Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Tacopina fermato con il tirapugni «Solo un vecchio fermacarte»

L’«incidente» al Jfk di New York. Il presidente: messo a mia insaputa

- Dimitri Canello

VENEZIA Fermato all’aeroporto JFK di New York per un tirapugni nella valigia, proprio mentre stava tornando in Italia. Una disavventu­ra curiosa e inaspettat­a per il presidente del Venezia Joe Tacopina, che giovedì pomeriggio si stava imbarcando dalla «Grande Mela» per rientrare in laguna dopo impegni di lavoro personali che lo avevano trattenuto per alcune settimane negli Stati Uniti. Tacopina era reduce da una vittoria in un importante processo che l’aveva visto protagonis­ta nei panni di legale ed era atteso a Venezia per il posticipo della ventitrees­ima giornata del campionato di Serie B in programma oggi allo stadio Penzo fra Venezia e Lecce. Ma al momento del passaggio attraverso il metal detector del gate riservato al suo volo dell’aeroporto, il numero uno arancioner­overde è stato sottoposto a stato di fermo dal personale della Transporta­tion Security Administra­tion, l’autorità di controllo dello scalo.

Erano circa le 17 all’aeroporto internazio­nale John Fitzgerald Kennedy di New York e Tacopina ha trascorso alcuni momenti non certo piacevoli con l’accusa di «possesso d’arma». L’«arma», se così può essere chiamata, era un oggetto con nocche metalliche all’interno di un bagaglio a mano, identifica­to come un tirapugni durante il passaggio al metal detector. Una portavoce della TSA ha confermato Il presidente del Venezia Joe Tacopina, avvocato newyorkese la notizia: «Il suo bagaglio a mano – ha spiegato al giornale New York Post – è stato segnalato dopo uno screening da parte dell’ufficiale che stava utilizzand­o la macchina a raggi X alla ricerca di eventuali oggetti contundent­i».

Tacopina ha spiegato che l’oggetto era in realtà un vecchio fermacarte di metallo, in suo possesso da tempo e – pare – inserito nel bagaglio a mano per errore e a sua insaputa. Ma di certo non poteva entrare in cabina. Chiarito l’equivoco, il legale americano, nonché proprietar­io del Venezia, è partito per l’Italia senza ulteriori problemi e senza conseguenz­e di alcun tipo, riuscendo a prendere il volo che aveva prenotato: «Era un fermacarte che avevo da quindici anni – ha spiegato il presidente del Venezia al sito internet del Post – è troppo grande per essere portato in una mano. E’ stato messo nella mia valigia a mia insaputa». «Il presidente è arrivato regolarmen­te in Italia ieri mattina come da programma», sottolinea la società. Se non fosse che la notizia ha fatto presto il giro del mondo, considerat­a la fama e la notorietà di Tacopina sia negli Stati Uniti che in Italia, la spiacevole disavventu­ra sarebbe potuta essere archiviata alla voce di «esperienze da dimenticar­e». Ma il fastidio per l’equivoco, indubbiame­nte, c’è stato. ● Giovedì pomeriggio il presidente del Venezia Joe Tacopina stava rientrando da New York, ma al metal detector gli addetti hanno trovato nella sua valigia un oggetto che sembrava un tirapugni

● Tacopina è stato fermato e sottoposto a un controllo, spiegando però che in realtà si trattava di un fermacarte che aveva da 15 anni, messo in valigia a sua insaputa

● Chiarito l’equivoco il presidente è riuscito a prendere l’aereo locale, ma anche gli uomini del nucleo natanti e gli specialist­i della Sos, la squadra antiterror­ismo – che hanno rovesciato la situazione: davanti ad un simile dispiegame­nto di forze il ragazzo ha capitolato e si è consegnato, permettend­o ai militari di scoprire cosa nascondeva in casa: una collezione di armi da taglio, oltre una ventina tra pugnali da combattime­nto, asce, machete di ogni dimensione, mannaie e coltelli da caccia; in aggiunta, un fucile ad aria compressa, la replica di un mitragliat­ore statuniten­se del genere usato dagli appassiona­ti di softair. Continuand­o a cercare, i carabinier­i hanno individuat­o due barattoli di vetro con 60 grammi di marijuana, più che sufficient­i per aggiungere alle accuse di lesioni e detenzione abusiva di armi anche quella di possesso di stupefacen­ti. L’intera famiglia è stata quindi accompagna­ta in ospedale, per il giovane triplice denuncia. (gi. co.)

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In tribuna
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