«Cultura, un’azienda vera che produce Pil e che ha i suoi diritti»
Oss Noser parla della crisi e degli aiuti economici
Asostenere i lavoratori e delle imprese del mondo spettacolo della Provincia autonoma di Trento, fortemente provati dalle chiusure dettate dalla pandemia, è da poco attivo il Fondo straordinario, finanziato con 500mila euro e nato dalla collaborazione del Consiglio provinciale con l’Unione Triveneta Agis, guidata dal presidente Interregionale Franco Oss Noser.
Cosa significa questa misura per il settore dello spettacolo trentino?
«È un aiuto che va ad aggiungersi e a completare il quadro dei ristori messi in atto da parte del Mibact. Il mondo dello spettacolo dal vivo e del cinema ha sofferto e sta soffrendo moltissimo per quella che è una vera e oraria peste.
Al momento chi sta pagando di più le conseguenze sono le sale e i lavoratori intermittenti: i lavoratori a tempo determinato e indeterminato possono accese ad alcuni benefici e chi produce può contare su altri contributi. Ma gli intermittenti che lavorano a progetto e le sale che vivono degli incassi dello sbigliettamento sono in grave crisi».
Le prossime mosse?
«Non molliamo l’osso: vogliamo che siano tutelati anche le categorie più deboli e stiamo lavorando con la Provincia e l’Agis nazionale perché questo accada».
C’è bisogno di un cambio di rotta per il settore in Trentino?
«La nostra battaglia si basa su tre fronti: farsi riconoscere come aziende vere e proprie, al pari di quelle che producono beni durevoli; ottenere il riconoscimento del valore economico di quanto produciamo; sottolineare l’importante reddito indotto da noi generato, dai servizi alle attività turistiche e di ristorazione. La cultura non è solo emozioni e sogni: lo spettatore che esce a cena dopo il film o l’appassionato di musica che viene in Trentino per un concerto generano Pil a livello locale e nazionale».
Ma c’è anche una motivazione che affonda le radici nell’arte?
«Il teatro, il cinema o la performance dal vivo rappresen«È tano oggi gli ultimi luoghi di riflessione collettiva e hanno una funzione di coesione sociale che altri strumenti hanno perso. Anche la messa è un rito, non una riflessione collettiva: applaudire tutti insieme un attore o un cantante crea comunità grazie alla condivisione».
Uno dei temi più delicati del mondo dello spettacolo è la differenziazione tra professionisti e amatori. Come pensate di procedere?
un argomento molto caldo, che questa crisi non ha fatto che enfatizzare. Al momento ogni regione segue le sue regole: se in Veneto non esiste una distinzione tra professionisti e non professionisti, in Trentino, così come in Friuli Venezia Giulia, la norma è volta a tutelare i soli professionisti, vale a dire coloro che vivono della professione e non hanno altri lavori.
Credo sia inoltre necessaria l’istituzione di un albo degli operatori culturali per identificare i professionisti abilitati ed esperti, come già accade in molti altri settori: ma è una decisione che spetta alla Provincia».
Come sarà lo spettacolo dal vivo del futuro?
«Nulla resterà uguale. Dopo la pandemia dovremo abituarci a ragionare non più solo in termini di spettacolo ma anche di mercato. Le produzioni di alto livello dovranno già nascere in una doppia versione, quella per la fruizione dal vivo e quella per la tv. Allo stesso modo i cinema dovranno iniziare a pensare nell’ottica delle piattaforme di streaming. E gli operatori dovrebbero pensare a una modernizzazione anche delle forme di pubblicità e comunicazione, magari con la creazione di un’app per raccogliere tutti gli appuntamenti proposti dal territorio».
Chi soffre ancora di più al momento nel mondo dello spettacolo? Le sale e i lavoratori definiti «ad intermittenza»