare per i corridoi, con il bisogno di stringere legami, di confidarsi, di confrontarsi, per attraversare assieme questi momenti». È nata quella che Giulia definisce una «gang»: «Una piccola gang virtuale composta da noi cinque — Giulietta, Ilaria, Federica, Claudia e Giulia — che si è detta: Perché non mostrarci per quel che siamo facendoci vedere nella nostra normalità? Ora ci scrivono tantissime persone, soprattutto tanti genitori che hanno i figli malati». E chiederanno quale sia la ricetta della felicità che fa sorridere, che fa fare le boccacce, che muove i passi dei balletti che fanno ridere loro stesse: «Se dobbiamo affrontare tutto questo non lo vogliamo fare con il muso lungo, tristi. No, non siamo felici, non è questo che vogliamo dire, ma sulla bilancia delle emozioni vogliamo mettere anche il sorriso». Giulia, che dopo la chemioterapia torna a Trento dalla sua famiglia, racconta cosa significhi «un momento felice»: «Due settimane fa ho fatto lasagne e besciamella ed ero felicissima. Sono pure riuscita a festeggiare il mio compleanno». La felicità è anche il contatto con i figli: «Ho due bimbi, un maschietto di 6 anni e la piccola di 2 e mezzo. Quando sono all’Istituto tumori non li vedo, poi torno e la prima settimana dopo la chemio sono stanchissima. Mi hanno visto piangere, ma anche sorridere. Non nascondo niente ma solo il più grande ha un approccio consapevole alla mia malattia». Giulia cerca comunque la normalità: «Stiamo assieme, faccio la mamma, e ritrovo le energie l’ultima settimana prima della chemio successiva. Con i bimbi sorrido ma mi sentono anche urlare quando mi arrabbio». Vita quotidiana, il più possibile, sempre con l’impegno al sorriso: «”Mamma”, mi ha detto Tommaso: “Mamma, in questi giorni ho pensato che se noi facciamo finta che la tua malattia non ci sia, e facciamo solo le cose belle come essere felici, secondo me la tua malattia se ne va”». La malattia però è lì: «Nella mano destra, una massa piccola, che si è ridotta tanto. Ma è la mano con cui accarezzo i miei figli, i bambini del nido dove lavoro. Che rabbia». La paura, la tristezza, dura un attimo, poi si impone il sorriso: «Passa anche questa, deve passare. Ha ragione Tommaso, se ne va».
Giulia si è mostrata per quello che è, «una paziente seguita al meglio da professionisti veri»: «Quello che facciamo è anche per loro e mi ha fatto piacere leggere il commento di uno di loro che ha scritto “Siete il mio perché”». Nel mondo di Instagram gli influencer cercano un tornaconto: «Per noi è sufficiente che siano in molti a donare all’Istituto tumori».