Pattinatrici morte sull’A22: chiesti 4 milioni al camionista
Citata come responsabile civile l’Allianz. I procedimenti saranno riuniti
Nel giorno dell’apertura del processo per la morte delle due pattinatrici, Gioia Virginia Casciani, 9 anni e Ginevra Barra Bajetto, 17 anni, decedute in un incidente in A22 a ottobre 2017, scendono nuovamente in campo le parti civili. Chiesti 4 milioni al camionista. Citata l’Allianz come responsabile civile.
Saranno riuniti i due procedimenti a carico del camionista Alberto Marchetti, coinvolto nel terribile incidente dell’ottobre 2017 in A22 all’altezza di Mattarello costato la vita alle due giovanissime promesse del pattinaggio Gioia Virginia Casciani di 9 anni e Ginevra Barra Bajetto di 17 anni, e della madre di una delle due ragazzine, Monica Lorenzatti di Villarbasse, in provincia di Torino, che era al volante di una Ford Focus era piombata contro il tir. Nello schianto perse la vita anche la sorella gemella di Monica, Graziella, morta in ospedale venti mesi dopo.
Lo chiedono le parti civili e la difesa della madre della pattinatrice, rappresentata dall’avvocato Claudio Tasin, che ieri mattina davanti al giudice Elena Farhat, nel processo dibattimentale a carico del camionista, hanno presentato istanza per la citazione del responsabile civile, ossia l’Allianz spa. I due imputati inizialmente avevano preso due strade processuali diverse, ma ora i due procedimenti verranno probabilmente riuniti. Si dovrà attendere l’udienza di novembre a carico di Lorenzetti, ma nel frattempo ieri il processo che vede il camionista imputato per omicidio stradale pluriaggravato è stato aperto e poi rinviato al 16 dicembre. Il difensore di Marchetti, l’avvocato Giulio Garuti,
ha sollevato un difetto di notifica. Processo rinviato dunque, si va a dicembre e allora si saprà se anche il destino della madre di Gioia si deciderà davanti al giudice Farhat.
La donna è imputata, ma figura anche come parte civile insieme al marito, Antonio
Casciani, che chiedono 1,2 milioni di euro di danni patrimoniali e non patrimoniali. Altri tre milioni di danni è la richiesta avanzata dall’avvocata Karol Pescosta che rappresenta l’altro ramo della famiglia, quello dei parenti di Graziella Loranzatti e del marito, la sorella Elena, i nonni materni e la nonna paterna, gli zii e i cugini di Virginia. Entrambe le famiglie si sono costituite parte civile contro il camionista per il quale, però, in un primo momento la Procura aveva chiesto l’archiviazione e poi in udienza preliminare il non luogo a procedere. Ma il gup Claudia Miori aveva condiviso le conclusioni dei periti delle parti civili e aveva disposto l’imputazione coatta. Secondo i consulenti di parte il camionista aveva frenato bruscamente, passando in soli cinque secondi da 90 a 7 chilometri orari, inoltre le luci degli stop non funzionavano quindi Monica Lorenzatti non avrebbe potuto in alcun modo prevedere l’improvvisa frenata ed evitare il violento impatto. «La frenata d’emergenza realizzata dal camionista — scrive il consulente della famiglia, l’ingegner Fabio Boscolo — impiegando la massima potenza dell’impianto frenante dell’autoarticolato e la mancata attivazione delle luci degli stop, rendeva oggettivamente impossibile evitare l’impatto con il semirimorchio, pur mantenendo una regolare distanza di sicurezza. Senza l’accensione delle luci degli stop occorsero alla signora Lorenzatti non meno di due secondi per percepire che il camion decelerava e almeno un altro secondo per capire che non si trattava di un normale rallentamento ma di una vera e propria frenata di arresto in emergenza».
Dinamica
Lo schianto risale a ottobre 2017. Il camion aveva frenato bruscamente