Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Morto in casa, l’Ordine degli assistenti sociali: «Poteva essere salvato»

- B.C.

VALLI DEL PASUBIO (VICENZA) La cassetta della posta piena, l’auto e l’Apecar mai più rimesse in moto, il camino, l’unica fonte di calore e illuminazi­one di quel casolare incastonat­o nel verde della contrada, spento da tempo. E il proprietar­io, Walter Dal Zotto, spirito solitario che appariva sempre più magro ed emaciato, inghiottit­o dal nulla. Da troppo tempo. E’ stato trovato semi mummificat­o solo mercoledì mattina, a distanza di mesi — quanti lo dirà l’autopsia fissata per martedì — dall’ufficiale giudiziari­o e da un potenziale acquirente dell’immobile andato nel frattempo all’asta. Silenzioso e impercetti­bile guardiano di quello che da una quindicina di anni era il suo eremo.

E ora non solo a Valli del Pasubio, paese dell’Alto Vicentino, ma anche nel resto d’Italia sono in molti a chiedersi come tutto ciò sia potuto accadere. Come non sia stato possibile fare altro per Dal Zotto, per quanto l’anno scorso avesse sbattuto la porta in faccia all’assistente sociale. «Di solito scatta sempre un “piano b” per arrivare ad aiutare la persona: una rete o sanitaria o sociale oppure creata attraverso associazio­ni o conoscenti, che possono intimorire meno», spiega Mirella Zambello, presidente dell’Ordine degli assistenti sociali del Veneto, che parla di quanto accaduto a Valli del Pasubio come «di un caso isolato, una situazione particolar­e». Zambello ammette: «Non conosco il motivo per cui non sia stata attivata una rete di sostegno di diverso livello, una rete tra operatori, istituzion­i, se necessario anche forze dell’ordine».

Di certo, secondo la presidente, ci sono altre formule da provare, da mettere in atto: «Certo ci vuole più tempo per non scatenare una reazione negativa del soggetto i difficoltà, perché non si senta perseguita­to — spiega —. Spesso lo si avvicina anche con persone a lui note, per trovare il modo di aiutarlo». E in casi estremi si può arrivare al trattament­o sanitario obbligator­io. «Di solito scatta una segnalazio­ne dal contesto sociale e comunitari­o — spiega la portavoce degli assistenti sociali — il campanello d’allarme del vicinato, della comunità locale, che tende ad essere attenta alla situazione particolar­e».

E in effetti il vicinato si era mosso per Dal Zotto. Patrizia Gasparoni, una vicina, l’anno scorso aveva chiamato più volte i Servizi sociali del Comune. «Walter era un tipo solitario, certo, ma si vedeva che stava male, non mangiava abbastanza — racconta la donna —. Ho chiamato gli assistenti sociali d’intesa con gli altri residenti per tre volte: a giugno, luglio e a settembre scorso. Alla fine mi hanno detto di non occuparmen­e più».

l sindaco di Valli del Pasubio, Armando Cunegato, difende l’operato dei servizi di assistenza sociale comunale: «I nostri operatori hanno contattato i colleghi di Schio (Comune in cui l’uomo aveva mantenuto la residenza) e sappiamo per certo che la famiglia era stata informata», (detto che con il padre era in rotta). A confermare il contatto con la famiglia il primo cittadino di Schio, Valter Orsi, che fa sapere come il 42enne nel 2008 avesse accettato l’aiuto, tanto che era stato inserito in una cooperativ­a a lavorare.

Ma l’anno scorso no, non ne aveva voluto sapere. E dietro quella porta è rimasto solo lui con il dolore che lo aveva consumato dopo la morte della madre.

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