Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Rilancio del M5s: i risarcimenti saliranno al 45%
Banco Bpm, la tempesta dello spread costa 500 milioni di capitale
I 5 Stelle accolgono il lamento dei soci azzerati e rilanciano. Il sottosegretario Alessio Villarosa ha dichiarato che la quota di rimborso prevista dal Fondo governativo salirà dal 30 al 45%.
Ex popolari, i Cinque Stelle rilanciano sui rimborsi. Il passo in avanti è arrivato ieri, con una dichiarazione del sottosegretario all’economia, Alessio Villarosa, che con il leghista veneto Massimo Bitonci si occupa del fondo di ristoro per i soci azzerati delle banche liquidate, comprese Bpvi e Veneto Banca. Villarosa ha affermato come i rimborsi previsti dal governo con il fondo di ristoro inserito nella Finanziaria saliranno dal 30 al 45%. «Abbiamo calcolato che ampliando lo stanziamento da 1,5 a 2,5 miliardi si arriva a un rimborso pari al 45%», ha detto Villarosa, spiegando che 600 milioni di maggiori risorse «già dal prossimo anno arriveranno dai conti dormienti». In più per gli obbligazionisti subordinati «arriveremo al 95% e probabilmente al 100%»: il tutto sarà scritto in un disegno di legge collegato alla manovra.
Dichiarazioni di rilievo, perché arrivano alla vigilia del vertice di oggi al ministero dell’economia con le associazioni dei risparmiatori. Mentre intanto ieri il Parlamento ha dato il via libera ad una nuova commissione d’inchiesta sulle banche. E se la soddisfazione per la manovra, che mette 1,5 miliardi in tre anni per i rimborsi con una corsia rapida attraverso l’arbitro Consob è tangibile, non mancano le critiche. A partire dal rimborso del 30% su quanto stabilito dall’acf, con un tetto di centomila euro. Per cui, ad esempio, parla di «norma molto limitante» l’associazione «Noi che credevamo nella Bpvi», tra i più critici verso il precedente Fondo Baretta del governo Gentiloni e tra i più decisi nel chiedere una svolta a Lega e Cinque Stelle.
Ma al centro delle critiche delle associazioni sta salendo un ulteriore elemento critico nella bozza di decreto, fissato al punto F del comma 3 dell’articolo 38 della bozza di bilancio. Stabilisce che l’accettazione del ristoro equivale per il risparmiatore «alla rinuncia all’esercizio di qualsiasi diritto e pretesa». Una rinuncia tombale ad azioni legali, dall’insinuazione al passivo della liquidazione al costituirsi parte civile nei processi penali; con lo Stato che subentra «nei diritti del risparmiatore per l’importo corrisposto». Ovvero: sarà il Fondo (ma non si capisce come, non essendo un’entità giuridica) ad insinuarsi al passivo o a presentarsi parte civile per recuperare gli importi pagati. Previsione che solleva critiche, anche perché non si vede perché lo Stato debba impedire ai soci di presentarsi parte civile al processo contro i presunti responsabili dei crac bancari. Parla di «previsione del tutto iniqua» l’associazione Ezzelino, mentre la definisce «irricevibile» l’avvocato Matteo Moschini.
Sempre sul fronte banche, intanto, vanno registrati - su un fronte del tutto diverso - i conti di Banco Bpm nei primi nove mesi del 2018. Bilancio più che positivo per la banca lombardo-veneta guidata da Giuseppe Castagna, che ha totalizzato un utile netto di 525 milioni, contro i 53 dei primi nove mesi 2017, con lo stock dei prestiti in bonis saliti del 3,4% a 97,7 miliardi, 3,2 miliardi in più da inizio 2017, e la raccolta diretta tra conti correnti e depositi a vista che sale del 5%, a 78 miliardi.
Ma l’interesse ieri era diretto anche a capire quale fosse il contraccolpo della tempesta dello spread, che colpisce le banche riducendo, con il valore dei titoli di Stato in portafoglio, l’ammonotare del patrimonio di vigilanza messo a protezione delle attività. Nel caso di Banco Bpm la tempesta è costata in nove mesi 500 milioni. Tale è, come spiega la nota della banca, la riduzione del valore delle riserve di capitale indotta dalla riduzione del valore dei titoli di Stato.
Il portafoglio valeva a fine dicembre 2017 una valutazione positiva per 165 milioni; divenuta negativa a fine settembre per 330 milioni: una differenza di 495 milioni. «Un impatto negativo sul Common Equity Tier 1» che la banca, come spiega la nota emessa ieri sera, è riuscita a controbilanciare con una serie di vendite che hanno permesso comunque di far salire gli indici di capitale il Cet1 dal 12,9% al 13,2%, con i fondi propri del gruppo che arrivano a 10,4 miliardi (ma a giugno erano a 10,8); ma lo sforzo compiuto è stato notevole. E intanto anche Banco Bpm non può che prendere l’unica contromisura possibile: ridurre i titoli di Stato italiani in portafoglio. Scesi terzo trimestre di 700 milioni, a 18,2 miliardi. Ma da inizio anno la riduzione del è stata di 2,5 miliardi e di 6,5 rispetto ad un anno fa, quando in portafoglio ce n’erano 24,7.