Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La crisi Cinque stelle Maniero è candido: «La verità è che le Comunali fanno molta più paura»
Tre mesi fa, elezioni politiche: secondo partito in Veneto, un’armata poderosa, forte di quasi 700mila voti, il 24,5% in regione, con punte del 35 nel veneziano. Domenica scorsa, elezioni comunali: non pervenuti. Letteralmente. I Cinque Stelle non fanno eccezione a Nordest, in queste amministrative strane, in cui in tutta Italia i grillini sono non competitivi, quando non addirittura assenti. Mentre il centrodestra consolida la sua presa vandeana sulle amministrazioni cittadine venete, ripigliandosi Vicenza e Treviso, e il centrosinistra, pur seccamente battuto, resiste in qualche centro di provincia da Piove di Sacco a San Donà di Piave - la dialettica di schieramenti e liste civiche lascia completamente fuori i Cinque Stelle. Che nella maggior parte dei comuni maggiori, quelli oltre i 15mila abitanti, nemmeno si presentano. «È la nostra posizione da sempre», si giustifica Alvise Maniero, tra i primi, storici, sindaci Cinque Stelle, eletto nel 2013 e poi, dopo cinque anni di mandato, non ricandidatosi.
«La nostra caratteristica è che nasciamo da una base, senza una regia. Dove c’è un gruppo civico che si radica e fa un bel lavoro, il cittadino se ne accorge subito. Altrove, dove magari c’è una sola persona valida e gli altri candidati vanno al traino, preferiamo proprio non fare la lista», riflette Maniero, ora deputato del Movimento. L’hanno preferito parecchio, verrebbe da dire guardando la mappa elettorale di domenica: a Vicenza, ad esempio, dove sono andati i quasi 14mila voti grillini di marzo? Certamente non ai Cinque Stelle, che alle comunali proprio non si sono presentati. Cosa hanno votato a Martellago, dove alle politiche il Movimento era primo partito, al 33%, ed ora non ha formato alcuna lista? E a Piove di Sacco, a Vedelago, a Sona, nel veronese? «Preferisco non parlare delle comunali, i casi vanno valutati a livello municipale», si trincera Jacopo Berti, capogruppo in Regione, già coordinatore del Movimento in Veneto alle politiche. «Attenzione a non confrontare impropriamente politiche e comunali», avverte Maniero. Eppure un caso-Cinque Stelle c’è, se è vero che a distanza di quasi un decennio dai primi risultati elettorali il Movimento non riesce, in Veneto, a esprimere classe dirigente locale. E non parliamo solo dei casi in cui le liste non sono nemmeno nate. A Treviso, per esempio, ci hanno provato, a dare la scalata al municipio: eppure, se il partito alle politiche aveva toccato il 20%, a queste comunali il candidato Domenico Losappio si è fermato al 4,3. A San Donà ci hanno riprovato, dopo il tentativo fallito del 2013: il candidato sindaco Angelo Parrotta è inchiodato al 6,2% (comunque meglio di cinque anni fa), ma abissalmente lontano dal 25 e rotti delle politiche, e al secondo turno ci va il sindaco uscente Cereser, contro il centrodestra. Fuori dai ballottaggi ovunque, i Cinque Stelle si fermano ben sotto il 10% anche ad Adria, Bussolengo, Villafranca di Verona. «Secondo me nei nostri c’è una forma di timidezza», ammette infine Maniero. «Alle parlamentarie abbiamo avuto quindicimila candidati che cercavano un posto a Roma, invece nei Comuni spesso c’è difficoltà persino a raggiungere il numero minimo di candidati per chiudere le liste”. La ragione? «Le comunali fanno molta più paura. Secondo me sono l’esperienza più bella, sono la prima risposta al cittadino e anche la sua ultima linea di difesa. È un percorso meraviglioso, ma anche terrificante. Ci si confronta con il proprio paese. Chi si avvicina a questa esperienza lo sa. E quando è il momento di fare la lista nascono paure che alle politiche nessuno ha».