Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Quanto vale la Tav? Pro e contro domani su Corriere Imprese
Domano l’inserto. Tra pro e contro, «ballano» 5 miliardi di euro
Il dibattito, alimentato dalla messianica attesa dei risultati dell’analisi costi-benefici - salvo poi scoprire che la suddetta analisi, commissionata dal ministro delle Infrastrutture Toninelli, è stata fatta vedere ai francesi prima che agli italiani - è tutto concentrato sul «quanto si spende». D’accordo, sgombriamo pure il campo da questo equivoco: per fare la Tav Lione-Torino-Milano-Venezia bisogna spendere tanto, persino troppo, anche secondo alcune voci neutrali (in Veneto, per esempio, quella dell’esperto di trasporti Franco Migliorini) che non possono essere tacciate di asservimento ideologico ai 5 Stelle. Detto questo, qualcuno si sta chiedendo, invece, quanto può valere l’Alta velocità ferroviaria per il Nordest?
A questa domanda ha cercato di dare una risposta l’inchiesta di primo piano del nuovo numero di Corriere Imprese Nordest, in edicola domani all’interno del Corriere della Sera. Tutti gli osservatori, anche i più diffidenti, concordano sul fatto che il tratto veneto della Tav - oggi ferma con il cantiere alle porte della regione, in comune di Lonato sul Garda (Brescia) sarebbe di gran lunga il più utile di tutti lungo la dorsale padana, proprio per la particolare organizzazione produttiva che interessa il nostro territorio. Un ragionamento confermato dalle attese (e dagli investimenti) dell’Interporto di Verona, il più grande hub logistico italiano, collocato giusto all’incrocio tra i due grandi assi di traffico: est-ovest e nord-sud, con la direttrice che scende dal Brennero. «Se l’Alta velocità non arrivasse a Verona - spiega il direttore del Consorzio Zailog, Alberto Milotti - ci troveremmo con una grande potenzialità inespressa. In caso positivo, invece, il traffico ferroviario delle merci aumenterebbe del 50%, con una capacità più che raddoppiata».
Insomma, volendo attribuire un valore economico alle ricadute dell’Alta velocità sul Nordest, si può prendere a riferimento la stima realizzata da Confindustria Veneto, fervente sostenitrice dell’opera: «Vale come minimo - fa due conti Franco Miller, presidente di Transpadana e delegato confindustriale per le infrastrutture - il 3% del Pil regionale». Calcolatrice alla mano, questo significa che grosso modo 5 miliardi di euro stanno a guardare l’aspra contesa tra favorevoli e contrari che si combatte lungo i binari. Rinforza il concetto Gaetano Marangoni, esponente di Confindustria Vicenza: «La presenza o meno di una linea ferroviaria ad Alta velocità in Veneto, condizionerà la progettazione di intere aree del nostro territorio. E sarà un fattore discriminante per chi vuole sviluppare qui la propria attività oppure spostarla».
Gli scettici, come si diceva più sopra, non mancano. Anche un entusiasta della prima ora come il già citato Migliorini ha accumulato, nel corso del tempo (il progetto Tav ha ormai più di una ventina d'anni), alcune perplessità sostanziali: «Ribadisco, non c’è dubbio che la Tav veneta sia più utile, per fare un confronto, di quella piemontese spiega l’ex docente di Ca’ Foscari Treni ad alta velocità fermi in stazione - ma rimane il fatto che ha costi esorbitanti: 60 milioni a chilometro (tanto pesa il tratto fra Brescia e Verona, ndr) sono una cifra spropositata. La Mestre-Padova, per dire, ne è costata 18 a chilometro».
Però c’è un fatto, altrettanto incontrovertibile. Oggi, per andare in treno da Milano a Bologna, grazie all’Alta velocità è sufficiente un’ora e 10 minuti. Da Venezia a Milano, invece, di ore ce ne vogliono due e mezza, per fare 50 chilometri in più. Anche su questo si misura la competitività di un territorio.
Gli scettici Migliorini: «Tratto veneto sicuramente utile, ma i costi sono esorbitanti»