Foja Tonda, il vitigno perduto riscoperto da Albino Armani
TRENTO La storia della cantina Albino Armani ha inizio nella Vallagarina trentina, il 7 dicembre 1607, quando Domenico Armani firmava un documento notarile (custodito presso l’Archivio Storico di Trento) che gli consegnava i terreni con «arbori e vigne» appartenuti al padre Simone. Oggi la Albino Armani Viticoltori dal 1607 è un ambizioso progetto famigliare che produce 1,4 milioni di bottiglie per 40 milioni di euro di fatturato e che conta su cinque tenute e 330 ettari di vigneto: la storica proprietà a Dolcè, in Valdadige, è affiancata da altre tenute in Trentino, in Veneto e in Friuli Venezia Giulia. La produzione tradizionale dell’azienda subisce un cambio di rotta alla fine degli anni ‘80 con l’attuale proprietario Albino Armani che, affiancato dall’eclettico e lungimirante padre Antonio, inizia a mettere in bottiglia le eccellenze della Valdadige, mosso dalla voglia di restituire a questa valle un’identità forte, sperimentando nuovi stili. Tra questi vigneti l’assortimento spazia dalle varietà internazionali (Pinot Grigio, Sauvignon, Pinot Nero e Chardonnay) a quelle autoctone, grazie al grande lavoro di ricerca e selezione svolto da Albino Armani negli ultimi trent’anni, in collaborazione con importanti istituti di ricerca come la Fondazione Mach di San Michele all’Adige, per il recupero e la salvaguardia di varietà ancestrali locali, fino a pochi anni fa a rischio di estinzione. Parliamo in primis del Foja Tonda, nome dialettale della storica uva Casetta, della Valdadige, coltivata anticamente nei territori di Dolcè, Ala e Avio. Abbandonato nel tempo in favore di varietà più richieste e produttive, questo vitigno è stato riscoperto e valorizzato soprattutto grazie ad Armani. Oggi il Foja Tonda è considerato il simbolo dell’azienda: affina 24 mesi in grandi botti di rovere, dove sviluppa la carica aromatica e selvatica che lo rende pieno di personalità, con sentori di prugna secca, marasca, cannella e tabacco che virano in note di sottobosco, a sottolineane l’elegante rusticità. In bocca è morbido e potente, sostenuto da una notevole acidità e persistenza che vira su note terziarie. Le potenzialità di invecchiamento sono interessanti: oltre all’annata in corso, la 2016 (13 euro), abbiamo assaggiato la 2004, un calice elegante, balsamico ed etereo di intrigante complessità. Un vino che vuole essere il simbolo del suo territorio. In quest’ottica si inserisce la volontà della cantina di implementare l’offerta enoturistica: è stata insignita del Global best of wine tourism award.