Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Save, Benetton compra ancora Marchi s’infuria
Preso un altro 0,8%. Con ricostruzioni opposte sul blitz
Mossa di Gilberto Benetton, con Atlantia, su Save. Uno 0,8% preso da Fondazione Venezia. Ed è scontro sotterraneo tra Marchi e Brunello.
Save, la Atlantia dei Benetton compra ancora, stavolta da Fondazione di Venezia. E su com’è andata in porto l’acquisto dello 0,8% delle azioni della società aeroportuale di Venezia-Treviso è già scontro sotterraneo tra le parti guidate da Enrico Marchi e Giampietro Brunello. Dopo quello del 19 settembre, quando Atlantia era improvvisamente piombato in Save acquisendo il 21,3% del fondo Amber con 174 milioni di euro, il nuovo blitz è avvenuto ieri. La società infrastrutturale che detiene Autostrade per l’Italia e gli aeroporti di Roma e Nizza, controllata dalla Edizione dei Benetton attraverso il 30,25% di Sintonia, ha comunicato di aver firmato un accordo con Fondazione di Venezia per acquistare lo 0,8% del capitale di Save.
La mossa è rilevante per Fondazione di Venezia, che con la cessione delle poco più di 443 mila azioni incassa 6,7 milioni di euro, con una plusvalenza di 3,2, spuntando una valutazione di 15,25 euro per azione, quasi il doppio rispetto al valore di carico vicino ai 7,9. Insomma, vista dalla parte della fondazione, con le attese legate all’ingresso di Atlantia che stanno mantenendo il titolo Save a prezzi stellari (17,35 euro il prezzo di ieri, in crescita del 32% negli ultimi sei mesi, in totale controtendenza con l’attuale depressione in Borsa), il momento era ideale per vendere un pezzo della propria quota del 2,33%, limato ora all’1,53%. «Scelta che s’inserisce nel percorso di riorganizzazione e diversificazione della nostra progettualità - ha dichiarato ieri sera in una nota il presidente di Fondazione di Venezia, Giampietro Brunello -. Operiamo per ottenere risorse che consentano alla Fondazione maggiore presenza sul territorio, anche con investimenti in progetti finalizzati a favorirne lo sviluppo sociale ed economico».
Ma la mossa è rilevante soprattutto sullo scacchiere Save. Più che la dimensione, che fa salire la quota di Atlantia dal 21,3% al 22,1%, è decisivo il segnale. «Solo un’operazione finanziaria», aveva spiegato il maxi-acquisto di settembre l’amministratore delegato di Atlantia, Giovanni Castellucci. Spiegazione poco credibile, era il commento unanime del mercato: Atlantia e i Benetton non stanno nei business se non in posizione di controllo e puntano a farlo anche con Save. Infilandosi nella critica situazione dei rapporti in Finanziaria Internazionale, che controlla Save, tra Marchi e il socio di sempre, Andrea De Vido. Quest’ultimo ha chiesto di esser liquidato di fronte al centinaio di milioni di euro di prestiti personali su investimenti finiti male, di cui le banche, ad iniziare da Veneto Banca, hanno chiesto il rientro. Situazione che potrebbe aprire alla vendita delle azioni Save o provocare un cambio di controllo in Finint, determinando a cascata l’obbligo di Opa su Save.
Ora Atlantia ha sfruttato la prima occasione presentatasi sul mercato per comprare. Pare la prova del nove che le intenzioni vanno oltre l’investimento finanziario. Tra l’altro anche con Fondazione di Venezia torna il meccanismo già visto a settembre con Amber: Atlantia riconosce un’integrazione di prezzo se entro tre anni «venisse promossa un’offerta pubblica di acquisto o scambio sul titolo Save», a prezzi superiori. E il patto parasociale tra Finint e Morgan Stanley che blinda il controllo di Save scade l’8 ottobre 2019, dopo una prima finestra d’uscita a gennaio 2018.
«Restiamo in Save con una partecipazione strategica», sostiene alla fine della giornata nella sua nota Fondazione di Venezia. Strategicità, a questo punto, riferita alla società aeroportuale, non a una discesa in campo in difesa di Marchi. Anche perché l’operazione pare aver aperto uno scontro sotterraneo tra i presidenti di Save e della Fondazione. Da nessuno dei due commenti in prima persona all’operazione. Ma a chi gli è vicino Marchi non avrebbe nascosto il disappunto. Di fronte a una conclusione opposta ai contatti diretti intercorsi nei giorni scorsi. Con Brunello, secondo la tesi, Marchi avrebbe prefigurato due offerte di fondi istituzionali o, in alternativa, un possibile impegno diretto. A prezzi di mercato, 2 euro in più rispetto a quanto spuntato da Fondazione di Venezia con Atlantia, e un guadagno di quasi un milione di euro in più. Poi i contatti si sarebbero interrotti all’improvviso. Ricostruzione che non collima quasi in niente con quanto filtra da fonti vicine alla Fondazione, secondo cui delle offerte una avrebbe proposto un concambio, mentre le altre non sarebbero state formalizzate. Spingendo alla soluzione con Atlantia.