Il ritorno di Dodicianni «A Bolzano per amore»
Il nuovo lavoro «Discoteche» è una ballata nostalgica e malinconica per pianoforte e voce sulla sua terra d’origine. «Dopo cinque anni di silenzio ho ritrovato la musica»
«C’è un uomo distrutto che vigile guarda / La pista da ballo e la moglie che balla / col prossimo». Inizia così Discoteche, nostalgica e malinconica ballad piano e voce che segna il ritorno alla musica, dopo cinque anni, del cantautore cult e artista Dodicianni, che vive a Bolzano.
Un lustro in cui Andrea Cavallaro, classe ’89 nato a Adria, ha declinato la propria arte in performance e installazioni provocatorie e sorprendenti. Ora il ritorno alle note suonate che lo vede al pianoforte, strumento in cui è diplomato al Conservatorio, e non più alle chitarre come nei due dischi precedenti Canzoni al buio e Puoi tenerti le chiavi.
Il videoclip di «Discoteche» è uscito l’altro giorno. Quando ha composto questa canzone e perché la pubblica ora?
«Nasce dopo un silenzio di cinque anni da cui mi ero staccato dalla musica. Dopo questo periodo ho ritrovato confidenza con il pianoforte, strumento che paradossalmente insegno ma non frequentavo da tempo. Sentivo il bisogno di tornare alle origini. Ora vivo in Alto Adige, in un posto magico vicino a un bosco, ma avverto forte la nostalgia della mia terra d’origine il Polesine. Ho iniziato ad apprezzare quelle dinamiche e quei colori che c’erano nella campagna del Polesine. Tra queste immagini quelle che ho metaforicamente chiamate Discoteche ma che in realtà sono le feste patronali e le sagre».
Alla luce della pandemia in corso, la canzone assume una base malinconica ancora più intensa.
«È un brano scritto prima della pandemia quando erano lontani ancora questi pensieri, però il richiamo non è diretto ma si trova facilmente. La componente nostalgica c’è anche perché quel tipo di convivialità che canto sta scomparendo da tempo».
Perché ha scelto di vivere a
Bolzano, al limitare di un bosco?
«Ho conosciuto mia moglie che è altoatesina a Lussemburgo. Da questo la scelta (per amore) di vivere insieme a Bolzano».
Nella musica così come nelle sue performance di arte contemporanea, la parola ha sempre un ruolo centrale.
«Sono un fanatico delle parole, del loro significato, di come vengono posizionate in una frase, delle sfumature che hanno e possono avere. Negli ultimi anni per l’invasione della trap e del rap, sono finalmente saltati gli schemi di struttura e durata dei pezzi. Così ho potuto prendermi la libertà di affrontare un tema non molto popolare con un testo che utilizza le parole per descrivere microsistemi, immagini e fotografie».
Come convivono musica e arte contemporanea?
«Può sembrare siano due cose completamente scollegate, ma le vivo come un unicum. Quando mi viene in mente una performance ho l’identica sensazione di quando ho l’idea per una canzone. È sempre raccontare qualcosa, mettere in discussione sé stessi e il mondo che ci circonda».
Con il ritorno alla canzone, ha ricevuto commenti inaspettati?
«Molti sono rimasti stupiti, il passaggio dalle vecchi produzioni a questa è netto. Il commento più bello me l’ha fatto un amico di quand’erp bambino, mi ha scritto che ascoltando Discoteche si è commosso fino alle lacrime rivivendo la nostra infanzia».