Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Dalle mostre ai dossier Il racconto di un secolo guardando alla rinascita
Sergio Gori e Giuseppe Taliercio, dirigenti vittime dalle Brigate rosse.
Oggi tocca a un altro Brugnaro, Luigi, figlio di Ferruccio, sindaco «né di destra né di sinistra» di Venezia, raccogliere questa pesante eredità. E provare a dare al polo di Marghera una seconda vita. Certo, c’è l’eccellenza della produzione di biodiesel, frutto della riconversione «verde» della raffineria Eni. C’è il sogno dello stesso Brugnaro di un waterfront stile Manhattan, con grattacieli di cento metri e un mix di zone residenziali, commerciali e logistiche. Insomma, qualcosa si sta muovendo. Molto altro si potrà e dovrà fare, sulla scia del Patto per Venezia sottoscritto nel novembre 2016 da Matteo Renzi, in veste di presidente del Consiglio. In primo luogo si tratta di ultimare l’opera di marginamento, ossia la costruzione della grande muraglia che dovrà impedire il deflusso in laguna dei veleni chimici: il presupposto per l’avvio delle bonifiche. Il governo, inoltre, potrebbe decidere di portare in terraferma, dal 2019, il terminal delle maxinavi da crociera.
Il punto è che non basta. Perché Marghera ha assoluto bisogno di un progetto complessivo, di ampio respiro. Forse la chiave sta nel passaggio dall’industria pesante del Novecento all’industria della conoscenza, motore del XXI secolo. Trasformare quei duemila ettari che un tempo attraevano forza lavoro in un luogo capace di attrarre cervelli. Con startup, laboratori, università, centri di ricerca, aziende ad alto valore aggiunto. Il doppio binario di tradizione e modernità riveduto e corretto in chiave 4.0. Una nuova utopia. Che solo a Venezia può diventare possibile.