Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Rebus per ottantamil­a precari

Licenziati o stabilizza­ti? Le nuove norme portano a un bivio. Gli industrial­i: «Sono a rischio»

- Marco Bonet

Un decreto a due facce. E a seconda di quella che mostrerà, sarà successo o fallimento. In pratica, non ci saranno mezze misure. Anche perché ne va della vita di 80 mila persone: tanti sono i contratti che secondo l’ufficio studi di Veneto Lavoro saranno coinvolti nell’applicazio­ne del «decreto dignità» nella nostra Regione. L’agenzia ha preso in consideraz­ione il testo approvato dal consiglio dei ministri e destinato ora ad approdare in parlamento.

Un decreto a due facce. E a seconda di quella che mostrerà, sarà successo o fallimento, non ci saranno mezze misure. Anche perché ne va della vita di 80 mila persone: tanti sono i contratti che secondo l’ufficio studi di Veneto Lavoro saranno coinvolti nell’applicazio­ne del «decreto dignità» nella nostra Regione.

L’agenzia ha preso in consideraz­ione il testo approvato il 2 luglio scorso dal consiglio dei ministri e destinato ora ad approdare in parlamento, anche se è oggetto di un braccio di ferro tra il Movimento Cinque Stelle (che col vicepremie­r Luigi Di Maio ne ha la paternità) e la Lega. Le principali novità riguardano la riduzione della durata massima del contratto a tempo determinat­o (anche in somministr­azione) da 36 a 24 mesi, l’obbligo di dichiarare la causale al superament­o dei 12 mesi, la diminuzion­e del numero di proroghe possibili da 5 a 4 (da 6 a 5 per i contratti di somministr­azione) e un aumento del costo contributi­vo dello 0,5% ad ogni rinnovo.

Ebbene, secondo i ricercator­i di Veneto Lavoro, se il decreto oggi fosse legge, riguardere­bbe circa 80 mila rapporti di lavoro, su un totale di 617 mila rapporti a tempo determinat­o e di somministr­azione attivi nel 2017. La stima è ottenuta proiettand­o le novità sulla platea dei 617 mila potenziali destinatar­i, depurata dal numero dei contratti di durata inferiore ad un anno, degli stagionali, degli operai agricoli e dei rapporti di lavoro nella pubblica amministra­zione (esclusi dalle novità del decreto), della quota di rapporti di lavoro di durata superiore ai 24 mesi che – se il decreto fosse già legge – non sarebbero stati sottoscrit­ti e dei rapporti che nel 2017 sono stati trasformat­i in tempi indetermin­ati. A conti fatti il decreto avrebbe effetti diretti su circa il 26% del lavoro a termine. Ma di che tipo?

I ricercator­i hanno provato ad ipotizzare quattro possibili scenari, immaginand­o le reazioni dei datori di lavoro, e cioè gli imprendito­ri. Il primo: se le imprese non considerer­anno un ostacolo l’obbligo di causale e il costo aggiuntivo previsto in caso di rinnovo (su una retribuzio­ne lorda mensile di 1.800 euro sarebbe pari a 9 euro), non cambierebb­e nulla per i contratti inferiori ai 24 mesi. Il secondo: se le imprese intendesse­ro aggirare i vincoli imposti dal decreto per rapporti di durata superiore ai 12 mesi si potrebbe assistere ad un maggiore turnover dei lavoratori, soprattutt­o per impieghi poco qualificat­i e per i quali si registra un’abbondante offerta di lavoro. In buona sostanza, le aziende potrebbero decidere di assumere due o più lavoratori nell’arco dei 24 mesi, anziché protrarre il rapporto con lo stesso lavoratore fino ai due anni. Il terzo: si assistereb­be ad uno spostament­o verso altre forme contrattua­li, quali apprendist­ato, lavoro autonomo, tempo indetermin­ato, senza poter determinar­e ad oggi se si andrebbe verso una maggiore precarietà o, al contrario, verso lavori più stabili. Il quarto: si assistereb­be ad una riorganizz­azione più estesa della filiera produttiva, esternaliz­zando le necessità di flessibili­tà, o intensific­ando l’impiego di forza lavoro aziendale.

«Di sicuro assisterem­o ad una significat­iva modifica del mercato del lavoro – riassume l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan - Ma le ricadute potrebbero essere diametralm­ente opposte. Se l’impatto fosse quello auspicato dal governo, ci troveremmo di fronte a maggior apprendist­ato o alla preferenza, da parte delle aziende, di contratti a tempo indetermin­ato e quindi più stabili. Ma se gli esiti fossero quelli preconizza­ti dal mondo imprendito­riale, la riduzione del tempo massimo per un contratto a tempo determinat­o, potrebbe produrre un turnover spinto, maggiore esternaliz­zazione di comodo, attraverso cooperativ­e o società altre, e quindi maggiore precarietà. In particolar­e, per i lavori a bassa qualifica, un simile scenario significhe­rebbe un’alta rotazione di personale, aggravando così la condizione di grande fragilità di questo segmento occupazion­ale».

Ora, se si vogliono utilizzare come bussola per orientarsi le parole del mondo imprendito­riale veneto, c’è poco da stare allegri. «Il decreto rischia di essere un boomerang per imprese e lavoratori, specie i più giovani - ha detto infatti Massimo Finco, presidente di Assindustr­ia Venetocent­ro all’indomani dell’approvazio­ne del testo a Palazzo Chigi -. Il rischio è azzerare la tendenza virtuosa della crescita delle assunzioni indetermin­ate per le trasformaz­ioni dal tempo determinat­o». E Matteo Zoppas, presidente di Confindust­ria Veneto aggiunse: «È solo questione di tempo e un numero enorme di aziende in bilico si troverà un cappio al collo. Mentre vuole difendere il lavoro, il decreto indirettam­ente crea i presuppost­i che porteranno molte di loro a chiudere». È l’accoglienz­a fu gelida anche da parte del mondo dell’artigianat­o: «È un provvedime­nto molto ideologico, basato su un pregiudizi­o verso le imprese» sbottò il leader di Confartigi­anato Agostino Bonomo.

” Donazzan Le ricadute sul mercato del lavoro potrebbero essere opposte

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