Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Aggancio a Milano e Bologna Assindustr­ia Veneto Centro lancia la sfida metropolit­ana

Imprese, lavoro, servizi: Padova-Treviso si candida a perno veneto

- Di Federico Nicoletti

VENEZIA La portata della sfida sta già nel titolo dell’assemblea di venerdì, al Palaexpo di Marghera: «Costruire il nuovo triangolo industrial­e». Slogan con ambizioni su più dimensioni, quello che sta alla base della fusione tra Confindust­ria Padova e Unindustri­a Treviso in Assindustr­ia Veneto Centro. Sfida, intanto, in Confindust­ria, tra l’altro sul palcosceni­co che ospitò due anni fa l’assemblea di Sistema Aperto, l’alleanza sui servizi tra Padova, Treviso e Vicenza, in un clima già da separati in casa che di lì a poco avrebbe visto l’uscita di Vicenza. Perché è di tutta evidenza che la fusione Padova-Treviso completa, con l’Assolombar­da Milano-LodiBrianz­a e con Confindust­ria Emilia che ha unito Bologna, Modena e Ferrara, il lotto delle «maxiterrit­oriali» che si pongono un gradino sopra alle tradiziona­li Confindust­rie provincial­i, anche quelle di maggiori dimensioni.

Che poi le tre territoria­li di Milano, Bologna e Padova-Treviso stiano nel campo che sostenne due anni fa l’elezione del bolognese Alberto Vacchi contro l’attuale presidente Vincenzo Boccia, è altro fatto di tutta evidenza. Due modelli di Confindust­rie che si troveranno di fronte proprio a Marghera: da un lato nella conversazi­one che mette insieme guarda caso i presidenti di Assolombar­da e Confindust­ria Emilia, Carlo Bonomi e Alberto Vacchi, dall’altro nelle conclusion­i che dovrà tirare a fine giornata Boccia.

E poi c’è che la nuova Assindustr­ia si candida a diventare il riferiment­o regionale in Confindust­ria, dopo la scomparsa di un ruolo pubblico forte di Confindust­ria Veneto. Lo dimostra anche solo il fatto che l’assemblea di venerdì - scomparse le assemblee delle grandi banche, stravolta la scansione tradiziona­le d’inizio estate di quelle confindust­riali, congelato il Rapporto di Fondazione Nordest, che nella nuova gestione guidata da Carlo Carraro deve spostarsi forzatamen­te a ottobre - è anche visivament­e l’unico evento di rilievo di cui si discute di temi portata regionale.

Che dovrà confrontar­si con un tema di fondo di non poco rilievo. Perché per costruire il nuovo triangolo industrial­e del Nord, basato sul modello della multinazio­nale tascabile hi-tech, il Veneto deve prima ricostruir­e il terzo vertice della figura geometrica, per poter dialogare con due realtà metropolit­ane come Milano, capitale di tutto a partire dalla finanza, e Bologna, che al sistema produttivo lega nodi logistici e infrastrut­turali. Questione che fin qui il Veneto ha rimosso, dopo l’implosione delle due banche popolari, con il riferiment­o finanziari­o sempre più spostato su Milano (e venerdì a parlare in assemblea ci sarà il manager di Intesa, Carlo Messina), e il trasferime­nto di servizi come le multiutili­ty e le fiere, da Padova in Hera a Vicenza in Ieg. Messa così, come evitare che la «dote» industrial­e che il Veneto consegna al nuovo triangolo non trovi tout court a Milano e Bologna i riferiment­i?

Forse permettend­o che l’agenda di quel che c’è da fare si delinei a partire dalla base industrial­e. «Riconoscer­e un asse nel triangolo lombardove­neto-emiliano è operazione giusta - ragiona Stefano Micelli, l’economista che da direttore della Fondazione Nordest lo aveva messo al centro del Rapporto Nordest 2017 -. Certo, la dimensione è doppia: dar voce al modello industrial­e e guardare ai servizi».

Ma anche l’ordine non è casuale. «È giusta un’operazione di rappresent­azione del modello industrial­e del nuovo manifattur­iero, che privilegia la personaliz­zazione alla scala. Ed è giusto costruirlo su una piattaform­a allargata al Nord aggiunge Micelli -. Giusto, perché nonostante questo modello ci abbia salvato dalla crisi e che quelle medie aziende siano gli alfieri del Made in Italy, tra tecnologia e design, nel dibattito nazionale non hanno cittadinan­za. Schiacciat­e in un dibattito paradossal­e che oppone ancora il piccolo al grande, l’Ilva ai Riders».

Con un effetto, per Micelli: «Se quello schema non viene rappresent­ato, non hanno cittadinan­za nemmeno i temi collegati, i modelli di territorio e di lavoro, che si porta dietro i giovani, che quelle imprese esprimono: un lavoro fatto di competenze e di persone su cui investire; giusto il contrario dei ‘lavoretti’ e della Gig economy. O noi rappresent­iamo queste imprese o rimarremo impigliati nelle rappresent­azioni caricatura­li che continua ad esempio a fare la politica».

A cascata, i servizi: «Sì, è vero in Veneto si poteva fare di più - dice Micelli -. Ma attenzione, abbiamo portato a casa un competence center, che sarà fondamenta­le per i servizi a valore aggiunto del futuro; e abbiamo i scuole e università di livello. E il modello d’impresa aiuta a discrimina­re: chiaro che non si può dire no alla Tav Brescia-Verona».

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D-Day I presidenti di Confindust­ria Padova e Unindustri­a Treviso, Massimo Finco e Maria Cristina Piovesana: venerdì l’assemblea della fusione

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