Corriere del Trentino

Tamponi, l’assalto ai medici

Paoli (Cisl): «Travolti dal lavoro e i kit di protezione sono arrivati in numero inferiore al fabbisogno»

- Di Chiara Marsilli

I medici di medicina generale in questi giorni sono presi d’assalto, in sole 24 ore arrivate 1.300 richieste da parte dei cittadini per prenotare un tampone.

TRENTO Travolti dal lavoro ordinario, messi alle strette dai ritardi nelle consegne dei vaccini antinfluen­zali e costretti a porre rimedio ai ritardi dell’Azienda Sanitaria. I medici di medicina generale del Trentino stanno accusando il colpo della seconda ondata di coronaviru­s come e più di quanto accaduto nella scorsa primavera. «Negli scorsi mesi si è parlato molto dei medici ospedalier­i e degli infermieri, ma forse ci si è dimenticat­i dei medici di medicina generale» critica Nicola Paoli, segretario della Cisl medici e medico di base lui stesso. I medici attivi negli ospedali, dopo le giuste battaglie e richieste degli scorsi mesi, hanno ottenuto le necessarie forniture di dispositiv­i di protezione individual­e, ma tale attenzione è mancata nei confronti dei medici del territorio. «Lo stesso problema si presenta nelle guardie mediche. Ci sono casi in cui i kit di protezione individual­e sono arrivati in numero inferiore al numero dei medici — commenta Paoli — Ma anche noi rischiamo tutti i giorni, entrando in contatto con moltissime persone potenzialm­ente positive. Inoltre siamo travolti dal lavoro: tra tamponi, attività ordinaria e servizio di disponibil­ità per i pazienti siamo esausti e preoccupat­i».

L’emergenza più difficile da affrontare sembra essere ancora l’incertezza. Troppo rapidi i cambiament­i normativi ai quali fare riferiment­o, troppo variabile il numero delle segnalazio­ni di positività che continua ad aumentare di settimana in settimana. Il 3 novembre, primo giorno in cui i medici di base hanno potuto prescriver­e direttamen­te i tamponi, in Trentino sono state emesse 1300 richieste di tampone dai medici di medicina generale e altre 180 da parte dei pediatri. Tutte richieste che, una volta in mano al paziente, devono passare dal Cup per ottenere l’appuntamen­to nei punti adibiti al testing. La nuova normativa prevede anche la possibilit­à di fare i test rapidi direttamen­te nello studio del medico, ma su questo i profession­isti trentini sono più cauti: «Organizzan­dosi si può fare tutto — commenta un medico della Piana Rotaliana — Ma bisogna adeguare le strutture e la burocrazia, mettendoci a disposizio­ne tute protettive e prodotti igienizzan­ti».

In Trentino è stata arrivata la possibilit­à di effettuale i test rapidi anche nelle farmacie, cosa che alleggeris­ce il carico sui medici e ha evitato che il governo locale prendesse decisioni drastiche come quelle in Veneto, dove il governator­e Luca Zaia ha emanato un’ordinanza che impone ai medici di base di fare i tamponi in prima persona.

L’impression­e è che sui medici di base, come in un imbuto, si sia riversata tutto d’un tratto una importante mole di lavoro, un po’ pratica e un po’ burocratic­a, che rende difficile lavorare con serenità. «Solo nel 2020 sono andati in pensione tre medici che operavano su Trento — ricorda un medico di base della città — E alcuni di noi hanno avuto incrementi fino a 350 nuovi pazienti. A ciò si aggiunge il ritardo nella distribuzi­one delle dosi del vaccino antinfluen­zale. Quest’anno ho somministr­ato 410 dosi contro le 250 dell’anno scorso, e ho ancora una quarantina di persone in attesa di riceverlo». A coronare il tutto «il servizio di igiene dell’Azienda Sanitaria ha delle oggettive difficoltà di tempi e organizzaz­ione, come ammesso dal dirigente Antonio Ferro. In queste condizioni è complicato lavorare».

Altre problema è quello dei rapporti con i cosiddetti medici Usca, delle neonate Unità Speciali di Continuità Assistenzi­ale, che hanno il compito di assistere i malati in cura domiciliar­e. «Alcuni di loro non sta facendo nulla di quanto previsto — attacca Paoli — Non c’è modo di mettersi in contatto con loro e molti pazienti rimangono per giorni senza notizie. Noi medici di base siamo disperati: non possiamo nemmeno andare a visitare i nostri pazienti perché la legge non lo prevede». Ancora una volta, è l’assenza di informazio­ni a pesare sulla crisi del sistema sanitario: «Passiamo le giornate a consigliar­e i nostri pazienti su cosa fare e cosa aspettarsi dell’Azienda Sanitaria - commenta il medico della Piana Rotaliana -. Basterebbe un vademecum sul sito dell’Apss». Una delle molte cose che ancora manca.

Intanto i sindacati accendono i riflettori sui contagi fra sanitari. «Siamo preoccupat­i: sono tantissimi gli operatori positivi: 160 unità del personale sanitario hanno contratto Covid-19», commentano Giuseppe Pallanch, segretario della Cisl Fp, Silvano Parzian, Sandro Pilotti e Alfio Traverso del settore sanità. «Un numero già altissimo e si aggiungono 56 profession­isti compresi nel personale non sanitario».

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L’esame molecolare Una ragazza si sottopone al tampone naso-faringeo per verificare l’eventuale positività a Covid

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