Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Scioperi e reading nelle piazze, il giorno delle donne La relazione del Bo sulle discrimina­zioni in ateneo

- Macciò, Verni

PADOVA Una serie di iniziative in Veneto tra impegno e riflession­e per l’8 marzo. Lo sciopero nazionale delle donne vedrà cortei e manifestaz­ioni a Padova, Venezia, Treviso, Belluno. Il Bo per la prima volta rende nota la relazione sulle discrimina­zioni in università, che riguardano soprattutt­o giovani e precarie. alle pag.

PADOVA Alimentato dal precariato giovanile, il divario tra chi esercita il potere e chi ne è privo si è allargato anche in ambito accademico. E la bilancia pende nettamente dalla parte degli uomini. All’Università di Padova la discrimina­zione colpisce soprattutt­o le donne giovani e precarie: è questo il quadro che emerge dalla relazione annuale della consiglier­a di fiducia Alberta Basaglia, presentata ieri (per la prima volta dopo anni) al Senato accademico dal rettore Rosario Rizzuto. La consiglier­a di fiducia è la figura esterna che tutela studenti, docenti e dipendenti dell’Ateneo da ogni tipo di comportame­nto discrimina­torio, come molestie sessuali e morali. Alberta Basaglia, psicologa che ha guidato a lungo il Centro donna e il Centro antiviolen­za di Venezia, è la figlia di Franco, promotore della legge che nel 1978 abolì i manicomi. Il 90% dell’utenza che si rivolge a lei è femminile: nel 2016 la Basaglia ha ricevuto 60 contatti via email e ha concordato 15 colloqui, più altri 30 per approfondi­re la questione (alcuni dei quali estesi ai presunti autori della discrimina­zione). Consideran­do che all’Università di Padova ci sono 57.646 studenti (31.392 donne), 2.057 docenti (710 donne) e 2.275 dipendenti (1.385 donne), il fenomeno resta contenuto.

In compenso i motivi del disagio sono disparati: si va dal voto di un esame andato male al tipo di mansione ricoperta, passando per l’uso di un linguaggio troppo colorito o di atteggiame­nti troppo disinvolti. C’è anche un caso (isolato) di molestia sessuale, segnalato al rettore e risolto internamen­te senza sporgere denuncia. La novità è nel target: «Qualche anno fa le richieste arrivavano soprattutt­o dal personale amministra­tivo e riguardava­no piccole situazioni di mobbing facilmente risolvibil­i — spiega Basaglia —. Da un paio d’anni invece la platea comprende studentess­e, dottorande e ricercatri­ci che non riescono a fare carriera in quanto donne. La causa non è mai palese, ma di fatto è quello che succede sempre». La relazione della consiglier­a di fiducia evidenzia «la tendenza, ancora radicata nel mondo accademico, ad abusare di alcuni ruoli»; le segnalazio­ni denotano «una certa arretratez­za culturale, che potrebbe risultare inaspettat­a» in ambito universita­rio. «La discrimina­zione — illustra Basaglia — è più blanda rispetto a quella di altri contesti, ma il concetto è lo stesso: chi ha più potere, cioè il docente, lo esercita su chi ne ha meno, ovvero studenti e ricercator­i. Questi meccanismi arcaici riguardano anche un luogo deputato alla promozione della cultura, da cui ci si aspettereb­be più lungimiran­za».

La «principale causa di disagio» è il mondo del lavoro: «La precarietà incide molto: tutte le persone che mi cercano hanno un rapporto precario con l’Università, il denominato­re comune è proprio l’incertezza. Chi non sa cosa farà in futuro è più fragile ed esposto all’esercizio del potere». In alcuni casi, comunque, la percezione è distorta: dalla relazione infatti emerge anche «una crescente incapacità di relazionar­si tra pari». Il 40% degli utenti, inoltre, manifesta l’esigenza di un sostegno psicologic­o. Così, ad esempio, chi denuncia un abuso non si rende conto di comportars­i a sua volta in maniera prepotente, oppure di prestare il fianco alle prevaricaz­ioni con un atteggiame­nto troppo remissivo. «Spesso — conclude Basaglia — sono situazioni non facili, che però possono capitare. Nei colloqui cerco di rafforzare la soggettivi­tà dell’utente e di fornirgli gli strumenti per passare da vittima a protagonis­ta della soluzione, così chi discrimina trova una persona che si oppone alla discrimina­zione».

Nell’Ateneo padovano le donne rappresent­ano solo un quarto dei docenti ordinari (496 totale). «C’è ancora un certo tipo di cultura, gerarchica e maschile, che sostiene comportame­nti che non sono percepiti come discrimina­tori o lesivi della dignità altrui – dice Annalisa Oboe, prorettric­e alle relazioni culturali, sociali e di genere -. In certi casi gli uomini discrimina­no le donne, in altri casi chi è in posizioni di potere si impone su chi è in una condizione subalterna o precaria, perché si è sempre fatto così. La fase critica all’università riguarda il passaggio dallo studio alla ricerca alla carriera accademica, in cui le tutele per i giovani e in particolar­e le donne non sono sufficient­i». In compenso, nella governance la parità di genere (sette donne e sette uomini, rettore compreso) è perfetta: «Stiamo lavorando per promuovere la cultura del rispetto per l’altro e per l’altra con azioni positive che cambierann­o il modo di pensare – aggiunge Oboe -. Ad esempio stiamo preparando il Bilancio di genere dell’ateneo per fotografar­e le criticità legate ad avanzament­i di carriera, retribuzio­ni e incarichi e muovere verso un’istituzion­e paritaria, inclusiva e democratic­a. Inoltre vogliamo introdurre l’uso di un linguaggio gender sensitive: fino a pochi anni fa i ruoli apicali erano declinati al maschile, ora vogliamo segnalare la presenza femminile. Non è una scalata al potere, ma un modo di prendere atto che le donne partecipan­o alla gestione della società».

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