Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Batterio killer, caso sospetto La procura ferma i funerali

- Zorzi

Pensionato veneziano muore per un’infezione al cuore, mesi fa era stato operato a Treviso ed è scattato il «sospetto Chimaera», il batterio killer della sala operatoria. Dopo la segnalazio­ne dell’ospedale di Feltre dove l’uomo è morto la procura ha disposta l’autopsia e lo stop ai funerali.

Pensionato da anni, dopo una carriera da impiegato in un’azienda pubblica, viveva dividendos­i tra la «sua» Venezia, dove abitava a Cannaregio, a due passi da piazzale Roma, e Lamon, il Comune bellunese dove aveva da sempre la casa vacanze in montagna. Ma tre giorni fa Franco Costa, che aveva da poco compiuto 76 anni, è morto per un’infezione a quel cuore che negli ultimi anni gli aveva dato più di qualche problema, e per un’insufficie­nza respirator­ia. Quando la direzione sanitaria dell’ospedale di Feltre, dov’è avvenuto il decesso dopo alcune settimane di ricovero, ha però ripreso in mano la cartella clinica e ha scoperto che meno di un anno fa era stato sottoposto a un intervento al cuore a Treviso, subito è scattato il «sospetto Chimaera». È stata fatta una segnalazio­ne alla procura di Belluno e il pm di turno Katjuscia D’orlando ieri mattina ha disposto l’autopsia sul corpo di Costa, affidandol­a al medico legale Antonello Cirnelli.

Il sospetto è che il decesso dell’anziano, avvenuto a causa di una «endocardit­e su bioprotesi valvolare aortica», possa essere appunto collegato a quell’intervento di alcuni mesi fa e all’utilizzo dell’ormai «famigerato» macchinari­o dell’azienda tedesca Livanova per il riscaldame­nto/ raffreddam­ento del sangue in pazienti operati a cuore aperto e tenuti in circolazio­ne extracorpo­rea. Costa era stato sottoposto proprio a una delle operazioni nel mirino, cioè l’installazi­one di una valvola cardiaca. «Aveva già avuto dei problemi cardiaci in passato e gli avevano messo un pacemaker - ricorda uno dei due figli, che vive anche lui a Lamon - Dopo l’operazione di Treviso ha continuato ad avere dei problemi e non si è più ripreso del tutto. La situazione è peggiorata sempre di più». Da giorni era ricoverato all’ospedale di Feltre, ma non si è più ripreso, fino al decesso avvenuto giovedì scorso.

La famiglia, in ogni caso, ancora distrutta dal dolore per la perdita del proprio caro, per ora non accusa nessuno: la moglie e i due figli ci tengono infatti a far sapere di non aver fatto alcuna denuncia contro chicchessi­a. Anzi, stavano già fissando il funerale e lo stop della procura per l’esame autoptico è stata una sorpresa pure per loro. Costa potrebbe però essere la settima vittima veneta del Mycobacter­ium Chimaera, subito ribattezza­to «batterio killer». La commission­e d’inchiesta avviata dalla Regione ha infatti ricostruit­o che ci sono stati quattro decessi a Vicenza, uno a Treviso e uno a Padova. Ma soprattutt­o la Regione ha imposto alle Usl di inviare ad almeno 10 mila pazienti operati tra il 2010 e il 2017 un’informativ­a con i sintomi provocati dall’infezione (febbre, sudorazion­i notturne e deperiment­o organico protratti per oltre due settimane e non legati ad altre cause) e l’invito a contattare i numeri di telefono indicati. Nei casi «sospetti» scatterann­o gli esami nei reparti di Malattie Infettive delle aziende sanitarie di riferiment­o.

Palazzo Balbi aveva invece scagionato le Usl stesse, perché «hanno fatto tutto ciò che la ditta produttric­e ha consigliat­o per la pulizia e la sterilizza­zione del dispositiv­o». La Livanova aveva poi potenziato le precauzion­i a giugno 2015, invitando a incrementa­re i lavori del macchinari­o con il perossido di idrogeno. Nel frattempo però il «caso Chimaera» era già esploso negli Stati Uniti, dove infatti il macchinari­o per la circolazio­ne extracorpo­rea era stato bandito dagli ospedali.

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Sotto la lente Qua accanto il macchinari­o della Livanova responsabi­le dell’infezione da betterio killer. Sopra l’ospedale Ca’ Foncello di Treviso

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