«La mafia ricicla i soldi, prevenire è necessario»
Gli operai erano pagati in nero e costretti alla fame Morello voleva portare Salvini in un’azienda di Riva
Prevenire, partendo dal basso. L’ex procuratore Stefano Dragone suggerisce come diagnosticare eventuali «anomalie».
Accumulavano denaro
TRENTO prelevando e spolpando le società in difficoltà economica attraverso lo sfruttamento dei lavoratori, in larga parte sottopagati. E nel frattempo cercavano — spesso senza successo — di raggiungere quel punto d’incontro tra gli interessi della politica e della criminalità organizzata. In una conversazione intercettata dai Ros dei carabinieri uno dei sodali dice a un altro che avrebbero fatto «bingo» se fossero riusciti a portare l’allora vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini a visitare un’azienda di Riva del Garda. Un mondo di mezzo che era fatto però anche di cene, incontri e telefonate, tutte lecite e non penalmente rilevanti, con medici e giudici di spicco, oltre che con i politici trentini.
Lo sfruttamento
Questo è il quadro — tutto ancora da verificare in ambito processuale — che emerge dall’inchiesta Perfido coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Trento, che ha scoperchiato una presunta cellula ‘ndranghetista ramificata in val di Cembra già a partire dagli anni Ottanta e operante in particolare nel settore del porfido. L’estrazione e la lavorazione dell’«oro rosso» erano infatti la principale fonte reddituale del sodale. Ciò si spiega — stando alla ricostruzione degli inquirenti — con il trattamento riservato ai lavoratori, quasi tutti cinesi, pagati spesso in nero e quasi sempre con ritardi tali da costringere le relative famiglie a patire la fame e gli operai stessi a dormire all’interno dei veicoli. Per lucrare sui salari gli imprenditori del porfido avrebbero adottato un sistema ben preciso: i dipendenti venivano costretti a incassare la paga alla sede della banca con il datore di lavoro in modo tale che quest’ultimo avrebbe poi potuto trattenersi una quota senza dare adito a possibili contestazioni. Oppure venivano sfruttati i sussidi statali dei lavoratori, in particolare la cassa integrazione dell’Inps, per evitare di pagare stipendio e contributi. Per riduzione in schiavitù, sono indagati Arafat Mustafa, Giuprenditore seppe Battaglia, Pietro Battaglia, Mario Giuseppe Nania e Giovanna Casagranda.
Contatti con la politica
Secondo l’accusa però il sodalizio aveva anche un lato presentabile ed accreditabile. L’effetto «double face» nasceva dai rapporti che figure come Domenico Morello (im
del settore della logistica) Giuseppe Paviglianiti (presidente dell’associazione culturale Magna Grecia) e Giulio Carini (noto imprenditore edile di Arco) riuscivano/cercavano/si vantavano di avere con il mondo politico, e non solo. In un’intercettazione si vede Domenico Morello che vorrebbe provare a entrare in contatto con alcuni esponenti politici provinciali di spicco per organizzare un incontro con l’allora vicepremier Matteo Salvini, in vista del suo imminente arrivo in Trentino. L’idea era di fargli fare una visita a un’azienda di Riva di Garda, cosa che poi non accadde. Oppure in un’altra conversazione, tra Giulio Carini e un illustre medico di Trento, emerge la volontà del presunto sodale di interloquire con il vicepresidente della Provincia Mario Tonina (senza successo). Secondo il medico «l’unico là dentro assieme a Fugatti che mantiene un po’ in piedi la baracca, mentre tutti gli altri sono una banda di disperati».
Cene con giudici
Oltre alla politica, ci sono anche altri ambiti istituzionali in cui si sarebbero mossi in passato alcune delle persone arrestata. Dalle intercettazioni ambientali condotte dai Ros dei carabinieri emergono infatti anche cene o pranzi con persone che ricoprono importanti ruoli istituzionali, come militari o due magistrati. A una di questa partecipa anche un politico. Gli inquirenti adombrano che lo scopo del presunto mafioso fosse quello di sondare la sua posizione processuale. Ma non è niente di certo. Rimane il fatto che ci fossero frequentazioni tra le persone oggi arrestate e importanti figure rilevanti della società civile. Anche se di istituzionale avevano poco le cene, visto che «si cucinava la capra». Si tratta ora di capire se tali rapporti o comportamenti — non penalmente rilevanti — potrebbero essere oggetto di esame da parte della magistratura. In questo caso a occuparsene, per un discorso di incompatibilità ambientale, sarà la Procura di Trieste.