CITTÀ, COLLETTIVI TEMPO E METODO
Le città contemporanee sono sistemi complessi, corpi vivi. Reagiscono alle dinamiche sociali, economiche e politiche con modalità ed effetti non sempre prevedibili.
Le città contemporanee sono sistemi complessi, corpi vivi. Reagiscono alle dinamiche sociali, economiche e politiche con modalità ed effetti non sempre prevedibili. La metafora del corpo umano, che comunemente utilizziamo nella narrazione della città descrivendone il centro come il suo cuore pulsante, le reti infrastrutturali come le sue arterie e il suo sistema nervoso, risulta molto efficace per comprendere come le diverse parti di un insieme sono strettamente legate e dipendenti le une dalle altre.
Conoscendo il nostro corpo sappiamo bene che ci manda dei segnali. Un dolore ad un organo può essere causato da diversi fattori. Un’emicrania, ad esempio, può essere una reazione a qualcosa che abbiamo ingerito. Allo stesso modo, la città reagisce alle trasformazioni anche di una sola sua parte con conseguenze che interessano tutto il sistema cittadino. La riconversione di un quartiere periferico, o la concentrazione di alcune attività commerciali, possono portare a ripercussioni strutturali che interessano l’intero impianto sociale, economico e viabilistico.
La storia della città, così come quella della sua pianificazione, ci hanno infatti insegnato che una città non può essere immaginata e trasformata per parti. Serve un’idea complessiva capace di guidare coerentemente le trasformazioni che ogni momento storico richiede. L’esperienza però ci ha evidenziato anche che l’eccessiva distanza temporale tra la programmazione e l’effettiva attuazione degli interventi necessari per perseguirla, può portare ad una perdita di efficacia dell’ipotesi iniziale. Ecco quindi che il fattore tempo diventa sostanza e soprattutto costituisce un ulteriore livello di difficoltà nell’amministrazione di una realtà urbana.
Sono questi temi e stimoli che coinvolgono la trasformazione della città di Trento dove le sfide e le opportunità non mancano. Risulta però imprescindibile un cambio di approccio capace di interpretare le esigenze e costruire un immaginario che possa far scaturire gli effetti generativi che le trasformazioni possono portare non solamente dentro il perimetro oggetto di intervento ma all’intera città. L’Amministrazione cittadina, pur con la consapevolezza che gli attori che condizionano le dinamiche urbanistiche sono molti, non può rinunciare al suo ruolo di guida delle trasformazioni, facendo prevalere l’interesse collettivo rispetto a quello privato.
Questo è stato forse uno dei limiti nella realizzazione del nuovo quartiere delle Albere, dove il fattore collettivo è passato in secondo piano trasformando l’operazione in un’iniziativa immobiliare privata limitata ai confini dell’areale della ex Michelin, senza governare gli effetti che tale intervento poteva portare alla città.
Oggi la nuova sfida di rigenerazione dell’ex Italcementi a Piedicastello evidenzia gli stessi pericoli. La Provincia di Trento, proprietaria delle aree, attraverso Patrimonio del Trentino ha definito un primo piano di sviluppo, condiviso dal Comune. Per ridare vita al quartiere sono previste numerose funzioni, dal parcheggio di testata ai padiglioni per le esposizioni, dalla partenza della funivia del Bondone alle residenze universitarie e private, infine una parte destinata a parco. Ciò che però risulta evidente è che non si può riavvicinare una parte di città senza immaginare quali possano essere le ripercussioni sulle aree limitrofe.
Per l’attuazione di un intervento di questa portata è necessaria una verifica progettuale e strategica che si ponga in un livello intermedio, tra programmazione e attuazione. Un progetto capace di coinvolgere le due sponde del fiume e fare in modo che la città senta il bisogno di collegarsi con Piedicastello e non solo viceversa. In questo senso devono essere affrontati e risolti alcuni nodi come, ad esempio, il futuro degli spazi di piazzale San Severino e dello stadio Briamasco, verificando anche la possibilità di avvicinare la partenza dell’impianto che collega la città alla montagna. È inoltre necessario attivare un primo passo concreto per collegare le due sponde del fiume, con la realizzazione di un ponte che come ci ha insegnato Alexander Langer può avere un ruolo simbolico e fondativo.
Certo svolgere il ruolo di osservatori può essere facile rispetto alla responsabilità di chi governa la città. Ma forse il punto sta proprio qui, nella necessità di ridurre la distanza tra osservatori e osservati, attivando un processo di ascolto e coinvolgimento attivo. Garantendo che le scelte siano risposte a reali necessità.
Alla nuova Amministrazione comunale guidata da Franco Ianeselli e la sua giunta appena insediata aspettano molte sfide, ma la prima è proprio quella del metodo di lavoro che si saprà dare.