Mascherine in classe, i genitori insistono: «Obbligo sbagliato»
Protesta dei genitori in piazza Dante: «Sbagliato obbligare i più piccoli a indossarla otto ore»
«Non ci sono le distanze, le mascherine sono un optional». Questo il grido che echeggiava ieri in Piazza Dante, al presidio dei «Genitori per una scuola reale», in protesta contro l’obbligo della mascherina al banco
TRENTO La dirigente della questura chiede a uno degli organizzatori della manifestazione di fare rispettare le prescrizioni anti-contagio ai partecipanti: «Non ci sono le distanze, le mascherine sono un optional». Dal microfono amplificato su piazza Dante — dove ieri si sono radunate molte persone per il presidio dei «Genitori per una scuola reale» — l’organizzatore interviene: «Mio malgrado — afferma un poco riluttante — ve lo devo chiedere. Mantenete le distanze, tenete la mascherina, anche sotto il naso se siete distanti. Anche loro — e il riferimento è alle forze dell’ordine — sono dentro un sistema...». E dallo stesso microfono si alternano le voci dei genitori, preoccupati per i figli «costretti a tenere la mascherina anche per otto ore al giorno». Il papà di Andrea riferisce che un bambino con la mascherina abbassata è stato prima redarguito dai pari e poi dall’insegnante che ha preso il bimbo ad esempio di un cattivo comportamento: «Ma è compito della scuola l’educazione sanitaria? O della famiglia? La scuola — spiega— dovrebbe insegnare lo spirito critico, non imporre idee su cui anche la scienza si divide». Continua spiegando che «le stesse maestre a cui fino a ieri i nostri figli si rivolgevano per sentirsi sicuri», oggi si trasformano «in carcerieri». L’uomo è convinto che «il rischio zero sia impossibile», e che non sia giusto chiedere ai bambini di rispettare regole «che nemmeno gli adulti riescono ad eseguire correttamente». Tra la folla — un centinaio di persone, con punte di oltre 200 nel tempo del presidio che si è svolto dalle 15 fino alle 17.30 — molti genitori, ma anche qualche insegnante: «Insegno alla scuola steineriana, ma sono qui come nonna. Manifesto per l’importanza della relazione con l’alunno, che dovrebbe poter vivere la sua vita senza essere sacrificato per proteggere l’adulto». Una protezione che però potrebbe evitare altri contagi, altre morti: «In marzo ci sono stati meno morti dell’anno prima, e comunque — sostiene — nessuno sa quando sarà il suo momento». Certezze sulla nocività della mascherina anche da parte di un’altra manifestante, meno sulla nocività del virus: «Sicuramente è un virus che provoca effetti — afferma Elena — ma non so di cosa muoiano quelle persone». Più pragmatico il ragionamento di una mamma, al presidio con i due figli piccoli: «Le scuole sono luoghi sicuri, i contagi sono stati pochissimi e circoscritti. Sono rispettate le distanze, le insegnanti sono bravissime nel mantenere i presidi anti-contagio. Il problema sono i trasporti, gli assembramenti fuori dalla scuola. Ma allora perché non si è intervenuti lì invece di creare ancor più disagio ai più piccoli obbligandoli otto ore con la mascherina?».
L’organizzatore, ancora una volta, chiede di rispettare le distanze. Un manifestante si ribella, non ci sta: «Noi sì, ma loro? A questi qua dietro — e indica migranti e senzatetto che siedono sulle panchine dei giardini di piazza Dante — non dice niente nessuno, e non pagano nemmeno le tasse. Anzi, prendono anche i soldi dallo Stato».