Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Addio al giudice che svelò le trame nere di piazza Fontana
1928-2015 GIANCARLO STIZ È morto a Treviso il giudice istruttore che riaprì l’inchiesta e indagò sui neofascisti veneti
Giancarlo Stiz, addio a un giudice che ha incrociato la storia d’Italia. Il magistrato trevigiano che riaprì l’inchiesta su piazza Fontana, svelando la pista nera della strage, si è spento ieri all’età di 87 anni al Ca’ Foncello.
È morto ieri alle 17 a Treviso il magistrato Giancarlo Stiz, giudice istruttore del caso di piazza Fontana. Ricoverato al Ca’ Foncello, l’87enne era malato da tempo.
Con Giancarlo Stiz se ne va un giudice che ha incrociato la storia d’Italia. Quella più nera, stragista, scritta e riscritta mille volte e mai fino in fondo. Fu lui il primo magistrato a vedere la matrice neofascista dietro la bomba milanese di Piazza Fontana, 17 morti e 84 feriti in quel dicembre 1969 che segnò il culmine della cosiddetta strategia della tensione. Lui ci credette allora che di anni ne aveva 43 ed era l’unico giudice istruttore del Tribunale di Treviso, città nella quale lavorò tutta la vita, pretore, giudice, procuratore. E continuò a crederci anche dopo la pensione del settembre 1995 e fino alla fine, ripetendo instancabilmente quel refrain: «Le prove c’erano!». Parole che avevano dentro il grande rammarico della sua vita, la mancanza di una sentenza di condanna, il timbro finale che avrebbe sancito il successo dell’istruttoria.
Nel lontano 1971 Stiz partì dalle coraggiose dichiarazioni di un professore di scuola media e segretario di sezione Dc, Guido Lorenzon, per arrivare a un nome che diventerà poi un simbolo dell’estremismo: Giovanni Ventura, editore e libraio di Castelfranco Veneto, intellettuale dai due volti, di destra e di sinistra, fascista e maoista al tempo stesso. Coinvolse poi Giorgio Freda detto Franco, editore ed ideologo delle trame nere, teorico della disintegrazione del sistema. Freda era l’anima più furiosa d’Italia che trovava linfa nel pensiero negativo di filosofi come Nietzsche, Schopenhauer, Heidegger, Kierkegaard e di vari classici del nazionalsocialismo, per tradurla, secondo Stiz, nella strage di Piazza Fontana.
Freda e Ventura vennero condannati a 15 anni per 21 attentati ma non per la madre di tutte le bombe. «Eppure io avevo raccolto e portato delle prove contro di loro, legittimamente acquisite in quegli anni».
Con un padre ufficiale degli alpini decorato nella Grande Guerra e con uno zio generale dei Carabinieri, Stiz non poteva che seguire le sue indagini con rigore militare. «Lessi tutte le carte che la procura voleva archiviare, mi sarebbe bastato mettere un bel timbro e dire che non c’erano abbastanza prove per andare avanti. Ma non si poteva mettere la testa sotto la sabbia. Risentii Lorenzon e Ventura e riaprii l’istruttoria». Andava orgoglioso di quella scelta. Nonostante non ci siano state condanne, nel 2005 la Corte di Cassazione affermò che la strage fu opera di «un gruppo eversivo costituito a Padova nell’alveo di Ordine Nuovo» e «capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura». I quali però non potevano più essere processati per la semplice ragione che erano stati irrevocabilmente assolti dalla Corte d’assise d’appello di Bari. Quei giudici lo scrissero chiaro: «La responsabilità della strage di Piazza Fontana è loro, anche se assolti nei procedimenti a suo tempo celebratisi a loro carico». E tanto bastava al giudice trevigiano per dire che la sua pervicacia non fu inutile.
Anche se dall’altra parte, puntualmente, trovava ad accoglierlo l’irrisione di Freda: «Tre tribunali hanno sancito definitivamente la mia non responsabilità, non si deve prendere neanche in considerazione chi vuole discutere la verità del giudicato... la verità, la verità... Shakespeare diceva che i segreti si affidano al cuore non alla lingua».
A riprova della bontà dell’intuizione di Stiz anche i processi che nel corso degli anni Novanta e Duemila portarono sul banco degli imputati la cellula veneziana di Ordine Nuovo: il picchiatore mestrino Delfo Zorzi e il medico veneziano Carlo Maria Maggi, «condotto» della Giudecca e uomo di aperte contraddizioni, roccioso fascista ma anche dottore molto amato dai veneziani dell’isola «rossa». Zorzi ne è uscito indenne ma Maggi, proprio lo scorso luglio, dopo un’altalena di assoluzioni e condanne, è stato giudicato colpevole dell’altra grande strage, piazza della Loggia, Brescia, 28 maggio 1974, 8 morti e 100 feriti. Lui il mandante di quella bomba, hanno deciso i giudici.
Quarantaquattro anni dopo l’intuizione di Stiz è così giunta la prima vera condanna di neofascisti per gli anni delle bombe. Non è la Piazza Fontana di Stiz ma la matrice è la stessa. E lui l’aveva capito.