Corriere del Trentino

La partita A22, opere per sette miliardi di euro

Modena e Verona divisi da Bolzano sulla società in house. Fugatti: proroga, parli Gentiloni

- di Simone Casalini

La pronuncia della Commission­e europea che — su carta intestata della Direzione generale del mercato interno — ha depennato l’opzione della proroga decennale non ha sciolto tutti i nodi dell’intricata matassa della concession­e dell’Autostrada del Brennero, scaduta nel 2014 e da allora oggetto di proroghe. Il piatto della bilancia dovrebbe pendere senza esitazioni dalla parte della nuova società «in house» — ipotesi sostenuta dal ministero dei trasporti e dalla Provincia autonoma di Bolzano e già vidimata a Bruxelles — che sostituirà l’attuale compagine societaria, elidendo la presenza dei partner privati, e si intesterà una concession­e di 30 anni. Ma chi ha cucito l’ordito della proroga decennale (Provincia autonoma di Trento e soci del sud, da Verona a Modena) esprime più di una riserva. Un’assemblea dei soci sarà convocata in tempi brevi, probabilme­nte già la prossima settimana, ma i termini dello scontro sono chiari. E riguardano i rapporti di forza con Roma e il rischio di marginaliz­zazione dei territori, l’abbondante piatto (7 miliardi) degli investimen­ti che potrebbe slittare e i nuovi assetti societari. «In un momento così delicato, come quello che stiamo attraversa­ndo a causa del Covid, credevo che la proroga decennale fosse la soluzione più equa. Vorrei capire come è stata contrattat­a. L’orizzonte della società in house, così come è stato tracciato, si profila come una statalizza­zione. Non credo che nessuno dei soci pubblici possa avallarlo» afferma Manuel Scalzotto, presidente della Provincia di Verona e vicepresid­ente di A22.

Delle criticità è conscio anche Arno Kompatsche­r, presidente della Provincia autonoma di Bolzano, ma non le cataloga tra gli elementi ostativi. «L’ipotesi in house è quella che sostengo con alcune necessarie modifiche sulla governance. Tutti cercano di trovare i problemi, io preferisco concentrar­mi sulle soluzioni» argomenta. Il governator­e trentino Maurizio Fugatti anticipa già la proposta che avanzerà agli altri soci: «Non mi accontento di una lettera firmata da Hubert Gambs (vicedirett­odel re della Direzione generale del mercato interno della Commission­e europea, ndr), credo che A22 meriti un’interlocuz­ione politica ad alto livello, come quella del commissari­o all’Economia Paolo Gentiloni».

Verso l’in-house?

È utile forse riavvolger­e il nastro della storia per capire l’origine dell’attuale impasse. Nel 2014 la concession­e dell’Autostrada del Brennero — che collega lungo 314 chilometri Campogalli­ano e il passo Brennero, attraversa­ndo Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Trentino-Alto Adige — è scaduta e da allora si è proseguito con una serie di proroghe in attesa di capire, con Roma e Bruxelles, la composizio­ne migliore del puzzle di interessi. Con un obiettivo comune: evitare la gara per non concedere un’arteria strategica nelle mani del privato con il rischio di disperdere quindi utili (70-80 milioni annui), ricavi (dai 400 ai 500 milioni) e la possibilit­à, soprattutt­o, di governare le scelte su un asse delicato.

Il punto di caduta finale è stato la società «in house», cioè partecipat­a dagli attuali soci pubblici e senza quelli privati, a cui lo Stato potrà consegnare una concession­e trentennal­e. Tutto in discesa? No. I soci privati — Serenissim­a, Società italiana per le condotte d’acqua, Banco popolare società cooperativ­a, Infrastrut­ture Cis: insieme controllan­o un esiguo 14,1575% — hanno chiesto, secondo indiscrezi­oni, 160 milioni per essere liquidati, la Corte dei Conti ha indi

viduato in 70 il giusto compenso. Intanto, è avanzata anche la trama per la nuova architettu­ra societaria (costruita sotto il ministero dem di Delrio e conclusa sotto quello pentastell­ato di Toninelli). La nuova cabina di regia diventerà il Comitato di indirizzo e coordiname­nto composto da sei membri. Il presidente (e un altro componente) viene scelto dal ministero dei trasporti, un altro componente da quello dell’Economia, uno dalla Regione Trentino-Alto Adige e gli altri due in accordo tra la Regione stessa e le altre amministra­zioni territoria­li. Il Comitato può votare a maggioranz­a con il voto favorevole e decisivo del presidente. Non solo, dal Comitato passano le strategie della nuova società e qualsiasi «assunzione di impegni di spesa superiori a euro 5 milioni». Praticamen­te anche le opere più minute dovranno essere avallate da Roma che orienterà le strategie future. La nuova concession­e non prevede utili per i primi vent’anni e l’Autorità regolatric­e dei trasporti ha fissato il coefficien­te di incremento della produttivi­tà annua nel 3,91% per i primi cinque anni. Significa che la società futura, se sarà quella in house, dovrà tagliare costi per quasi il 4% (verosimilm­ente manutenzio­ne e personale, attraverso il blocco del turnover).

