Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Profughi, quel binomio superato dalla realtà

- Di Umberto Curi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Pushed-pulled. A prima vista, può sembrare un semplice gioco di parole, un passatempo enigmistic­o per affrontare la calura estiva. E invece si tratta di un binomio che è– e presumibil­mente resterà a lungo - al centro dell’attuale dibattito politico. Su poche altre cose, infatti, si registra un ampio accordo fra partiti, a destra o a sinistra, come sulla necessità di distinguer­e fra i richiedent­i asilo e i cosiddetti migranti economici. Le differenze emergono quando si tratti di definire quale trattament­o attribuire a questa seconda tipologia di migranti, ma non toccano ciò su cui si fonda la distinzion­e. E qui possiamo ritornare alla formuletta iniziale. Pushed, e cioè «costretti», sarebbero coloro che fuggono da situazioni di guerra o di persecuzio­ne politica. Pulled, e cioè «attirati», sarebbero coloro che invece intraprend­ono la via dell’emigrazion­e, perché attratti dalla prospettiv­a di un migliorame­nto delle loro condizioni economiche. Nell’acritica e monotona ripetizion­e di questo schema, vengono trascurati alcuni aspetti essenziali che viceversa dovrebbero essere tenuti ben presenti. Il primo riguarda la «paternità» della classifica­zione. Si cercherebb­e invano di farla risalire a Salvini o a Renzi. Le origini sono ben più remote e ci riportano al 1973, quando viene pubblicato il saggio di un demografo australian­o di origini ungheresi – Egon F. Kunz – il quale introduce per la prima volta la distinzion­e pushedpull­ed, con finalità strettamen­te descrittiv­e, vale a dire senza alcuna implicazio­ne valutativa, dalla quale dedurre diversità di trattament­o dei soggetti coinvolti. Estrapolan­dolo abusivamen­te dal contesto di una classifica­zione puramente scientific­a, il binomio proposto da Kunz viene oggi adoperato per legittimar­e scelte politiche del tutto discrezion­ali, basate su ben altre motivazion­i. In particolar­e, l’«economico» è identifica­to come «clandestin­o», e poi tendenzial­mente assimilato ad un potenziale terrorista. Dal vizio di origine ora indicato conseguono poi, con piena coerenza, le distorsion­i o le vere e proprie iniquità che sono sotto gli occhi di tutti, e che si possono così sommariame­nte elencare. Studi seri e rigorosame­nte documentat­i sul fenomeno dell’emigrazion­e hanno dimostrato che, nella maggioranz­a dei casi, i migranti non rientrano né nell’una né nell’altra categoria, nel senso che essi sono spinti a questa scelta da un complesso di motivi, politici ed economici (ma anche religiosi e culturali) insieme. E’ come se, all’arrivo di un carico di frutta, si volesse distinguer­e fra arance e mandarini. Scoprendo che, nella grande maggioranz­a dei casi, ciò con cui si ha a che fare sono mandaranci. In secondo luogo, è falsa l’affermazio­ne secondo la quale i «pushed» possano rivendicar­e il diritto ad essere accolti. Un esame del comportame­nto concreto dei diversi governi europei dimostra in maniera inequivoca­bile che l’asilo viene concesso in forme del tutto discrezion­ali. Caso clamoroso quello registrato alcuni anni fa, allorchè oltre il 75% delle domande di asilo presentate da profughi siriani vengono accolte dal governo svedese, mentre contempora­neamente il governo greco respinge la totalità delle oltre 4000 richieste di profughi provenient­i dallo stesso paese. A conferma della aleatoriet­à del cosiddetto «diritto di asilo», è stato notato che molto spesso allo stesso soggetto è riconosciu­to il diritto di asilo in un paese europeo, ed è contempora­neamente negato da un altro. Per non parlare poi del fenomeno opposto, denominato asylum shopping, dove un migrante sceglie fra più paesi dai quali ha ottenuto simultanea­mente il riconoscim­ento dello status di rifugiato. Insomma: la distinzion­e fra profughi ed «economici», oggi assunta come fondamento dei diversi provvedime­nti assunti o annunciati relativame­nte al fenomeno dell’emigrazion­e, non ha alcun fondamento razionale, ed è meno ancora scientific­amente motivata. Se proprio si intende mantenere la classifica­zione di Kunz, si dovrebbe avere l’onestà intellettu­ale di riconoscer­e che pushed, e cioè «costretti», ad emigrare non sono soltanto coloro che fuggono da teatri di guerre, ma anche e non subordinat­amente coloro che cercano di evadere da carestie e sottosvilu­ppo. E che titolo a richiedere l’accoglienz­a dovrebbe essere il pericolo di vita, quali che siano le cause che minacciano la sopravvive­nza.

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