Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Matteo e Luigi, l’unità ritrovata attaccando tutti
Il penstatellato contestato all’ingresso, stupore M5S «Strano, è la Lega che vuole ripristinare l’arbitrato»
Contro i tecnici (di Bankitalia, Consob, ministero dell’Economia). Contro l’Europa, «che così com’è, è finita». Contro i giornalisti. Dopo una settimana di tensioni, dalla Tav alla Diciotti, Di Maio e Salvini ritrovano l’unità attaccando tutti. Ma il pentastellato deve affrontare una contestazione.
VICENZA Il bacio, l’abbraccio. La risposta all’unisono quando Luigi Ugone, uno dei leader dei risparmiatori, mette le mani avanti: «Spero non vi facciate nuovi nemici qui oggi...» «Eh, speriamo di no, ne abbiamo già abbastanza va!». Risate sugli spalti, applausi. Cenno d’intesa sornione. Matteo Salvini e Luigi Di Maio si ritrovano sul parquet del Centro sportivo Palladio di Vicenza al termine di una settimana difficile: Tav, Diciotti,Venezuela, Francia, autonomia, mettiamoci pure la competizione fratricida in Abruzzo. I giornalisti rimarcano le crepe con domande sibilline ma i vicepremier ritrovano l’unità grazie ad un metodo antico e sempre efficace: attaccare tutti, individuare un nemico in ogni direzione per ringalluzzire le truppe e rinsaldare le fila. Se si è assediati, non si ha tempo per perdersi in litigi.
Due sono i bersagli più utili allo scopo, le elezioni Europee di fine maggio: Bruxelles e «i tecnici». Attacca Salvini: «Non abbiamo alcun dubbio sulla strada da seguire per risarcire i risparmiatori. Se all’Europa va bene, bene; se non le va bene, a noi va bene lo stesso». E Di Maio rincara: «Ogni volta che al Mise affrontiamo questioni che investono la concorrenza, ecco che arriva la letterina dall’Europa, che guarda caso favorisce sempre il più forte. Noi ce ne freghiamo e tranquilli, tra qualche mese questa Europa è finita. Abbiamo già salvato gli ambulanti e i balneari dalla Bolkestein, l’Italia sta rialzando la testa, noi proteggiamo i più deboli». Dubbi, perplessità? «Noi non dobbiamo convincere l’Europa, siamo uno Stato sovrano, libero di difendere i risparmiatori e non le banche».
Il Pd e i «governi precedenti» restano nel mirino (sono fischi sonori, aizzati da Ugone, per Matteo Renzi, Pierpaolo Baretta, Laura Puppato, Giorgio Santini) ma ormai non sono più loro l’avversario da temere e difatti l’ex sindaco dem di Vicenza Achille Variati viene accolto con bonaria benevolenza. Lui ricambia: «Non avrei mai pensato che i due vicepremier venissero qui oggi, con tutti i problemi che devono affrontare, vi ringrazio. Vi chiedo solo di scrivere bene i decreti perché ci mancherebbe altro che i risparmiatori, dopo essere stati imbrogliati, prendessero un altro schiaffo». Toni lontani da quelli usati proprio da Baretta e Puppato, che paventano il rischio di un nuovo caso «quote latte», da Alessandra Moretti, che accusa Salvini e Di Maio di fare «promesse da marinai», da Andrea Ferrazzi, che liquida l’incontro come uno «show elettorale». I vicepremier annuiscono e l’ex sindaco viene investito da una voce in platea: «Vien co’ noaltri, cambia color!».
Il vero nemico, con l’Europa, sono semmai «i tecnici», «i burocrati», «i tecnocrati». Bankitalia e Consob per Salvini «andrebbero azzerate, altro che cambiare una o due persone... dov’erano questi quando nelle banche facevano danni?». Alla gogna, con tanto di foto rilanciata da Ugone sul megaschermo, finisce anche Alessandro Rivera, direttore generale del Mef: Decine di persone sono rimaste fuori, e si sono infuriate «È contrario al Fondo? Mi pare un atteggiamento uguale a quello del presidente dell’Inps, che ci spiegava che non si poteva smontare la legge Fornero... l’abbiamo smontata lo stesso. Il dirigente pubblico o fa quello che gli dice il governo oppure fa un altro mestiere».
E ovviamente non possono mancare i giornali, additati dal senatore (ed ex giornalista) Gianluigi Paragone, presidente in pectore della commissione d’inchiesta: «Non faccio il piangina ma abbiamo contro tutto il sistema mediatico».
Tutto bene, dunque? Insomma. La competizione tra gli «acerrimi amici» resta spietata, come testimonia la diversa ricostruzione della contestazione subita all’ingresso da Di Maio, fischiato al grido «Buffoni, vergognatevi, fuori i soldi!» da alcuni risparmiatori, furibondi anche perché lasciati fuori. «Luigi sta lottando come un leone per fare in modo che tutti vengano risarciti e non ha paura di metterci la faccia» spiegano i pentastellati. Per i leghisti, invece, la sua è stata un’ingenuità: «Avrebbe fatto meglio ad entrare subito dall’ingresso laterale, come indicato dalla Digos». E come in effetti ha fatto Salvini, accompagnato dal governatore Luca Zaia e dal ministro degli Affari regionali Erika Stefani. Ma i Cinque Stelle non accettano lezioni: «Proprio loro parlano, che ancora insistono per ripristinare l’arbitrato Consob...».
L’unità è ritrovata, insomma. Finché dura.