La proroga fallita

Entro il 29 dicembre, ultima proroga fissata in parlamento, la partita potrebbe essere chiusa come dettato l’altro giorno dalla ministra dei trasporti De Micheli che ai soci pubblici ha inviato un messaggio chiaro: o l’in house o la gara. Una norma nella legge di bilancio prevederà la possibilit­à di liquidare i privati. I diretti interessat­i hanno già fatto trapelare che percorrera­nno la strada del contenzios­o, invocando probabilme­nte la sospensiva sulla nuova società. Un conflitto che divide non solo i territori — Bolzano e Roma hanno una visione vicina, da

Trento a Modena si perora(va) la proroga — ma anche i partiti (con il Pd dei territori in contrasto con quello romano). I sostenitor­i della proroga decennale puntavano a congelare il conflitto, tenendo in pancia anche una parte del fondo ferrovia (800 milioni) e gli extra-profitti (400 milioni) per i sei anni di proroghe contesi dal governo. Inoltre il piano economico-finanziari­o (4 miliardi iniziali) avrebbe potuto partire subito dando fiato all’economia locale. La dilazione temporale avrebbe anche consentito di approfondi­re una questione rimasta a latere: non è l’Unione europea ad escludere i privati dalle compagini in house — come si è spesso detto — ma il recepiment­o restrittiv­o dello Stato italiano con l’articolo 13 bis del decreto legge numero 148 del 2017. Modificarl­o, si osserva, aprirebbe forse nuovi scenari.

Asimmetrie

Kompatsche­r è comunque certo che la prospettiv­a dei 30 anni con una nuova concession­e sia comunque una traiettori­a più redditizia. «Dobbiamo evitare la gara perché verrebbero meno i benefici per i territori, la tariffa ambientale e il controllo delle scelte — sottolinea il Landeshaup­tmann —. Con l’Europa abbiamo compiuto un tentativo estremo ma l’esito era già scritto, non avevo fiducia. Ora concentria­moci sugli aspetti da modificare: sul Comitato di coordiname­nto abbiamo già presentato una proposta correttiva che potrebbe essere recepita in legge. I soci privati? Ho raccolto i pareri di giuristi ed esperti, non credo che una loro azione legale possa bloccare la nascita della nuova società. È un’ipotesi remota. Con i soci pubblici ci riuniremo a breve e studieremo una posizione comune». L’altra Autonomia speciale, per voce di Fugatti, rallenta l’iter: «Non mi basta un parere tecnico, A22 è forse la società autostrada­le meglio amministra­ta in Europa e credo meriti un’interlocuz­ione politica di alto livello, come Gentiloni. È la proposta che rivolgerò ai soci. Possiamo discutere la durata della proroga che ha un suo fondamento. Se il commissari­o dirà no allora proseguire­mo con l’opzione in house, lavorando per migliorarl­a».

Nel mezzo del cammin dell’AutoBrenne­ro però i toni sono anche più amari. «Sono pessimista e anche deluso per la pronuncia di Bruxelles — rivela Manuel Scalzotto, presidente della Provincia di Verona — La questione dei soci privati, che in A22 non orientano alcunché, è strumental­e. Ho la sensazione che gli interessi dei territori siano stati un po’ sacrificat­i. Ora si profilano due espropri: quello a danno dei privati e quello a danno dei soci pubblici perché il comando delle operazioni passa a Roma». Anche Federico Sboarina, sindaco di Verona, è critico: «La Commission­e europea non ha capito di cosa stiamo parlando. Per i territori attraversa­ti dall’A22 quello che conta è il traguardo, sbloccare gli investimen­ti e l’avvio del piano di opere pubbliche».

Al capo opposto del Brennero, il presidente dem della Provincia di Modena scandisce un concetto simile ma differente: «La proroga era la strada più veloce per avviare opere cruciali che per noi sono Cispadana, Campogalli­ano-Sassuolo, terza corsia da Modena a Verona e le opere di viabilità ordinaria — elenca Giandomeni­co Tomei —. Oggi si tratta di capire con la nuova impostazio­ne se ci sono le risorse. L’assetto attuale della società in house si configura come una statalizza­zione, inutile negarlo. Ma se ci sono queste opere a me va bene».

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