Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Dazi, la paura delle aziende
Gli Stati Uniti bloccano acciaio e alluminio, a rischio l’agroalimentare già provato dallo stop russo
Gli Usa bloccano acciaio e alluminio e rischia pure l’agroalimentare. I timori delle imprese venete: «Intervenga Bruxelles»
Per dire cosa succederà è ancora presto ma qualche problema di sicuro ci sarà. È il commento che in senso generale viene fatto dai principali player veneti della metallurgia alla notizia dell’introduzione dei dazi americani nelle importazioni di acciaio e alluminio, materiali che arrivano regolarmente alle industrie d’oltreoceano anche dai produttori italiani.
Se negli Usa entrano ogni anno 31 milioni di tonnellate di acciaio dall’estero, il contributo italiano in termini di prodotti e semiprodotti siderurgici, cioè quelli che saranno colpiti dai dazi, lo scorso anno è stato di 505 mila tonnellate. Il presidente, Donald Trump, ha «graziato» i paesi amici Canada e Messico, che valgono otto milioni di tonnellate, e, nelle ultime ore, anche «la grande nazione alleata» Australia. Forse qualcun altro potrà conservare piste preferenziali (pare il privilegio possa essere concesso a chi aumenterà gli investimenti militari a favore della Nato) ma di certo non partner come Cina o Turchia. I quali valgono circa tre milioni di tonnellate che, inevitabilmente, cercheranno sbocchi commerciali altrove, in primis in Europa. «Sparigliare così le carte in un momento in cui il mercato funziona – è il commento di Alessandro Banzato, amministratore delegato di Acciaierie Venete – è qualcosa che non ci voleva, valuteremo nei prossimi giorni come reagire agli inevitabili prossimi assestamenti». Anche se un primo effetto pare sia già stato riscontrato. «Qualcosa sotto forma di rottami metallici importiamo anche noi dagli Usa. Ebbene, la chiusura delle frontiere ha già fatto lievitare i prezzi della materia prima e nel giro di due giorni – conclude Banzato – abbiamo osservato un aumento dell’ordine del 10%». Il pericolo di una maggiore aggressività sui mercati liberi europei da parte di Cina e Turchia è quello sul quale pone l’accento anche Bruno Marzoli, direttore di «Acciaierie di Verona», del gruppo friulano Pittini. «La concorrenza di paesi in cui non esistono certo le norme a tutela del lavoro e le soglie retributive italiane – riflette il dirigente – è naturalmente qualcosa che ci preoccupa. Se poi andiamo a considerare il maggiore costo dell’energia nel nostro Paese, e la natura estremamente energivora della metallurgia, è chiaro che un riversamento di prodotti da Paesi emergenti fino ad oggi assorbiti dagli Usa non può che aggiungere altre inquietudini». A maggior ragione se si tiene conto di quanto abbiano contribuito le esportazioni a far agganciare la ripresa al gruppo friulano. «Il mercato estero per noi vale il 60% - chiude Marzoli – ed è per questo che ci sentiamo più esposti di altri alle manovre americane». Andrea Gabrielli, presidente dell’omonimo gruppo siderurgico di Cittadella, ripone su Bruxelles le aspettative per l’avvio di un dialogo con la Casa Bianca efficace. «L’auspicio è che si possano evitare i dazi almeno verso l’Europa, cioè il mondo occidentale alleato e strategico non meno di quanto lo siano Canada e Messico. Su questo fronte non possiamo pensare di intraprendere politiche se non agganciate a quelle della Ue».
E sarebbe anche un errore pensare che un simile provvedimento unilaterale da parte degli Usa possa rimanere a lungo limitato al solo comparto oggi colpito. Non è un caso se ieri il presidente nazionale di Coldiretti, Roberto Moncalvo, ha esortato chi ne abbia la possibilità a «scongiurare il pericolo di una guerra commerciale che rischia di determinare
Bruno Marzoli (Acciaierie di Verona) Sul mercato si riverseranno i prodotti a prezzi bassi di Cina e Turchia
un effetto valanga sull’economia e sulle relazioni tra Paesi alleati. Gli Usa sono di gran lunga il principale mercato di riferimento per il Made in Italy fuori Ue con un impatto rilevante anche per l’agroalimentare, il quale vale 4 miliardi in esportazioni in crescita del 6% in cibo e bevande». «Mi auguro fortemente che questo non accada – si accoda il leader veneto dell’associazione, Martino Cerantola – visto che siamo reduci da una guerra dei dazi con la Russia rispetto alla quale non abbiamo ancora cicatrizzato tutte le ferite e che al Veneto è costata, solo in frutta e formaggi, qualcosa come tre miliardi di euro. I dazi non hanno mai portato vantaggi a nessuno, piuttosto sarebbero opportune regole più chiare per valorizzare prodotti del territorio. Le barriere doganali non si limitano mai ad un solo prodotto».
Infatti la richiesta che la Ue trasmetterà agli Usa di escludere l’Europa dai dazi su acciaio e alluminio è accompagnata dalla minaccia di ricorso al Wto con il varo di misure di riequilibrio da attivare entro tre mesi. La Ue potrebbe cioè rispondere con la stessa arma su manufatti in ferro, acciaio e ghisa, barche a vela e a motore da diporto, agroalimentari, abiti, cosmetici e motociclette.