Il moscerino e la cimice, guerra silenziosa
Sulle montagne trentine si combatte una guerra silenziosa tra specie autoctone e specie «aliene», tra il moscerino e la cimice. «È un emergenza», spiega il professor Anfora (Fondazione Mach).
TRENTO Sulle nostre montagne si combatte una guerra silenziosa, quasi invisibile eppure cruenta. È una lotta dagli effetti assolutamente tangibili nella nostra società e sul nostro sistema economico. A fronteggiarsi sono animali e vegetali autoctoni, in contrapposizione a specie invasive aliene. I danni che questi esseri viventi di origine esotica creano al nostro ecosistema sono ingenti, ma esistono anche rimedi più o meno efficaci. Ne parliamo con Gianfranco Anfora, professore della Fondazione Mach. «Definiamo specie invasive animali o vegetali che si sono stabiliti sul nostro territorio creando un danno all’ambiente e all’economia. Ci sono specie che non assurgono a questo ruolo e si integrano perfettamente».
Quali sono le specie più dannose presenti sul nostro territorio?
«Il moscerino della frutta drosophila suzukii e la cimice asiatica marmorata sono particolarmente “famosi” e creano parecchi problemi. Quest’ultima in particolare nel 2019 ha provocato danni all’agricoltura in Italia per un valore di 700 milioni. La cimice è un insetto polifago, che attacca moltissimi ospiti. Ha uno stiletto con cui succhia il liquido dal frutto fino a deformarlo, rendendolo inservibile dal punto di vista commerciale. Si adatta a diversi ambienti e per noi è un problema importante, per esempio nelle colture del melo in val di Non».
Il fenomeno delle specie invasive è meno recente di quanto si possa supporre.
«Oggi fronteggiamo la più grande emergenza fitosanitaria dai tempi della fillossera della vite. A inizio ‘900 questo insetto decimò i nostri vigneti. Il recupero fu lento e si trovò la soluzione con l’innesto delle nostre viti su piede americano. I vitigni che abbiamo oggi sono frutto di tali innesti. Ormai da un secolo le nostre colture si sono modificate in tal senso».
L’emergenza è globale?
«Assolutamente. La globalizzazione è il driver più importante e in tutti i miei interventi sottolineo che il fenomeno è reciproco, per evitare che monti l’intolleranza. In Asia e in Nuova Zelanda per esempio sono molto preoccupati delle specie che arrivano dall’Europa».
Come combattere la cimice asiatica?
«Ad oggi si sta tentando di contenere l’emergenza: trattamenti con agrofarmaci e soluzioni meccaniche come le reti anti insetto. Ma le soluzioni a lungo termine riguardano la lotta biologica: finalmente anche in Italia abbiamo una normativa che consente il contrasto alle specie invasive in questo senso. Selezioniamo animali antagonisti e li introduciamo nell’ambiente. Ovviamente dobbiamo prima valutare i rischi collaterali: conduciamo esperimenti preliminari in laboratorio, in strutture da quarantena».
A che punto è la ricerca sulla cimice?
«C’è un piano nazionale e stiamo organizzando la fase di rilascio per la prossima estate. È stato selezionato un nemico naturale della cimice: la vespa samurai, una piccola vespa delle dimensioni di circa un millimetro e mezzo. Depone le uova dentro le larve della cimice: le larve della vespa si sviluppano a discapito di quelle della cimice. La vespa poi si adatta bene al nostro ambiente. Sceglie quasi esclusivamente la cimice asiatica: ma anche quando attacca la cimice tradizionale nel bilancio costi benefici il rischio è trascurabile».
Ci sono stati fallimenti di questa strategia in passato?
«Alcuni casi, come quello della coccinella harmonia axyridis, introdotta come agente di bio controllo di afidi. Cominciava a soppiantare le coccinelle locali. Ha destato molte preoccupazioni, è un danno per l’uva e nei grappoli trasmette un odore cattivo. Ma per fortuna non sono molti i casi di operazioni fallimentari».
Anche per le specie vegetali ci sono casi conosciuti, come l’ailanto.
«L’ailanto tra l’altro si combina con la cimice asiatica, è una specie che sta occupando molte nicchie ecologiche. Soppianta le specie locali, è ben visibile ai bordi delle strade e delle ferrovie. Anche per l’ailanto il controllo biologico è la strada che si sta intraprendendo, anche se la ricerca chiede ancora tempo. Si sta lavorando a invertebrati e microrganismi che lo possano attaccare. Sono acari e funghi che si cibano della pianta».
Le biotecnologie sarebbero una soluzione valida?
«Se intendiamo organismi geneticamente modificati, a livello europeo non si possono utilizzare, anche se sembrano efficienti. Ma si possono ottenere risultati anche con strategie di confusione sessuale o con interferenze nella comunicazione delle specie invasive».
Scontiamo una diffidenza culturale?
«Negli Stati Uniti c’è più apertura sugli ogm. Senza generalizzare, ci sarebbero casi nei quali sarebbe importante usare le biotecnologie anche da noi. Purtroppo c’è una chiusura culturale, spesso legata anche a un tema politico, di consenso.
Persino in Europa la situazione non è omogenea, ma le specie invasive non sembrano considerare i confini nazionali.
«A livello europeo ci sono delle direttive, ogni Paese le recepisce secondo le proprie sensibilità. Può essere un limite, dal momento che le specie si diffondono in maniera fluida. Bisogna cercare di armonizzare le normative. Ancora più a monte è importante fare sapere alle persone che ci sono tecnologie sicure, lavorare sul piano culturale».
Gianfranco Anfora (Fem)
Il moscerino della frutta, drosophila suzukii, e la cimice asiatica creano molti problemi: quest’ultima nel 2019 ha provocato 700 milioni di danni all’agricoltura in Italia