RILANCIO IN QUATTRO PUNTI
L’emendamento per liquidare i soci privati di A22, stralciato dalla manovra finanziaria per il parere tecnico contrario della Commissione bilancio del Camera, rientra nel decreto Ristori quater su proposta del governo. Questo rimbalzo tra decreti, non certo una novità nella via italiana alla legislazione, indica quantomeno la determinazione del ministero dei trasporti di mettere un punto in calce ad un tema che si trascina nelle scrivanie del potere da sei anni.
Da quando, cioè, è scaduta la concessione dell’autostrada che congiunge Modena e Brennero, attraversando quattro regioni.
Lo aveva preannunciato la ministra Paola De Micheli nella meticolosa ricostruzione della vicenda contenuta in una nota licenziata venerdì con una postilla finale: l’aut aut ai soci pubblici di accettare l’ipotesi della società in house, interamente pubblica, che vale una concessione per i prossimi 30 anni, pena lo scivolamento verso un’insidiosa gara nel 2021.
Sarà, dunque, la mossa decisiva? Difficile dirlo perché quando si parla della complicata storia del rinnovo della concessione di A22 l’unica certezza è che non vi è certezza. Intanto bisognerà verificare se al nuovo emendamento sarà garantita agibilità politica in Aula o se il parlamento, come pochi giorni fa, lo differirà ad un altro tempo e ad un provvedimento ad hoc. E molto dipenderà anche dalla tenuta delle alleanze politiche, soprattutto all’interno del Partito democratico dove la soluzione prospettata viene da alcuni letta come un pericoloso precedente che può innescare un lungo contenzioso giuridico. Non a caso ieri la tattica della ministra dem ha trovato la sponda non tanto del suo partito ma del Movimento 5 stelle (leggi Fraccaro). Infine, le prove di rimpasto che s’inseguono in questi giorni — interessando anche il dicastero di De Micheli, che gestisce le partite autostradali, Alitalia e in prospettiva molte opere del Recovery Fund — sembra essere stato combustibile nel motore inceppato di una trattativa con tante anomalie, e la cui chiusura porterebbe a chi la ottiene una gratificazione in termini politici e di consenso.
La liquidazione dei soci privati — sono quattro (Serenissima, Infrastrutture Cis, Banco Bpm e Società italiana per Condotte d’Acqua) e detengono poco più del 14% delle quote con un ruolo del tutto marginale —, che qualcuno accosta ad un esproprio, viene proposta sotto forma di emendamento per rispettare il parere della Corte dei Conti che aveva stimato in 70 milioni di euro il valore massimo della loro presenza nella compagine societaria (contro i 160 reclamati dai privati), oltre il quale si configurerebbe un danno erariale. Ma il passaggio parlamentare è anche necessario per cucire intorno alla società di via Berlino un abito sartoriale rispettoso della codificazione italiana della direttiva europea sulle società in house. Una norma che non consente la partecipazione dei privati, a differenza di quanto disposto invece da Bruxelles che lo permette a determinate condizioni (assai in linea con l’attuale geometria sociale di A22).
Pur con il rischio di essere fuori tempo massimo, ci permettiamo di avanzare una modesta proposta dai tempi certi articolata su quattro punti: 1. procedere con una miniproroga (due anni e mezzo) allineando la scadenza della concessione di A22 al termine della legislatura nazionale. Questo consentirebbe di sbloccare subito il Piano degli investimenti (4,1 miliardi) che rischierebbe di essere invece posticipato sia in caso di gara (la ministra colloca lo sblocco al 2023) sia nell’eventualità che un ricorso dei privati contro la liquidazione coatta conduca alla sospensiva del nuovo iter societario; 2. la contestuale istituzione di un Gruppo di lavoro per la definizione della nuova concessione di AutoBrennero, guidato dal Ministero dei trasporti e con una ristretta rappresentanza dei territori interessati, che definisca la strategia più consona per raggiungere l’obiettivo della società in house e della concessione trentennale. Il Gruppo potrebbe valutare di proporre anche una modifica dell’articolo 13-bis del decreto legge 148 del 2017 che non consente la partecipazione dei privati nelle società in house, prevedendola a patto che i privati non abbiano poteri di veto o controllo o influenza sulla società e dovrebbe aprire un’interlocuzione con gli stessi privati (che attualmente non c’è); 3. definire all’interno del Gruppo di lavoro anche quelle modifiche — già individuate dal presidente altoatesino Kompatscher — relative alla governance della futura società in house, fortemente centrata nella capitale, ricalibrando gli equilibri e gli assetti tra Roma e i territori; 4. negoziare tra i soci pubblici di A22 una nuova strategia unitaria che superi le diverse posizioni emerse in questi mesi e dia il segno della volontà di una gestione e visione d’insieme dell’arteria autostradale.
A differenza delle altre, questa miniproroga potrebbe ricevere l’avallo di Bruxelles perché si legherebbe all’esito definitivo della trattativa per la concessione che avrebbe già un possibile punto di caduta finale (la soluzione della società pubblica), ma con la possibilità di azzerare o ridurre le tante, troppe incognite ancora aperte. Infine, la tempistica garantirebbe ministero, governo e parlamento sulla conclusione dell’iter entro la fine della legislatura e così anche le Province autonome e gli enti locale che guidano A22. Una conclusione, magari, senza contenziosi e senza una gara che potrebbe allontanare la gestione di un corridoio così delicato dalle mani del pubblico.