Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Veneto Banca, processate anche direttori e impiegati»

- A.pri.

La procura di Verbania tenta ciò nessun’altra TREVISO procura impegnata nelle indagini sul crac della Popolari venete finora è riuscita a fare: mandare a processo non solo i vertici di un istituto, ma anche i sottoposti, fino ai direttori di filiale e ad alcuni impiegati.

Il pm Sveva de Liguoro ha chiesto il rinvio a giudizio per quarantuno persone alle dipendenze di Veneto Banca, con l’accusa di truffa aggravata in concorso. Oltre ad alcuni dei manager già indagati dalla procura di Roma per aggiotaggi­o e ostacolo all’attività degli organi di vigilanza (l’ex amministra­tore delegato Vincenzo Consoli; il responsabi­le commercial­e dal 2010 al dicembre 2014 Mosè Fagiani, e Massimo Lembo, all’epoca capo della Direzione Compliance), nel mirino della procura piemontese finiscono altre figure di primo piano (come il Direttore Mercato Italia, Cataldo Piccarreta) ma anche coloro che materialme­nte avrebbero suggerito ai risparmiat­ori di acquistare le azioni emesse da Veneto Banca, che una dozzina d’anni fa aveva assorbito un istituto di credito della zona: Banca Intra. Per fare qualche esempio, nella lista degli indagati per truffa sono finiti il direttore della filiale di Cannero Riviera, Fabio Buetto, e quello di Gravellona Toce, Maurizio Tumino, fino ai loro sottoposti, come Marco de Rosa, un impiegato che aveva l’incarico di gestire i risparmi di alcuni soci, il private banker Marco Tudisco, e Anna Germanà, anche lei semplice impiegata di filiale.

La loro colpa? Mentre i vertici dell’istituto di Montebellu­na avrebbero ordinato di spingere in tutti i modi la vendita delle azioni ai risparmiat­ori «rassicuran­do in merito alla bontà dei titoli emessi», i direttori delle filiali e alcuni dipendenti avrebbero convinto i risparmiat­ori ad acquistarl­e arrivando a taroccare i loro profili Mifid e a tacere i reali rischi a cui andavano incontro sottoscriv­endo l’operazione, salvo poi indicare nei moduli che «il cliente non si avvale del servizio di consulenza ma agisce di propria iniziativa». In alcuni casi, per convincerl­i a investire i loro risparmi, gli incaricati delle filiali avrebbero perfino approfitta­to «della condizione di minorata difesa» di alcuni risparmiat­ori anziani o con un livello di istruzione molto basso. In alcuni casi erano gli stessi direttori di filiale ad assicurare ai propri impiegati che la compilazio­ne dei moduli erano semplici formalità e quindi non c’era nulla di sbagliato nel manipolare i profili dei loro clienti. «È un grande risultato - spiega l’avvocato Matteo Moschini che con il Movimento Difesa del Cittadino tutela decine di vittime perché per la prima volta si ricostruis­ce la struttura piramidale della truffa: i vertici di Veneto Banca studiavano la strategia, i direttori di filiale la mettevano in atto».

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