Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’EUROPA E I PERICOLI A NORDEST
Si erano accumulate molte aspettative sul vertice europeo di Bruxelles del 28 e 29 giugno scorso. Quelle della Commissione Europea che aveva lanciato il dibattito sul futuro dell‘Europa con le ipotesi di rafforzamento delle politiche comuni concordate a Roma dai 28 capi di stato e di governo con la dichiarazione del marzo 2017. Quelle ravvivate da Macron dopo la sua vittoria elettorale antisovranista e definite con la Merkel fino alla dichiarazione di Mesenberg del 19 giugno scorso. E quelle dell’Italia che contava su un riequilibrio tra gli obiettivi di stabilità e crescita per puntare su politiche europee di accompagnamento della sua timida crescita. Come ha ribadito il ministro Tria nel suo esordio alla Camera occorre una svolta europea nel «considerare le spese per investimenti diversamente dalla spesa corrente anche ai fini degli obiettivi di indebitamento» da concretizzare in un significativo piano europeo per gli investimenti di cui l’Italia è da sempre promotrice. Poi è scoppiato il tema delle immigrazioni. Dei rifugiati/migranti che cercano fortuna in Europa. Soprattutto quelli che lo fanno seguendo la rotta del Mediterraneo Centrale. Un problema di dimensioni estremamente ridotto dalla cura Minniti dell’anno scorso, ma enormemente aumentato nella priorità politica di tutti gli stati europei per il ruolo di partiacque tra populisti/sovranisti e non assunto nel dibattito interno in ogni stato membro.
Il tema ha così tenuto banco al vertice europeo con i nonrisultati che ormai paiono evidenti. Di sicuro un tema che ha ulteriormente azzoppato le anatre volonterose che avevano ed hanno presente la necessità urgente che l’Europa trovi un agire comune, davanti alla spregiudicata politica di Donald Trump (che può permettersi di spingere gli Usa verso il disordine globale nel quale gli americani possono far valere la legge del più forte); ma anche della Russia e ancor più della Cina che con un misto di hard power e soft power sta occupando posizioni di influenza crescente non solo in Asia e in Africa, ma ormai anche in Europa, soprattutto nei paesi di ex influenza sovietica.
È l’Europa – e l’Italia e il suo Nordest esportatore in prima fila - che con il più alto rapporto export/Pil di ogni altra potenza mondiale ha più da temere da politiche di rottura del multilateralismo e della contrazione del commercio mondiale.
Azzoppate dall’impotenza sulle politiche migratorie le anatre europee poi non se la sono sentita di affrontare alla radice gli altri temi.
Primo fra tutti quello della creazione di un bilancio per l’eurozona che «potrebbe finanziare nuovi investimenti in sostituzione della spesa nazionale» con funzioni di rilancio anticiclico di competitività e convergenza. Un obiettivo della politica europea cruciale per rilanciare occupazione e reddito in Italia. Ma rinviato senza batter ciglio al vertice di dicembre.
Scarsa attenzione e nessuna decisione sulla guerra dei dazi; nessuna certezza su una politica comune europea degli investimenti. Due brutte notizie per l’Italia. Speriamo di poter attendere.