Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Tacopina fermato con il tirapugni «Solo un vecchio fermacarte»
L’«incidente» al Jfk di New York. Il presidente: messo a mia insaputa
VENEZIA Fermato all’aeroporto JFK di New York per un tirapugni nella valigia, proprio mentre stava tornando in Italia. Una disavventura curiosa e inaspettata per il presidente del Venezia Joe Tacopina, che giovedì pomeriggio si stava imbarcando dalla «Grande Mela» per rientrare in laguna dopo impegni di lavoro personali che lo avevano trattenuto per alcune settimane negli Stati Uniti. Tacopina era reduce da una vittoria in un importante processo che l’aveva visto protagonista nei panni di legale ed era atteso a Venezia per il posticipo della ventitreesima giornata del campionato di Serie B in programma oggi allo stadio Penzo fra Venezia e Lecce. Ma al momento del passaggio attraverso il metal detector del gate riservato al suo volo dell’aeroporto, il numero uno arancioneroverde è stato sottoposto a stato di fermo dal personale della Transportation Security Administration, l’autorità di controllo dello scalo.
Erano circa le 17 all’aeroporto internazionale John Fitzgerald Kennedy di New York e Tacopina ha trascorso alcuni momenti non certo piacevoli con l’accusa di «possesso d’arma». L’«arma», se così può essere chiamata, era un oggetto con nocche metalliche all’interno di un bagaglio a mano, identificato come un tirapugni durante il passaggio al metal detector. Una portavoce della TSA ha confermato Il presidente del Venezia Joe Tacopina, avvocato newyorkese la notizia: «Il suo bagaglio a mano – ha spiegato al giornale New York Post – è stato segnalato dopo uno screening da parte dell’ufficiale che stava utilizzando la macchina a raggi X alla ricerca di eventuali oggetti contundenti».
Tacopina ha spiegato che l’oggetto era in realtà un vecchio fermacarte di metallo, in suo possesso da tempo e – pare – inserito nel bagaglio a mano per errore e a sua insaputa. Ma di certo non poteva entrare in cabina. Chiarito l’equivoco, il legale americano, nonché proprietario del Venezia, è partito per l’Italia senza ulteriori problemi e senza conseguenze di alcun tipo, riuscendo a prendere il volo che aveva prenotato: «Era un fermacarte che avevo da quindici anni – ha spiegato il presidente del Venezia al sito internet del Post – è troppo grande per essere portato in una mano. E’ stato messo nella mia valigia a mia insaputa». «Il presidente è arrivato regolarmente in Italia ieri mattina come da programma», sottolinea la società. Se non fosse che la notizia ha fatto presto il giro del mondo, considerata la fama e la notorietà di Tacopina sia negli Stati Uniti che in Italia, la spiacevole disavventura sarebbe potuta essere archiviata alla voce di «esperienze da dimenticare». Ma il fastidio per l’equivoco, indubbiamente, c’è stato. ● Giovedì pomeriggio il presidente del Venezia Joe Tacopina stava rientrando da New York, ma al metal detector gli addetti hanno trovato nella sua valigia un oggetto che sembrava un tirapugni
● Tacopina è stato fermato e sottoposto a un controllo, spiegando però che in realtà si trattava di un fermacarte che aveva da 15 anni, messo in valigia a sua insaputa
● Chiarito l’equivoco il presidente è riuscito a prendere l’aereo locale, ma anche gli uomini del nucleo natanti e gli specialisti della Sos, la squadra antiterrorismo – che hanno rovesciato la situazione: davanti ad un simile dispiegamento di forze il ragazzo ha capitolato e si è consegnato, permettendo ai militari di scoprire cosa nascondeva in casa: una collezione di armi da taglio, oltre una ventina tra pugnali da combattimento, asce, machete di ogni dimensione, mannaie e coltelli da caccia; in aggiunta, un fucile ad aria compressa, la replica di un mitragliatore statunitense del genere usato dagli appassionati di softair. Continuando a cercare, i carabinieri hanno individuato due barattoli di vetro con 60 grammi di marijuana, più che sufficienti per aggiungere alle accuse di lesioni e detenzione abusiva di armi anche quella di possesso di stupefacenti. L’intera famiglia è stata quindi accompagnata in ospedale, per il giovane triplice denuncia. (gi. co.)