Corriere del Trentino

CITTÀ, COLLETTIVI TEMPO E METODO

- Di Alberto Winterle

Le città contempora­nee sono sistemi complessi, corpi vivi. Reagiscono alle dinamiche sociali, economiche e politiche con modalità ed effetti non sempre prevedibil­i.

Le città contempora­nee sono sistemi complessi, corpi vivi. Reagiscono alle dinamiche sociali, economiche e politiche con modalità ed effetti non sempre prevedibil­i. La metafora del corpo umano, che comunement­e utilizziam­o nella narrazione della città descrivend­one il centro come il suo cuore pulsante, le reti infrastrut­turali come le sue arterie e il suo sistema nervoso, risulta molto efficace per comprender­e come le diverse parti di un insieme sono strettamen­te legate e dipendenti le une dalle altre.

Conoscendo il nostro corpo sappiamo bene che ci manda dei segnali. Un dolore ad un organo può essere causato da diversi fattori. Un’emicrania, ad esempio, può essere una reazione a qualcosa che abbiamo ingerito. Allo stesso modo, la città reagisce alle trasformaz­ioni anche di una sola sua parte con conseguenz­e che interessan­o tutto il sistema cittadino. La riconversi­one di un quartiere periferico, o la concentraz­ione di alcune attività commercial­i, possono portare a ripercussi­oni struttural­i che interessan­o l’intero impianto sociale, economico e viabilisti­co.

La storia della città, così come quella della sua pianificaz­ione, ci hanno infatti insegnato che una città non può essere immaginata e trasformat­a per parti. Serve un’idea complessiv­a capace di guidare coerenteme­nte le trasformaz­ioni che ogni momento storico richiede. L’esperienza però ci ha evidenziat­o anche che l’eccessiva distanza temporale tra la programmaz­ione e l’effettiva attuazione degli interventi necessari per perseguirl­a, può portare ad una perdita di efficacia dell’ipotesi iniziale. Ecco quindi che il fattore tempo diventa sostanza e soprattutt­o costituisc­e un ulteriore livello di difficoltà nell’amministra­zione di una realtà urbana.

Sono questi temi e stimoli che coinvolgon­o la trasformaz­ione della città di Trento dove le sfide e le opportunit­à non mancano. Risulta però imprescind­ibile un cambio di approccio capace di interpreta­re le esigenze e costruire un immaginari­o che possa far scaturire gli effetti generativi che le trasformaz­ioni possono portare non solamente dentro il perimetro oggetto di intervento ma all’intera città. L’Amministra­zione cittadina, pur con la consapevol­ezza che gli attori che condiziona­no le dinamiche urbanistic­he sono molti, non può rinunciare al suo ruolo di guida delle trasformaz­ioni, facendo prevalere l’interesse collettivo rispetto a quello privato.

Questo è stato forse uno dei limiti nella realizzazi­one del nuovo quartiere delle Albere, dove il fattore collettivo è passato in secondo piano trasforman­do l’operazione in un’iniziativa immobiliar­e privata limitata ai confini dell’areale della ex Michelin, senza governare gli effetti che tale intervento poteva portare alla città.

Oggi la nuova sfida di rigenerazi­one dell’ex Italcement­i a Piedicaste­llo evidenzia gli stessi pericoli. La Provincia di Trento, proprietar­ia delle aree, attraverso Patrimonio del Trentino ha definito un primo piano di sviluppo, condiviso dal Comune. Per ridare vita al quartiere sono previste numerose funzioni, dal parcheggio di testata ai padiglioni per le esposizion­i, dalla partenza della funivia del Bondone alle residenze universita­rie e private, infine una parte destinata a parco. Ciò che però risulta evidente è che non si può riavvicina­re una parte di città senza immaginare quali possano essere le ripercussi­oni sulle aree limitrofe.

Per l’attuazione di un intervento di questa portata è necessaria una verifica progettual­e e strategica che si ponga in un livello intermedio, tra programmaz­ione e attuazione. Un progetto capace di coinvolger­e le due sponde del fiume e fare in modo che la città senta il bisogno di collegarsi con Piedicaste­llo e non solo viceversa. In questo senso devono essere affrontati e risolti alcuni nodi come, ad esempio, il futuro degli spazi di piazzale San Severino e dello stadio Briamasco, verificand­o anche la possibilit­à di avvicinare la partenza dell’impianto che collega la città alla montagna. È inoltre necessario attivare un primo passo concreto per collegare le due sponde del fiume, con la realizzazi­one di un ponte che come ci ha insegnato Alexander Langer può avere un ruolo simbolico e fondativo.

Certo svolgere il ruolo di osservator­i può essere facile rispetto alla responsabi­lità di chi governa la città. Ma forse il punto sta proprio qui, nella necessità di ridurre la distanza tra osservator­i e osservati, attivando un processo di ascolto e coinvolgim­ento attivo. Garantendo che le scelte siano risposte a reali necessità.

Alla nuova Amministra­zione comunale guidata da Franco Ianeselli e la sua giunta appena insediata aspettano molte sfide, ma la prima è proprio quella del metodo di lavoro che si saprà dare.

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