Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Fontana: «Casellati la scelta più probabile»

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Il preludio, ieri, con la vignetta di Giannelli in cui Di Maio e Salvini al Vinitaly si mettono di spalle uno contro l’altro, con un bicchiere in mano. «Ma nessuno dei due vuole che l’altro gliela dia a bere». Il vaticinio, alla presentazi­one del suo libro, «Un paese senza leader», ieri alla Banca Popolare di Verona, in un dialogo con l’avvocato Guariente Guarienti. «Domani (oggi per chi legge, ndr) potrebbero al massimo incrociars­i. Ma a quanto pare l’ordine di scuderia per entrambi è di evitarsi fino a quando avranno qualcosa di concreto da dire».

Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, ha pochi dubbi. Per lui quello che in molti hanno già battezzato come «il patto dell’Amarone» non ci sarà. Ma la presenza dei due «aspiranti leader», come li definisce, sarà il suggello di un Vinitaly che torna agli antichi fasti di arena politica oltre che di fiera del vino. «Per la manifestaz­ione e anche per Verona avere i due candidati in marcia d’avviciname­nto alla guida del governo è una cosa importante...». Anche per un Veneto che dopo anni di lamentele per la mancata «rappresent­anza» a Roma, incassa la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati. Colei che per Luciano Fontana incarna anche la soluzione più probabile nella formazione del prossimo esecutivo. «Non sono sicuro - spiega Fontana che ci sia la possibilit­à di un governo M5S-centrodest­ra. Se le cose stanno come sono Salvini dovrebbe rompere con Berlusconi, ma non può rinunciare a quella fetta di eletti. A metà settimana Mattarella prenderà una decisione. O farà un altro giro di consultazi­oni o abbatterà i paletti con l’opzione più probabile, quella di affidare l’incarico proprio alla presidente del Senato. Potrebbe essere una soluzione, visto che non è invisa ai Cinque Stelle che l’hanno votata. In realtà non si capisce se la loro contrariet­à sia solo verso Berlusconi o tutta Forza Italia».

E il Veneto, a questo punto, non solo non sarebbe «orfano», ma diventereb­be quasi un «figlio prediletto». «Tornerebbe protagonis­ta - è l’analisi del direttore -. In parte lo è già, con un governator­e, Luca Zaia, che dopo l’uscita di scena di Maroni è diventato un punto di riferiment­o per l’asse del Nord in nome dell’autonomia. Si riprendere­bbe la centralità politica che da tempo non aveva».

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