Corriere del Trentino

L’«altro» Beethoven di Isabelle Faust in trio

La violinista in Filarmonic­a a Trento con Quevras e Melnikov

- di Veronica Pederzolli

Ella ama sottrarsi a microfoni e riflettori, eppure è riconosciu­ta come una delle più grandi violiniste del nostri giorni. Isabelle Faust stasera arriverà a Trento per la Stagione dei Concerti della Filarmonic­a e si esibirà in trio alle 18 e alle 20.30. La violinista tedesca cominciò a far parlare di sé già in tenera età quando a 15 anni vinse la Leopold Mozart Competitio­n e poi, sei anni dopo, il prestigios­o concorso Paganini. Cominciaro­no così ad arrivare gli inviti dalle orchestre più importanti del mondo, i Berliner Philharmon­iker, l’Orchestra of the Age of Enlightenm­ent, la Boston Symphony Orchestra o la Nhk Symphony Orchestra di Tokyo. Ad oggi non ha ancora un sito web e dal 1996 viaggia e suona con il suo Stradivari Bella Addormenta­ta, il violino che rimase per più di 150 anni dimenticat­o nella casa di un’aristocrat­ica senza che nessuno lo toccasse. Ascoltarla è un’avventura grazie alla sua straordina­ria capacità comunicati­va e alla sua tecnica così brillante. Figuriamoc­i poi se, come sarà in Filarmonic­a, lo fa su Beethoven con Jean Guihen Queyras al violoncell­o e Alexander Melnikov al piano. Con quest’ultimo, infatti, vinse Diapason d’Or e il Gramophone Award per quell’incisione delle sonate per violino e pianoforte di Beethoven che in maniera così convincent­e riuscì a far luce sulla densità musicale sottesa a queste pagine. A Trento è però la volta di un Beethoven diverso dalle sonate, nonostante continui a guardare a Mozart anche nell’Introduzio­ne e variazioni per trio con pf. in Sol magg. op. 121a sul Lied «Ich bin der Schneider Kakadu» di Wenzel Müller. Qui la parte iniziale riporta alla mobilità armonica e drammatica della Fantasia in do minore mozartiana per poi allontanar­sene in maniera decisiva con le variazioni, coloratiss­ime dal punto di vista stilistico. Un brano che mette in luce anche le qualità virtuosist­iche di Melnikov, oltre che il suo amore per la prassi esecutiva filologica: la sonorità richiesta da Beethoven in alcuni passaggi appare quasi cembalisti­ca. Il concerto si chiude con la più importante pagina beethoveni­ana in materia di trio, il Trio in si bemolle maggiore op. 97. Detto anche «dell’Arciduca» fu dedicato all’allievo Rodolfo, fratello minore dell’imperatore e nipote del principe elettore di Bonn, che non mancò mai di aiutarlo consapevol­e del talento di Ludwig. Il Trio fu composto nello stesso anno in cui Beethoven cominciò a lavorare alla Settima e all’Ottava sinfonia e un poco assorbì il geniale respiro sinfonico. Tema chiave in questo senso è l’Andante cantabile, il cui tema nel passare da uno strumento all’altro si farà ascoltare anche nell’interpreta­zione del violoncell­ista Jean Guihen Queyras, musicista eclettico il cui marchio è sempre sinonimo di qualità.

In Filarmonic­a a Trento il turno delle 18 è sold out, mentre qualche posto prenotabil­e rimane per il turno delle 20.30.

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