Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Paniz, paladino dei vitalizi «Soldi meritati, la piazza urlante non ci abbatterà»

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enormi».

Parliamone.

«Primo: esiste un principio generale di irretroatt­ività dei provvedime­nti. Non si può violare il principio cardine dei diritti quesiti».

Da sempre le riforme delle pensioni incidono sui «diritti quesiti» dei lavoratori, modificand­o le loro aspettativ­e sui tempi del meritato riposo ed il relativo assegno.

«Fermo restando che nel caso della riforma Fornero il governo è stato costretto a fare marcia indietro proprio per questo, regolarizz­ando milioni di posizioni, la sua obiezione reggerebbe se il vitalizio fosse un trattament­o pensionist­ico agli effetti di legge. Ma non è così e la Consulta l’ha detto ripetutame­nte. E le chiedo: se si volesse davvero risparmiar­e, perché invece di intervenir­e su 1.500 ex parlamenta­ri non si interviene sui baby pensionati, persone che solo in teoria hanno lavorato 16 anni, 6 mesi e un giorno, mentre in molti casi riscattand­o gravidanze, servizi militari e università hanno lavorato in realtà sì e no 7-10 anni, rimanendo poi per una vita a carico dello Stato? Poi c’è il secondo profilo giuridico…».

Quale?

«Il vitalizio è nato, in tutto il mondo, non solo in Italia, per permettere a tutti, ricchi e poveri, di partecipar­e alla vita politica e al parlamenta­re di essere un uomo libero. Ora, lei prenda un profession­ista, un avvocato come me, che lasci lo studio per due o tre legislatur­e. Sa come lo ritrova al ritorno? Distrutto. Ciò significa che senza vitalizio a fare politica non andrebbe mai chi può ricoprire comunque ruoli importanti nella vita sociale ma solo chi può avere la garanzia del posto di lavoro o chi è talmente ricco da poter vivere in ogni caso di rendita».

Davvero servono stipendi e vitalizi tanto alti per sentirsi liberi? Non ritiene siano totalmente disallinea­ti rispetto a quelli dei normali lavorato-

ri, che pure ricoprono incarichi di responsabi­lità?

«Lo stipendio di un parlamenta­re, senza diarie e altro, è inferiore a 5 mila euro netti al mese, per via dell’altissima tassazione italiana. Poi se un parlamenta­re gode già di suo di un reddito superiore a 120 mila euro, subisce una decurtazio­ne del 25%, che sale al 50% a 240 mila euro. Un imprendito­re o un profession­ista di valore guadagna molto di più».

In parlamento siedono tutti uomini e donne di valore?

«Forse no ma io guardo alla funzione, nei confronti della quale è in atto uno svilimento totale: ci siamo scordati che il parlamenta­re contribuis­ce alle decisioni fondamenti del Paese, 60 milioni di italiani?».

E le storture, come quelle dei vitalizi concessi dopo un giorno alla Camera o una settimana al Senato?

«Sono state tutte eliminate dalla riforma del 2012, che ha stabilito che il trattament­o venga riconosciu­to solo dai 65 anni».

Anche questo un piccolo privilegio: per tutti gli altri scatta a 66 anni. Per i giovani si parla di 73 anni.

«Obiezione ragionevol­e, questo aspetto si può correggere».

Scusi ma a lei servono proprio quei 4 mila euro di vitalizio?

«Intanto netti sono 1.900 euro. Potrei farne a meno, è vero. Ma, come molti sanno, faccio beneficien­za in silenzio».

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