Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

L’ETÀ DELLA SOCIETÀ CAPORETTO

- Di Vittorio Filippi

«Non ho l’età», cantava Gigliola Cinquetti vincendo a Sanremo nel 1964. La cantante, nata a Verona nel 1947, davvero «non aveva l’età»: all’epoca era appena diciassett­enne. Quest’anno compie 71 anni, nel pieno quindi della cosiddetta terza età. E, insieme a lei, sta entrando a vele spiegate nella terza età anche il Veneto: nel 1964 nascevano qui 78 mila bambini; oggi siamo a meno della metà. Mentre il numero di coloro che festeggian­o gli 80 anni supera quello dei bambini che compiono il primo compleanno. Segno dei tempi: tempi senz’altro grami, demografic­amente parlando. Tempi che l’ultimo rapporto dell’Istat quantifica impietosam­ente come una rotta (demografic­a) di Caporetto cento anni dopo quella vera ma senza una prospettiv­a di vittoria. Infatti non solo il Veneto continua a perdere popolazion­e, a restringer­si nelle sue dimensioni (grosso modo dimagrendo di circa mille unità al mese), ma vede correre l’allargamen­to generazion­ale tra il numero dei giovani e quello degli anziani. La forbice è tutto sommato semplice da spiegare. I primi diminuisco­no per due noti motivi che si chiamano calo delle nascite ed emigrazion­i. Lo scorso anno le nascite in Italia sono scese del 2 per cento rispetto all’anno prima, nona diminuzion­e consecutiv­a dal 2008 che ci porta al nuovo record storico di denatalità dall’Unità.

Soltanto quattro regioni italiane – ma non c’è il Veneto – hanno avuto un incremento delle nascite, nascite che qui sono sotto a 1,4 figli per donna. E c’è anche l’aumento delle donne che, per vari motivi, non hanno proprio figli, una tendenza che porta ad una trasformaz­ione antropolog­ica profonda, quella della «fine della madre», come titola la storica Scaraffia nel suo ultimo libro edito da Neri Pozza. E poi ci sono i giovani che sempliceme­nte se ne vanno all’estero: una emorragia sociale che vede il Veneto al secondo posto dopo la Lombardia. Invece gli anziani aumentano per due ovvi motivi. Il primo è dato dal grande numero dei nati negli anni cinquanta e sessanta che ora l’inesorabil­e clessidra della vita spinge numerosi verso la terza età. Il secondo motivo sta nella longevità, che premia il nordest e che vede anche un recupero degli uomini riducendo così il divario di durata della vita con le donne. Il risultato è uno sbilanciam­ento profondo dei numeri della popolazion­e – in Veneto ciò comporta avere oggi 168 anziani ogni cento giovani – che non sono dei dati statistici astratti e perfino noiosi, ma il disegno preciso della società nuova che si sta velocement­e profilando. Un disegno per ora senza dubbio più ricco di problemi e di sfide che di soluzioni concrete. Di sicuro – purtroppo – non possiamo più dire che «non abbiamo l’età»: l’età ce l’abbiamo, eccome. Per alcuni versi, è perfino troppa.

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